Analisi e riflessioni giuridiche sul Ddl Zan a cura di Suor Anna Monia Alfieri e Angelo Lucarella. Con un unico fil rouge: la Costituzione a cui occorre rifarsi. Sempre. Senza dimenticare l’elemento essenziale da cui partire: nessuno può definirci
È passato, ormai, settembre e del ddl Zan si sa per certo che andrà discusso in Senato. Con quali attese? Il dibattito attorno alla questione è stato, indubbiamente, tra i più accesi della legislatura prima della pausa estiva di quest’anno. Lo ricordiamo tutti che dal concertone del primo maggio in poi l’attenzione sulla questione è stata intensa. Molto intensa. Al limite dell’infuocamento politico.
Ma cosa porta il normatore italiano a volere definire per legge alcuni aspetti della sfera più intima della persona come l’orientamento sessuale, affettivo, ecc.? Con quali confini potrebbe fare i conti la libertà di espressione (ben tenuto conto della genetica inviolabilità giuridico-costituzionale di essa), laddove dovesse essere approvato il disegno di legge ed entrare, successivamente, in vigore? Cambierà il ruolo educativo che lega la scuola alle famiglie?
È partendo da queste domande che durante il mese di agosto esce il libro Nessuno può definirci. Testo scritto da Suor Anna Monia Alfieri, religiosa, giurista, economista e saggista, e Angelo Lucarella, avvocato, saggista ed editorialista, con la prefazione illustre del magistrato Carlo Nordio (cosa che ha portato anche Alfredo Ambrosetti, fondatore del celebre Forum di Cernobbio, a spendere parole di apprezzamento in una recente intervista per Francesco Borgonovo su La Verità).
Un libro di segno prevalentemente giuridico che ha l’obbiettivo di raccontare e decifrare la tematica illustrando, con senso d’obbligo, i diversi riflessi sociali che essa potrebbe generare ove mai approvata la proposta di legge. Il libro, edito da Aracne di Gioacchino Onorati, è strutturato come raccolta e contiene in chiusura un’analisi inedita degli autori.
Infatti il ddl Zan è titolato “Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità”; ciò stando a significare che dovrebbe anticipare tutto un corollario normativo il quale invece, stando alle dinamiche descritte nel libro, pare scricchiolare sul fronte del diritto e che, addirittura, sul piano delle disabilità v’è del tutto un nulla di concreto.
È qui che Anna Monia Alfieri e Angelo Lucarella fanno luce sul tratto giuridico del ddl in questione e lo fanno non lasciando spazio ad incertezze dialettiche di sorta: – il fine di tutela è nobile, ma con il tipo di strutturazione normativa utilizzata dai parlamentari proponenti si rischia di produrre l’effetto contrario. Per di più, considerando che i principi di uguaglianza e di non discriminazione sono posti nel nostro ordinamento ai livelli più alti della scala dei valori umani, è mai possibile definire qualcuno (illudendolo) di dare così maggior tutela? Delle due l’una: o i principi universali e sacramentali valgono oppure no. Sul punto, infatti, come la stessa Suor Anna Monia Alfieri ha ribadito in una recente intervista rilasciata alla testata americana La Voce di New York (interessatasi della questione), non servirebbe riconoscere un diritto se poi non lo si garantisce effettivamente e figurarsi, di riflesso, se ciò si vuole fare con una norma ordinaria che andrebbe di fatto a superare, radicalmente, i principi universali risaputi.
Una serie di riflessioni, quelle raccolte nel libro di Alfieri e Lucarella, basate su un presupposto insuperabile: la Costituzione a cui occorre rifarsi. Sempre. Senza dimenticare, come si legge nel testo stesso, l’elemento giuridico-essenziale da cui partire: nessuno può definirci.