Nonostante il miliardo di utenti attivi, il social cinese che spopola tra i giovani sfugge alla comprensione dei genitori e non è soggetto alla stessa attenzione regolatoria e sanzionatoria dei suoi concorrenti americani. Al punto che il diffondersi di una psicosi di massa tra le ragazzine è passato in sordina
TikTok sta avendo un anno da record. A settembre la compagnia dietro all’app – la cinese ByteDance – ha annunciato di avere oltre un miliardo di utenti attivi ogni mese. Nelle categorie di riferimento è in cima alle classifiche di download dal 2020 ed è l’unica app per social media oltre a Facebook ad essere stata scaricata più di 3 miliardi di volte.
In Italia la base è triplicata nello scorso anno, le stime oscillano tra 7 e 10 milioni di utenti attivi. Tuttavia la crescita astronomica di TikTok non si è tradotta in maggiore attenzione, né sociale né regolatoria. L’app pare scomparsa dai radar degli italiani almeno da gennaio, quando il caso shock di una bimba morta asfissiata a dieci anni per aver partecipato a una sfida sul social portò il Garante della privacy a intervenire.
Risultato? Riconferma generale dell’età degli utenti italiani al fine di esonerare gli under 13 (misura aggirabilissima, come sa chiunque si sia mai iscritto a un social) e la promessa di più controlli da parte di ByteDance. In pratica basta inserire un’età adeguata per oltrepassare il limite d’età, dietro al quale un algoritmo mirabilmente efficiente (la vera arma segreta dell’app) riesce a fornire agli utenti contenuti sempre più interessanti per loro.
Eppure gli episodi più recenti dovrebbero imporre una riflessione. Il Wall Street Journal si è dedicato a raccontare la preoccupante correlazione tra i video su TikTok di influencer con la sindrome di Tourette – un disordine raro del sistema nervoso che causa tic verbali e fisici – e la comparsa di sintomi simili, tra molte giovani ragazze che li seguono.
Oggi i video con hashtag #tourettes contano 4,8 miliardi di visualizzazioni. Intanto gli ospedali britannici e statunitensi studiano il fenomeno da mesi e riportano che il numero di nuovi venuti con questi tic, tutti giovanissimi e femmine per la maggior parte, è aumentato parecchio. Ma c’è di più: uno degli studi più completi condotti sul fenomeno rivela anche che 19 dei 28 influencer con la sindrome di Tourette più seguiti dicono di aver sviluppato nuovi tic dopo aver visto i video degli altri creatori.
Donald Gilbert, un neurologo specializzato in movimento pediatrico e sindrome di Tourette, ha detto al WSJ che da quando è iniziata la pandemia riceve circa 10 nuovi giovani pazienti al mese, ove prima era uno al massimo. Per lui i sintomi degli adolescenti sono reali, probabilmente disturbi neurologici funzionali, afflizioni (trattabili) che possono comportare tic vocali e movimenti anormali del corpo senza essere dovute a una malattia alla base.
I casi collettivi sono già noti alla comunità medica come “disturbo psicogeno di massa” e compare in presenza di stress, ansia e depressione (vedi alla voce lockdown). Tra l’altro questo fenomeno simile alla sindrome di Tourette si è anche già verificato, seppure in maniera localizzata e su scala ridotta. I medici sospettano che il “villaggio globale” creato dai giovanissimi su TikTok sia uno dei fattori, assieme agli impatti dei lockdown, dietro la diffusione sparsa del problema.
La storia riguarda anche l’attenzione della comunità verso i più giovani e TikTok. Nelle scorse settimane si sono levati gli scudi quando dai Facebook Files si è appreso che Instagram stesse favorendo scarsa autostima e disordini alimentari tra le ragazze più giovani (cosa che tra l’altro succede anche su TikTok), senza che l’azienda prendesse contromisure per paura di perdere utenti.
Se da un lato il susseguirsi di accuse e la diffusione dei prodotti Facebook la rendono un obiettivo succulento per critici e regolatori, dall’altra esiste una vasta costellazione di servizi social mossi da ingranaggi simili – da YouTube alla la stessa TikTok – a cui non è riservata la stessa attenzione. Anzi, TikTok deve il suo successo proprio all’algoritmo.
Questo discorso è a monte della questione della protezione dei dati. Ha più a che fare con il fatto che si tende a sottostimare il potere di TikTok perché in genere è un mondo inaccessibile agli adulti, i quali non necessariamente investigano l’attrazione dei figli per questo social apparentemente leggero, dinamico e divertente.
Anche negli Usa si è passati dai senatori che definivano l’app “un problema di sicurezza nazionale” al nulla, mentre la piattaforma cresce a ritmi ancora più vertiginosi. Se davvero si vuole intervenire ex ante ed evitare i problemi emersi con Instagram e i giovani conviene dedicarsi anche a TikTok, e in fretta.