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L’Italia alla prova delle Zone economiche speciali. Scrive l’avv. D’Amico

Di Maurizio D'Amico

Il clima di attesa per le imminenti nomine dei commissari straordinari presumibilmente in sei delle sette Zes attualmente istituite dimostra che l’esperienza italiana sul tema, dopo oltre quattro anni dal varo della normativa di riferimento, è ora dinanzi a un bivio: il successo o il fallimento. L’analisi dell’avvocato Maurizio D’Amico, membro del gabinetto di presidenza della Federazione mondiale delle zone franche e delle zone economiche speciali (Femoza)

31La riforma scelta dal governo per rafforzare le Zone economiche speciali è stata rivolta alla decisa riduzione della tempistica procedurale e al potenziamento degli attori principali della nuova governance: i commissari straordinari di governo. In base al D.L. n. 77 del 31 maggio 2021, che ha innovato il D.L. n. 91/2017 convertito con modificazioni dalla L. n. 123/2017, sono state rafforzate le funzioni di tali soggetti.

Tale rafforzamento è avvenuto in particolare attraverso: il supporto di personale tecnico e amministrativo fornito dall’Agenzia per la coesione territoriale con le risorse umane e strumentali disponibili, per la cui finalità è stata autorizzata una spesa pari a 4,4 milioni di euro per il 2021 e a 8,8 milioni di euro all’anno dal 2022 al 2034; un ruolo centrale per assicurare una maggiore tempestività di attuazione delle previsioni del Pnrr in tema di infrastrutturazione delle Zes, poiché su richiesta degli enti competenti, fino al 31 dicembre 2026, possono “assumere le funzioni di stazione appaltante e operare in deroga alle disposizioni di legge in materia di contratti pubblici”, fatte salve le norme italiane ed europee indicate nell’art. 4, comma 7-quinquies del D.L. n. 91/2017, e in relazione alle quali possono provvedere anche con ordinanze; la definizione con le Regioni delle linee strategiche per adeguare la programmazione dei fondi strutturali alle esigenze delle Zes; la titolarità del procedimento per il rilascio dell’autorizzazione unica.

Tali prerogative “straordinarie”, aggiuntive rispetto alle funzioni previste prima della “novella” all’art. 4 commi 7-bis, 7-ter e all’art. 5 comma 1 lettera a-ter), consolidano la funzione di player principale per lo sviluppo delle Zes del commissario straordinario, nel solco di quanto contemplato nel Pnrr in cui il suo ruolo è appunto di “interlocutore principale per gli attori economici interessati a investire sul territorio di riferimento”. La singolarità di tale figura istituzionale consiste nel fatto che, diversamente da ciò che succede normalmente in un organo collegiale pubblico, a cui è assimilabile il Comitato di indirizzo ossia il “soggetto per l’amministrazione dell’area Zes”, alla mera funzione di presidente, da cui consegue una primazia formale quale primus inter pares rispetto agli altri componenti del Comitato, il commissario straordinario aggiunge altre attribuzioni che ne connotano una preminenza anche di specifica natura sostanziale.

Il clima di attesa per le imminenti nomine dei commissari straordinari presumibilmente in sei delle sette Zes attualmente istituite, da cui dipenderà l’effettivo decollo di tali drivers di sviluppo economico, dimostra che l’esperienza italiana sulle Zes, dopo oltre quattro anni dal varo della normativa di riferimento, è ora dinanzi ad un bivio forse definitivo: il successo o il fallimento. L’attenzione al tema della governance non è casuale perché uno dei fattori principali che incidono sulla competitività di tali strumenti è proprio quello della scelta della struttura di gestione.

I modelli di Zes si distinguono in base alla proprietà pubblica, privata e mista, e al loro interno esistono varie opzioni organizzative che prevedono non un unico organo di gestione come in Italia (assimilabile per le funzioni attribuite a quella di regolatore), bensì le distinte figure, oltre al regolatore, di proprietario, sviluppatore ed operatore, con autonome responsabilità e funzioni talvolta peraltro anche orizzontalmente fluide. La scelta della best practice gestionale è influenzata dalle specificità dell’ordinamento del Paese ospitante, dagli obiettivi perseguibili con l’istituzione delle Zes e dallo spazio temporale entro cui ciò deve avvenire. A tale riguardo nel mondo sono sempre più prevalenti le società di gestione private, perché tale opzione garantisce una maggiore probabilità di gestione ottimale in quanto l’organo deputato deve avere una conoscenza adeguata dei meccanismi del mercato, nonché una capacità di azione e reazione agile rispetto a un ambiente dinamico, turbolento ed esigente quale è quello degli investitori.

L’analisi del panorama europeo conferma il precitato scenario, con l’ulteriore caratteristica della presenza quasi costante della componente pubblica in varia misura e con un’ampia scelta della forma giuridica utilizzata. Il lavoro svolto dal governo in tema di semplificazione è apprezzabile, ma rischia di essere ancora concretamente poco tangibile, non essendosi agito sul limite genetico della pubblica amministrazione italiana che è la “burocrazia meccanica” totalmente avulsa dalla mutevolezza della realtà concreta, specie quella legata al mondo degli affari e del business. Infatti finora tutti gli interventi normativi sono stati condotti sulle modalità di azione della Pa e non sull’essenza della sua forma organizzativa. Oggi tale schema non è più proponibile in un contesto di dinamiche di sviluppo fortemente globalizzate.

Secondo la CGIA Mestre il peso della burocrazia in Italia è costato alle imprese circa 57 miliardi di euro nel 2020, corrispondente a circa il 3% del Pil nazionale: il quadro negativo è confermato da vari rapporti internazionali in cui emerge l’ontologica incompatibilità tra le energie di chi vuole fare impresa e le complessità della Pa italiana, insieme alla farraginosità di un corpus normativo scarsamente intellegibile ed afflitto ancora da anacronistici formalismi giuridici. In attesa di una radicale riforma della pubblica amministrazione, i commissari straordinari grazie alle funzioni attribuite assurgono al ruolo di cosiddetti “apripista” nell’ambito delle nuove dinamiche di interlocuzione tra il mutevole mondo delle imprese, degli investitori e del mercato e l’imperturbabile apparato amministrativo pubblico, indirizzate a rendere finalmente l’Italia competitiva e attrattiva di investimenti diretti esteri.

L’incarico attribuito ai commissari straordinari è un’importante occasione per sperimentare nelle Zes formule di governance concretamente business-oriented: ossia incubatori istituzionali di politiche amministrative innovative, magari sviluppate in progetti finanziabili con fondi Ue come è avvenuto per alcune Zes europee, che, adeguatamente “tarate” in tali aree, potrebbero essere successivamente estese al resto del Paese. Le nuove generazioni di Zone economiche 4.0 e 5.0 si caratterizzano sempre più per dinamiche di sviluppo esplicitate attraverso scelte decisionali e modelli operativi conformi all’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite in connessione con gli standard Esg, nonché modelli di specializzazione industriale 4.0. In questo scenario il compito dei Commissari Straordinari è al contempo complesso e stimolante. Tuttavia una delle principali incognite risiede nei possibili attriti che concretamente tale governance pubblica “extra ordinem” potrà generare rispetto alle modalità gestionali e procedurali ordinarie degli altri enti pubblici coinvolti nell’ambito del regime delle Zes.

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