Per alcuni un sollievo, per altri un problema. Cosa dicono all’estero del Trattato del Quirinale tra Italia e Francia. Una lente su Cina e Stati Uniti svela due visioni diverse, se non opposte, tra autonomia strategica e mercato. L’analisi di Luca Sebastiani (Geopolitica.info)
La firma del Trattato del Quirinale, arrivata nella mattina di venerdì 26 per mano di Emmanuel Macron e Mario Draghi, ha attirato molta curiosità. Soprattutto in Italia, dove media e analisti si sono interrogati sulle conseguenze per i due Paesi, sui vantaggi per l’una o l’altra parte e sui potenziali cambiamenti degli equilibri in Europa. Invece al di là delle Alpi, e in generale sulla stampa internazionale, al Trattato non è stato dato così ampio risalto. Nonostante questo, ad essere spettatrici interessate – bisogna scommetterci – sono state anche le due superpotenze mondiali: Stati Uniti e Cina. D’altronde, anche se in maniera indiretta, Washington e Pechino sono coinvolte dall’accordo.
Oltreoceano hanno guardato con particolare attenzione al fronte securitario, da sempre una priorità americana. Nel testo dell’asse Roma-Parigi, infatti, il tema della Difesa è stato prevalente, con Italia e Francia che si sono impegnate a “salvaguardare la sicurezza comune europea e rafforzare le capacità dell’Europa della Difesa, operando […] anche per il consolidamento del pilastro europeo della Nato”.
La Casa Bianca è cosciente delle istanze crescenti in seno all’Unione europea che mirano a un’autonomia strategica – menzionata più volte nel documento – di cui la Francia è sponsor principale. Il costante riferimento all’Alleanza Atlantica è stato quindi apprezzato, così come le dichiarazioni di Draghi e Macron a corredo della firma, che hanno ribadito in sostanza il concetto di una Nato più forte con un’Ue più forte.
Una difesa europea non sostitutiva ma integrata nell’organizzazione transatlantica. Tuttavia, il richiamo alla Nato non ha camuffato del tutto la volontà franco-italiana di fare un passo in avanti alla ricerca dell’autonomia. Draghi, sempre in conferenza stampa, ha manifestato il desiderio di raggiungere una determinata “sovranità” – termine di cui si abusa in Italia – “intesa come capacità di indirizzare il futuro come vogliamo noi, che può rafforzarsi solo attraverso una gestione condivisa delle sfide comuni”. Il premier ha poi aggiunto “Vogliamo favorire e accelerare il processo di integrazione europea”. Segnali di maggiori sforzi che Washington gradisce solo in parte.
Tra i fattori positivi per gli Stati Uniti, però, c’è l’interesse mostrato da Italia e Francia nei riguardi del Mediterraneo, del nord Africa, del Sahel e del Corno d’Africa. Proprio su questi dossier le divergenze tra i due Paesi sono state forti negli anni, un fattore che, per esempio in Libia, ha facilitato la discesa in campo di attori come la Turchia e soprattutto la Russia. Dinamica che ha fatto storcere il naso agli Usa, a cui non dispiacerebbe una maggiore coesione europea nella regione, anche per un proprio possibile disimpegno.
Un altro motivo per cui il Trattato è stato visto di buon occhio a Washington è il consolidamento, all’interno dell’Europa, di un fronte comune che possa resistere alle sirene cinesi in campo economico. Se nel recente passato l’Italia aveva aperto le braccia alla cooperazione con la Cina, oggi il governo Draghi ha irrigidito il posizionamento internazionale del Paese verso Oriente.
La Francia, da tempi non sospetti, ritiene Pechino un partner commerciale ma soprattutto un rivale sistemico. Due posizioni contrapposte a quella tedesca, più cordiale con Pechino. La Germania di Angela Merkel è stata una buona sponda europea per il Dragone. Ora però con il nuovo governo tedesco della coalizione “semaforo” la situazione potrebbe cambiare e l’asse italo-francese non sembra lasciare particolare spazio alla Cina. E questo, probabilmente, è il motivo per cui a Pechino il Trattato del Quirinale sia stato seguito con una certa freddezza.
Inoltre, c’è un altro impegno preso – almeno sulla carta – da Italia e Francia che non fa sorridere la Cina: quello relativo all’autonomia strategica europea in chiave digitale e tecnologica. Negli ultimi mesi la mancanza di semiconduttori, la cui importanza per qualsiasi industria è nota, ha colpito il mercato mondiale, palesando il monopolio del settore da parte di Cina, Taiwan e Corea del Sud. L’Unione europea ha deciso di investire per cercare di colmare la propria lacuna e l’intesa firmata tra i governi di Roma e Parigi mira anche a raggiungere questo scopo.
Come sempre bisognerà aspettare per sapere se gli obiettivi posti da Italia e Francia con il Trattato del Quirinale verranno raggiunti e se ci saranno ripercussioni nel sistema internazionale. Stati Uniti e Cina, intanto, osservano.