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Brunetta, la Pa e il dilemma del capitale umano

Il ministro Brunetta fa centro quando dice che, più di stipendi e assunzioni, il problema della Pa italiana è la ricerca di capitale umano. Ma per gestirlo e misurarlo serve una rivoluzione di metodo (e merito). L’analisi del professor Luciano Hinna, presidente del Consiglio sociale per le scienze sociali

I fronti di riforma che il ministro Renato Brunetta ha aperto per dare una scossa positiva alle nostre PA sono ampi, diversi e di diversa portata e meritano la massima attenzione.

L’idea di pescare professionalità tra i ranghi di coloro che già sono iscritti agli albi professionali – ingegneri, architetti, commercialisti etc – è certamente vincente: le sfide da affrontare sono tante ed i tempi, come noto, sono molti stretti.

La scelta di abbreviare i tempi degli storici concorsi, solo tre mesi, ricorrendo a professionalità e quindi conoscenze già certificate dagli ordini professionali è condivisibile: si libera la funzione selezione da un’inutile attività, certificare le conoscenze già certificate dalle università e dal sistema di istruzione pubblica, per meglio dedicarsi a valutare le attitudini e le motivazioni e pesare le esperienze più utili ai programmi che debbono essere realizzati.

Nella stessa logica si pone la scelta di prevedere percorsi specifici per coloro che hanno conseguito dottorati di ricerca e corsi di specializzazione che non venivano fino ad oggi opportunamente valorizzati; anche il ricorso a piattaforme come il Portale del reclutamento, la partnership con Linkedin ed il supporto di società di head hunting sono novità interessanti che avvicinano la funzione reclutamento e selezione delle PA a quella delle imprese private, non solo per i tempi di risposta alle esigenze, che in questa stagione è assai importante, ma anche per la qualità che si può raggiungere nella selezione.

È chiaro che osservando in controluce tutte queste novità è possibile intravedere una nuova filigrana, un cambiamento di modello: la PA sta cercando sul mercato del lavoro professionalità e motivazione e si rivolge non a gente in cerca di un primo impiego, con tutto ciò che questo comporta in termini di capacità e motivazione, ma si rivolge a chi ha già maturato esperienza, a gente che ha superato la sindrome del posto fisso e sicuro e che magari ha avviato una propria attività professionale o una collaborazione con qualche struttura. In sintesi, si rivolge a persone con voglia di fare, ancora figli di un precariato professionale a caccia di esperienze da aggiungere al curriculum con motivazioni forti per rafforzare la propria identità.

Le motivazioni di quei 95mila che si sono iscritti al portale non vanno ignorate, ma vanno indagate: qui non c’è la promessa di un posto fisso e sicuro alla Checco Zalone, ma tra le righe si legge che si offre l’opportunità di realizzare un’esperienza professionale unica e interessante e qualificante da aggiungere al curriculum ed utile per l’inserimento in futuro sia nel mondo professionale che in quello del lavoro dipendente. “Qui si fa l’Italia o si muore” e partecipare a questo progetto consentirà un giorno di affermare con orgoglio ai propri nipoti “ ho partecipato anch’io” a quella rivoluzione organizzativa con l’orgoglio dei nuovi “garibaldini dell’organizzazione” e con lo spirito del civil servant.

Questo aspetto non va sottovalutato: il progetto regala identità e marca in maniera indelebile il passaggio da una burocrazia weberiana a una burocrazia professionale, ma va gestito anche sul piano cognitivo, della comunicazione e delle motivazioni: non è solo tecnicalità del sistema di selezione, che ovviamente ha una grande importanza, ma è necessario prendere atto che le nostre pubbliche amministrazioni sono aziende di know-how, ovvero sanno come si fanno certe cose.

Le nostre PA non sono fatte di tute blu, ma di colletti bianchi e camici bianchi che con la loro conoscenza ed esperienza cambiano il valore del tempo: una grandezza che non può andare a debito, che non si può prendere a prestito e di cui non si può fare scorta. Le aziende di knowhow come le PA hanno nel personale il vero patrimonio aziendale. Non è cosa da poco e va raccontata bene se si vuol essere attrattivi.

Il capitale umano a cui il ministro ha fatto più volte riferimento è fondamentale, ma per gestirlo e migliorarlo è necessario misurarlo e noi ancora non lo misuriamo, o meglio lo misuriamo male e solo in bilancio al costo come il materiale di consumo e la cancelleria. Un po’ poco: così si perdono quelle dimensioni fondamentali fatte di competenze, di relazioni, di capacità organizzative: tutti elementi la cui importanza si riesce ad intuire e che possono far parte della nuova offerta, un’Opa o un’Opv a seconda dei punti vista, che la Pa ha lanciato.

Ha ragione il ministro quando afferma che gli stipendi non sono un problema. Il problema, infatti, consiste nell’individuare le giuste professionalità e dal momento che nessuno ha mai gestito prima d’ora progetti di Pnrr, le motivazioni, l’elasticità, l’orientamento al problem solving sono elementi che vanno presi in esame.

Il modello di acquisto del lavoro pubblico sta cambiando e cambia anche grazie a questi nuovi sistemi di selezione introdotti, ma deve cambiare anche l’offerta che è fatta di valori etici e professionali per gestire i quali serve flessibilità e prevedere quindi rapporti di consulenza, contratti part time, ricorso allo smart working per evitare che quei professionisti attratti da questa nuova stagione della PA debbano rinunciare a raccogliere la sfida solo perché essa non è conciliabile con i programmi di sviluppo personale.

Chi chiuderebbe un’attività appena avviata o la collaborazione con uno studio professionale o con una micro società di consulenza per lavorare e vivere, in una sorte di stagione sabatica a rovescio, per alcuni anni nella pubblica amministrazione? E dopo che cosa succede? Si inizia da capo?

Se cerchiamo professionisti dobbiamo metterci nelle loro scarpe e pensare come loro; qui non si tratta di individuare i navigator per cercare per altri quel lavoro che non hanno trovato prima per se stessi, ma si tratta di individuare coloro che il lavoro lo hanno già trovato, se lo sono creato, a volte inventato e che leggono la stagione del Pnrr come una grande occasione professionale, un’opportunità per aumentare il loro capitale umano, organizzativo ed anche relazionale e così facendo fanno il loro interesse, ma anche gli interessi del singole PA e del Paese.

Nel modello di acquisto delle persone che si stanno cercando non c’è solo l’attenzione all’accredito dello stipendio in conto corrente, ma ci sono anche altri valori che la PA nella sua Opa al mercato del lavoro, deve considerare, valori che conosce ma forse non divulga abbastanza e con la necessaria efficacia. Non dobbiamo dimenticare che con le assunzioni dei prossimi mesi condizioneremo nel bene e nel male le nostre PA per i prossimi trenta anni.


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