C’è il rischio che l’Unione europea adotti una regolamentazione che assimila i prodotti alternativi (e-cig, snus, tabacco riscaldato) alle vecchie e ben più nocive sigarette. Ignorando del tutto i consigli degli esperti e delle autorità sanitarie di mezzo mondo, oltre 30 studi indipendenti e i pareri di oltre 10 enti regolatori
LA RIDUZIONE DEL DANNO
Che fine ha fatto la riduzione del danno? I piani dell’Unione europea per la lotta al fumo non prevedono riferimenti a questo approccio, che vede nei prodotti alternativi alle sigarette (come lo snus, le sigarette elettroniche o il tabacco riscaldato) uno strumento utile per contenere gli effetti sulla salute. Anzi, si rischia che le istituzioni, Parlamento in testa, adottino una regolamentazione rigidissima che assimilerebbe questi prodotti alle vecchie e ben più nocive sigarette. Così ignorando del tutto i consigli degli esperti e delle autorità sanitarie di mezzo mondo, oltre 30 studi indipendenti e i pareri di oltre 10 enti regolatori.
Pochi mesi fa il Public Health England ha decretato come “tutte le prove suggeriscono che lo svapo sia una soluzione migliore rispetto alla terapia sostitutiva della nicotina per smettere di fumare“. Il rapporto presentato a febbraio stabiliva che chi fuma sigarette dovrebbe passare alla versione elettronica, “95% meno dannosa”.
IL CASO SVEDESE
L’agenzia federale statunitense (Food and Drug Administration – FDA) ha previsto l’introduzione della categoria “Prodotti del Tabacco a Rischio Modificato” proprio riconoscendo il principio di riduzione del danno. Nel 2020 ha autorizzato la commercializzazione di due prodotti: un sistema elettronico che riscalda il tabacco, e il tabacco da uso orale SNUS. Questo, ignoto in Italia, è diventato un prodotto famoso in Svezia dal lontano 1992. All’epoca l’Unione europea ne vietò l’uso, ma un movimento popolare, durante la campagna referendaria del 1994 per l’ingresso della Svezia nell’Ue, ha fatto sì che l’esenzione dal divieto della vendita di snus fosse parte integrante del trattato di adesione della Svezia all’Ue.
Oggi gli uomini svedesi hanno il più basso indice di tumore del polmone in Europa, anche grazie alla bassa incidenza del fumo di sigaretta, sceso vicino all’obiettivo che l’Unione europea si è data per il 2040, con i fumatori attuali al 7%. Il fumo è sceso all’1-2% tra le giovani donne in Norvegia, evidenziando la prospettiva emergente di una generazione senza fumo. Eppure questo precedente – come quelli della Nuova Zelanda, del Giappone, e della stessa Italia, dove l’uso del tabacco riscaldato ha determinato un successo storico nella lotta al fumo convenzionale – non viene preso in considerazione dalla Commissione europea.
IL SUMMIT SCIENTIFICO SULLA RIDUZIONE DEL DANNO DA FUMO
Di questi e altri temi si è parlato al panel sul futuro del fumo in Europa, presieduto da Dimitri Richter, capo del reparto di cardiologia dell’ospedale Euroclinic di Atene, nell’ambito del quarto summit scientifico sulla riduzione del danno da fumo. Nel dibattito è emersa la necessità che l’Unione europea adotti una posizione regolatrice più simile a quella svolta dalla FDA, capace di integrare la riduzione del danno nelle politiche di contrasto al fumo a fianco delle politiche di prevenzione e cessazione, accentrando decisioni politiche che al momento rimangono delegate ai singoli Stati membri.
Secondo Giovanni Li Volti, direttore Coehar, il Centro di ricerca per la riduzione del danno da fumo di Catania, “L’evidenza scientifica – secondo gli scienziati che si occupano di e-cig e riduzione del danno – è attualmente abbastanza forte da sostenere che esistono prodotti alternativi al fumo meno dannosi rispetto alla sigaretta tradizionale”, per questo “riteniamo queste evidenze sulla riduzione del danno dovrebbero essere adottate come politiche complementari a quelle su controllo del tabacco”. Gli studi non sono semplici, vista la varietà dei prodotti, eppure “ad oggi i risultati emersi dicono che non esistono più dubbi: le sigarette elettroniche sono più del 95% meno dannose delle normali bionde”, ha proseguito Li Volti.
Il punto è non criminalizzare chi fuma, ma offrirgli delle alternative meno dannose per accompagnarlo verso una vita senza fumo. È una strategia “etica e morale”, secondo Anastasia Barbouni, professoressa presso il dipartimento di salute pubblica della National School of Public Health di Atene: “Dobbiamo poter offrire ai fumatori che non smettono delle alternative alle sigarette basate sulla combustione”.
I casi inglese, svedese e norvegese, giusto per citare alcuni paesi europei, non possono essere ignorati dalla Commissione nella strategia di lotta al cancro. Ignatios Ikonomidis, Professore di Cardiologia dell’Università Kapodistrian di Atene, che è anche presidente del Comitato organizzatore del Summit:”Il Beating Cancer Plan della Commissione dovrebbe incorporare l’esperienza delle politiche di riduzione del danno dall’interno, ma anche al di fuori dall’Europa, per migliorare il tasso di cessazione dal fumo. Ciò contribuirà a una Europa più sana nel futuro”. Il piano europeo, ha sottolineato, trascura infatti la riduzione del danno nonostante il fumo continui a essere una piaga sociale e continui a essere la causa principale dei tumori prevenibili. “La riduzione del danno – ha concluso Ikonomidis – dovrebbe essere considerato come il terzo pilastro nelle politiche di controllo del fumo assieme alla cessazione totale del fumo e alla prevenzione”.
Allo stato attuale il terreno di scontro tra sostenitori e oppositori della riduzione del danno da fumo è il Parlamento Europeo. L’europarlamento sta discutendo il report della commissione BECA (Commissione speciale sulla lotta contro il cancro), che insieme allo Europe’s Beating Cancer Plan, indicherà le linee di azione per la regolamentazione di tutti i prodotti del tabacco e affini. La fase degli emendamenti si concluderà con il voto della Commissione previsto per dicembre.