Racconta Massimo Franco che per la prima volta la diplomazia della Santa Sede inquadra la questione dei rapporti sino-vaticani e con Taiwan. Tra pochi giorni l’incontro Francesco-Biden. Il retroscena
Per la prima volta dai piani alti della diplomazia della Santa Sede “si inquadra con chiarezza la questione dei rapporti sino-vaticani e con Taiwan”. Lo racconta Massimo Franco sul Corriere della Sera aggiungendo una postilla, che “l’anonimato non toglie peso né autorevolezza a quanto filtra Anche perché esce da quelle stanze felpate in un momento particolare” con le tensioni sempre più forti tra Stati Uniti e Cina, che vedono la Santa Sede (come Taiwan) tra due fuochi. Infatti, il Vaticano è l’unico Stato occidentale ad avere mantenuto i rapporti con un governo filo-occidentale che Pechino cerca di ostracizzare a livello mondiale.
E tra pochi giorni arriverà in Vaticano Joe Biden, secondo presidente statunitense cattolico dopo John Fitzgerald Kennedy. È al suo secondo viaggio in Europa (dopo quello di giugno per G7, summit Nato e incontri con l’Unione europea) per partecipare al G20 italiano e alla Cop26. Il rapporto con la Cina rimarrà come “come sottofondo di una conversazione che si preannuncia cordiale, amichevole e insieme potenzialmente spinosa”. Infatti, su alcuni temi Biden e Francesco appaiono distanti: si pensi ad aborto e immigrazione.
“La Cina vorrebbe che rompessimo le relazioni diplomatiche con Taiwan, promettendo in cambio di inaugurare quelle con noi”, spiega la fonte vaticana al Corriere della Sera. Ma abbiamo sempre risposto che prima Pechino deve permetterci di aprire una nunziatura apostolica nella capitale. Solo a quel punto potremo rivedere i nostri rapporti col governo di Taipei. Siccome quel passo non è mai stato fatto, le cose rimangono com’ erano. E speriamo che la situazione non peggiori”.
L’obiettivo della Santa Sede è “svizzero”. Resistere alle pressioni che arrivano sia da Pechino sia da Washington. La scelta di campo, per ora, “non ci sarà”, scrive il quotidiano diretto da Luciano Fontana. L’auspicio vaticano è che le cose migliorino. Una speranza che però “è più traballante di tre anni fa, quando i negoziatori di papa Francesco e del presidente Xi Jinping stipularono un accordo temporaneo e segreto per concordare la nomina dei vescovi in Cina: un’intesa asimmetrica, ma voluta dal pontefice per evitare ‘uno scisma di fatto, perché Pechino avrebbe nominato vescovi fedeli al regime’, si spiega, ‘schiacciando ancora di più la Chiesa cattolica sotterranea fedele a Roma’”.
Si tratta, nota il Corriere, di una minoranza di poco più di dieci milioni di fedeli, secondo calcoli per difetto, in un Paese che ha un miliardo e 400 milioni di abitanti, ma simbolica e strategica per un cattolicesimo che emerge da decenni di persecuzioni.