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La Difesa nel Trattato del Quirinale. Cosa lega Italia e Francia

Di Marco Battaglia e Stefano Pioppi

Le formule utilizzate sono abbastanza morbide, tali da rappresentare un impegno alla cooperazione senza generare particolari vincoli. La novità più rilevante è il Consiglio italo-francese di Difesa e Sicurezza, mentre sull’autonomia strategica si chiarisce la complementarietà alla Nato. Sul fronte industriale l’impegno è per “alleanze strutturali”, mentre per lo Spazio c’è un accordo ad hoc

Sette paragrafi del cosiddetto Trattato del Quirinale rilanciano la cooperazione tra Italia e Francia nel campo della Difesa. Le formule utilizzate sono abbastanza ampie, tali da rappresentare un impulso alla cooperazione senza generare particolari vincoli. La novità più rilevante è il Consiglio italo-francese di Difesa e Sicurezza, che riunirà i rispettivi ministri degli Affari esteri e della Difesa. Tra le righe anche il superamento del dibattito sulla “autonomia strategica europea”, presente nel testo del trattato, ma accompagnata dai riferimenti sul “consolidamento del pilastro europeo della Nato”. Lo stesso Emmanuel Macron, in conferenza stampa a Villa Madama, ha parlato di una “Difesa europea più forte che contribuisca alla Nato”, allontanando così dalla memoria le sentenza di morte cerebrale dell’Alleanza Atlantica. Mario Draghi ha auspicato con la firma anche la “costruzione di una vera difesa europea, che naturalmente è complementare alla Nato, non sostitutiva”.

In effetti, ampia parte dell’articolo 2 del Trattato è dedicata alle prospettive della Difesa comune europea, entrata nel vivo con la prima bozza dello Strategic Compass e indirizzata all’accelerazione che Parigi ha promesso a partire da gennaio, quando assumerà la presidenza del Consiglio dell’Ue. L’incipit del nuovo trattato è piuttosto classico: “Nel quadro degli sforzi comuni volti al mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, e in coerenza con gli obiettivi delle organizzazioni internazionali cui esse partecipano e con l’Iniziativa europea d’intervento, le Parti s’impegnano a promuovere le cooperazioni e gli scambi sia tra le proprie forze armate, sia sui materiali di difesa e sulle attrezzature, e a sviluppare sinergie ambiziose sul piano delle capacità e su quello operativo ovunque i loro interessi strategici s’incontrino”. Un impegno dunque, ove gli interessi convergano, senza ulteriori specifiche su aree d’intervento e priorità, sebbene per questo ci sia l’articolo 1 dello stesso trattato, dedicato agli affari esteri. Inoltre, ieri sera, il ministro Lorenzo Guerini ha incontrato la collega Florence Parly, condividendo “la necessità di continuare a rafforzare l’impegno congiunto nei teatri operativi e nelle aree di crisi, con particolare attenzione all’area del Mediterraneo, del Sahel e del Golfo di Guinea”.

Per nulla scontato il riferimento all’European Intervention Initiative (Ei2), voluta da Macron nel 2017 come alternativa più efficace ai meccanismi Ue (che allora il presidente considerava troppo lenti), a cui l’Italia ha aderito due anni e mezzo dopo. In ogni caso, “così facendo – si legge nel Trattato – esse contribuiscono a salvaguardare la sicurezza comune europea e rafforzare le capacità dell’Europa della Difesa, operando in tal modo anche per il consolidamento del pilastro europeo della Nato”. Classico il riferimento ai trattati e agli impegni di reciproca assistenza: “Sulla base dell’articolo 5 del Trattato dell’Atlantico del Nord e dell’articolo 42, comma 7, del Trattato sull’Unione Europea, esse si forniscono assistenza in caso di aggressione armata”. Inoltre, “le Parti contribuiscono alle missioni internazionali di gestione delle crisi coordinando i loro sforzi”.

Segue la maggiore strutturazione di incontri e consultazioni che pervade tutto il trattato: “Le Parti si consultano regolarmente sulle questioni trattate rispettivamente dall’Unione europea e dalla Nato, e coordinano ove possibile le proprie posizioni, in particolare sulle questioni relative alle iniziative di difesa dell’Unione europea, rispetto alle quali è ricercata ogni possibilità di cooperazione”. Di più: “Esse intensificano il dialogo comune nei settori tecnico e operativo della difesa”. A tal fine, “esse tengono, oltre a incontri bilaterali istituzionalizzati nel settore della difesa, anche consultazioni regolari all’interno del Consiglio italo-francese di Difesa e Sicurezza, che riunisce i rispettivi ministri degli Affari esteri e della Difesa”.

Ampi i margini sulla cooperazione in campo industriale, per cui si stabilisce un sostanziale impegno alla maggiore collaborazione e la promozione di “alleanze strutturali”, elemento particolarmente attenzionato visti i molteplici temi di discussione (si pensi solo ai due progetti alternativi sul velivolo di sesta generazione). “Le Parti sviluppano la cooperazione nel settore dell’accrescimento di capacità d’interesse comune, in particolare per quanto riguarda la progettazione, lo sviluppo, la costruzione e il supporto in servizio, al fine di migliorare l’efficienza e la competitività dei rispettivi sistemi industriali e di contribuire allo sviluppo e al potenziamento della base industriale e tecnologica della difesa europea”. Le Parti, si legge ancora, “s’impegnano altresì a rafforzare la cooperazione tra le rispettive industrie di difesa e di sicurezza, promuovendo delle alleanze strutturali”. Dunque, le Parti “facilitano l’attuazione di progetti comuni, bilaterali o plurilaterali, in connessione con la costituzione di partnership industriali in specifici settori militari, nonché dei progetti congiunti nell’ambito della cooperazione strutturata permanente (Pesco), con il sostegno del Fondo europeo per la difesa”, dotato di 7,9 miliardi fino al 2027 (qui tutti i numeri della Difesa europea).

L’articolo termina con tre disposizioni più puntuali. La prima è dedicata allo Spazio, per cui comunque c’è l’articolo 5 (piuttosto vago) e soprattutto il nuovo “Trattato di cooperazione sullo Spazio”, annunciato in conferenza stampa da Macron e Draghi. Intanto, l’articolo 2 prevede che “le Parti rafforzano la collaborazione nel settore spaziale migliorando la loro capacità di operare congiuntamente nello spazio ai fini di sicurezza e di difesa; esse partecipano attivamente allo sviluppo di una cultura strategica europea in questo settore”. Seguono gli impegni “a rafforzare il già proficuo scambio di personale militare, nonché le significative attività in atto nell’ambito della formazione e dell’addestramento nel settore della sicurezza e della difesa”, e “a facilitare il transito e lo stazionamento delle forze armate dell’altra Parte sul proprio territorio”.


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