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Nei Pandora Papers ci sono quattro politici italiani, cantanti, allenatori e mafiosi

Pandora Papers, ecco il maxi-leak che inguaia presidenti e politici

Documenti filtrati da 14 società e un immenso sforzo investigativo globale hanno permesso al Consorzio internazionale dei giornalisti investigativi di svelare una parte del mondo sommerso fatto di compagnie offshore, società fantasma e fondi occultati

Domenica sera una serie di testate internazionali hanno iniziato a diffondere i risultati di uno dei data leak più grandi della storia. Si tratta di una miniera di documenti nota come Pandora Papers, una massiccia investigazione sulle società offshore e sul loro ruolo nell’aiutare figure di rilevanza internazionale – capi di stato, oligarchi e politici, ma anche imprenditori, celebrità e criminali – a evadere tasse, riciclare e occultare denaro in giro per il mondo.

I leaks provengono da 14 società legali (tra Isole Vergini, Seychelles, Panama, Belize, Hong Kong e Dubai, ma anche Svizzera e Cipro) specializzate nel nascondere ricchezza. Queste sarebbero ingranaggi di un ecosistema internazionale che avrebbe permesso lo spostamento di fondi per centinaia di miliardi, proteggendo l’identità dei veri beneficiari attraverso vari strati di società fantasma e intermediari.

Dall’Italia risultano 4 politici (anche se i nomi non sono ancora stati diffusi) oltre all’allenatore del Real Madrid Carlo Ancelotti, il boss mafioso incarcerato Raffaele Amato e l’ex nazifascista Delfo Zorzi, noto come Hagen Roi in Giappone, Paese in cui vive da quarant’anni.

A livello internazionale figurano 35 capi di stato (sia in carica che non) e oltre 330 politici e ufficiali pubblici, tra cui Konstantin Ernst, il “ministro della propaganda” di Vladimir Putin (che avrebbe nascosto 120 milioni di euro grazie a un contratto di privatizzazione sostenuto da Mosca) e il re di Giordania Abdullah II bin Al-Hussein (che avrebbe comprato proprietà per 82 milioni di euro tra Usa e Regno Unito).

Nel mirino degli investigatori sono finiti per motivi simili il presidente azero Ilham Aliyev, l’omologo pakistano Imran Khan e il kenyota Uhuru Kenyatta, oltre al cileno Sebastian Pinera e l’ecuadoregno Guillermo Lasso. Sono stati coinvolti nell’inchiesta anche i cantanti Shakira, Elton John e Julio Iglesias e la top model Claudia Shiffer.

In Europa fa notizia il primo ministro ceco Andrej Babis, salito alla ribalta dichiarando guerra a corruzione ed evasione, che a pochi giorni dalle elezioni (8-9 ottobre) è stato accusato di aver comprato due ville nel sud della Francia per circa 15 milioni di euro, senza renderlo noto. Babis ha subito respinto le accuse, dichiarando di aver svolto l’acquisto nel pieno della legalità e addossando la colpa alla “mafia” locale.

Sotto i riflettori anche il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che avrebbe trasferito dei fondi in una società offshore prima di essere eletto nel 2019, e il corrispettivo cipriota Nicos Anastasiades, la cui società avrebbe provveduto a oscurare il nome del vero proprietario di varie compagnie offshore, un ex politico russo; il presidente Anastasiades ha negato di essere a conoscenza dell’accaduto (e così la società).

In imbarazzo anche il ministro dell’economia olandese Wopke Hoekstra – un “falco” nei confronti dell’Italia che si è schierato contro l’evasione ed elusione fiscale internazionale e ha proposto di vietare le società anonime – azionista della società offshore Candace Management Ltd, con sede nel paradiso fiscale delle Isole Vergini Britanniche. E il già primo ministro del Regno Unito, Tony Blair, che avrebbe comprato una proprietà londinese aggirando un’imposta da 365.000 euro. Come anche Mohamed Amersi, un importante donatore del Partito conservatore inglese già incorso in una multa da oltre 800 milioni di sterline.

I Pandora Papers raccolgono poco meno di 12 milioni di documenti confidenziali – file di testo, immagini, email, fogli di calcolo – del peso complessivo di quasi 3 terabyte. All’intera investigazione, coordinata per due anni dal Consorzio internazionale dei giornalisti investigativi (ICIJ), hanno contribuito anche 600 giornalisti in 117 Paesi, tra cui l’Italia con Leo Sisti e Paolo Biondani de l’Espresso.

Foto: Inkyfada / ICIJ



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