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Rottura Mps-Unicredit. A Siena il primo vero scoglio per Letta e il governo

Per il Tesoro le richieste del gruppo bancario guidato da Orcel e presieduto dall’ex ministro Padoan sono troppo alte. Così si riapre la corsa al Monte ma il tempo stringe

È rottura tra Unicredit e Tesoro sulla vendita di Monte dei Paschi, salvata dallo Stato nel 2017 quando a Palazzo Chigi c’era Paolo Gentiloni, oggi commissario europeo, e al Tesoro Pier Carlo Padoan, oggi presidente proprio di Unicredit.

Per il Tesoro (a guidare le trattative il direttore generale Alessandro Rivera) l’istituto guidato da Andrea Orcel chiede troppi soldi (7 miliardi di euro tra tra tax credit, cancellazione dei crediti deteriorati e ammortizzatori sociali) e troppi tagli per ridurre di oltre un terzo i 21.000 dipendenti. Allo stesso tempo, il gruppo bancario non vuol procedere con un’operazione di sistema senza garantire ai suoi azionisti privati un adeguato ritorno, come sottolinea il Giornale.

“Orcel, a ben guardare”, osserva il giornale diretto da Augusto Minzolini, “segue uno schema già visto nel recente passato, sia quando Intesa ha rilevato le banche venete, sia quando le popolari Etruria, Marche, CariChieti e CariFerrara sono finite a Ubi: due operazioni che avevano in comune un corposo incentivo pubblico”. L’intenzione era di chiudere l’operazione entro mercoledì 27 ottobre, giorno del consiglio di amministrazione di Unicredit. Poi è subentrata la rottura. Perché, come aveva dichiarato in Parlamento a inizio agosto Daniele Franco, ministro dell’Economia, la cessione a Unicredit si può fare “ma non a tutti i costi” per le casse dello Stato.

“Niente spezzatino” è sempre stata la linea del Movimento 5 stelle, della Lega e del Partito democratico. Il problema è che Unicredit non ha mai avuto intenzione di rilevare le parti non commerciali di Monte dei Paschi come gli uffici centrali, che a Siena occupa migliaia di dipendenti, le attività di leasing e factoring, il centro informatico, come ricorda il Corriere della Sera. “Per venire incontro alle richieste del potenziale acquirente — l’unico ad aver risposto all’appello del governo — erano state coinvolte le società pubbliche Amco e Mcc per rilevare i crediti deteriorati e 200-300 filiali escluse da Unicredit dal perimetro, ma non è bastato”, scrive il quotidiano diretto da Luciano Fontana.

E ora? Se la rottura sarà confermata come tale, servirà un piano B. Ma bisognerà iniziare a negoziare con Commissione europea e Banca centrale europea tempi più lunghi per la privatizzazione. Certo, la data di fine 2021 non è tassativa ma appare sicuro che la commissaria Margrethe Vestager chiederà nel caso “misure compensative” come maggiori risparmi di costi sotto forma di esuberi di personale e chiusure di filiali.

Da dove partire in quel caso? Dal piano di ristrutturazione predisposto a inizio anno da Guido Bastianini, amministratore delegato del Monte dei Paschi, che prevedeva un aumento di capitale da 2,5 miliardi e 2.670 esuberi netti. Lo Stato dovrebbe sottoscriverne almeno il 64%. “Comunque vada a finire, non accetteremo tagli di personale se non attraverso prepensionamenti su base volontaria, ci opporremo con tutti i mezzi a qualsiasi tentativo di macelleria sociale”, ha dichiarato nelle scorse ore Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi.

Come nota Repubblica, le previsioni, dunque, potrebbero essere state sbagliate. “Se qualcuno scommetteva sull’affare ormai fatto e blindato tra Unicredit e Montepaschi, dopo l’elezione a deputato del segretario del Pd Enrico Letta nel collegio senese, ebbene si sbagliava”. L’ex presidente del Consiglio ha mostrato appezzamento per la linea del governo (“è stata in linea con gli impegni presi in Parlamento. Ora bisogna dare più tempo perché si possano delineare nuove opzioni”). Ma, continua Repubblica, siamo davanti a “inciampo obiettivo per il governo Draghi e in definitiva anche per il Pd. Di certo c’è che politicamente la strada era tutta in salita. Che sulla vicenda Montepaschi si sono consumate battaglie e scontri con il Movimento 5 Stelle all’attacco e la Lega sulle barricate: entrambi in ogni modo contrari a quella che hanno definito ‘una svendita’”. E non è un caso che dopo le indiscrezioni della rottura i due partiti che hanno governato assieme con il primo governo di Giuseppe Conte abbiamo diffuso note di soddisfazione.

Intanto Unicredit giovedì presenterà la sua trimestrale. Nell’occasione Orcel dovrà spiegare le sue ragioni al mercato. A novembre, invece, è atteso il nuovo piano industriale. Possibili operazioni straordinarie: in ballo diverse ipotesi tra cui, una mossa su Banco Bpm o all’estero.

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