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L’alleanza Usa-Ue per regolare l’intelligenza artificiale. Scrive Sensi (Pd)

Di Filippo Sensi

L’amministrazione Biden sta pensando a una “carta dei diritti” per regolamentare l’intelligenza artificiale e i suoi potenziali: ne “abbiamo bisogno” per “difenderci dalle potenti tecnologie che abbiamo creato”, hanno scritto Eric Lander e Alondra Nelson, direttore e vicedirettore dell’Office of Science and Technology Policy della Casa Bianca, su “Wired”. Filippo Sensi, deputato Pd e membro della commissione Politiche Ue della Camera, spiega perché è “un’occasione che non possiamo sprecare”

Una Magna Charta dell’Intelligenza Artificiale: la proposta viene, al solito, dagli Stati Uniti. E suona come una linea di confine, nel Paese il cui nome sembra indissolubilmente legato alla nascita, allo sviluppo, alla diffusione della Rete, con le sue opportunità straordinarie, ma anche con i rischi e le zone d’ombra democratiche che porta con sé. Siamo ancora nel Far West, un estremo Occidente che oggi somiglia sempre più a un Paradiso perduto. Dal quale non fuggire, ma da ricostruire, da illuminare, da rendere più umano e giusto. Come ha saputo fare, con i suoi limiti, certo, l’Europa, proprio su questi temi, che sono i temi della libertà di espressione, della democrazia della rete, delle identità digitali.

Sono ormai anni che si parla, ad esempio, di riconoscimento facciale, di tecnologie sempre più invasive, che consentono un tracciamento diuturno, implacabile, di persone, emozioni, comportamenti, addirittura potenziali. Sta crescendo nel mondo, negli Stati Uniti, in Europa, anche da noi in Italia una consapevolezza – anche nelle imprese – sui rischi e i pericoli che vengono da simili tecnologie e dal loro utilizzo.

Riconoscerlo non significa tornare indietro, ma andare avanti. Perché le regole sono il modo che abbiamo per vivere assieme, perché il futuro non somigli a una scatola buia, a un Panopticon per dittature, ma a una possibilità regolata. È in discussione da noi una moratoria per tecnologie come queste, che si apra un dibattito pubblico alto e consapevole e che si decida alla luce di questa riflessione. Nessun luddismo, ma esigenza di regole condivise, così come comincia a farsi strada anche negli Stati Uniti di Joe Biden.

Ricordando a tutti che la privacy non è un recinto, ma uno spazio di libertà; che non è un orpello, ma il modo in cui si esprime la libertà di ognuno di noi, con responsabilità e rispetto. A qualcuno potrà sembrare un dibattito laterale, di nicchia. Non la pensa così il Parlamento europeo, non la pensa così la Commissione europea, non la pensa così l’amministrazione americana.

Credo sia arrivato il momento anche da noi di agganciarci a questo cammino, e di farlo assieme agli altri, invece di correre verso una insensata insofferenza nei confronti della privacy e delle Istituzioni che la tutelano. In Commissione alla Camera chiameremo nei prossimi giorni esperti e personalità internazionali per mettere i decisori in condizione di poter fare il proprio lavoro sui temi dell’Intelligenza Artificiale e delle sue regole. Un’occasione che non possiamo sprecare.

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