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Digitale, istruzione e lavoro. Oltre 200 aziende insieme per recuperare ritardo

Presentato il report Censis-Centro Studi Tim sulle competenze digitali degli italiani

La povertà digitale può essere strutturale-situazionale ma anche cognitiva-comportamentale e in Italia il digital divide è fortemente correlato con il livello di istruzione. Tra coloro che dispongono al massimo della terza media le persone in difficoltà sono la maggioranza (58,7%). Non si può tuttavia trascurare che una quota di persone esposte al digital divide è presente anche tra chi possiede un titolo di studio superiore (15,8%). Sono alcuni dati dello studio realizzato dal Censis e dal Centro Studi Tim, “La digitalizzazione degli italiani. Fattori di spinta ed elementi trainanti”, presentato oggi nel corso dell’evento “Italia 2026 – Tutti connessi, nessuno escluso”. La cornice è quella di 4 Weeks 4 Inclusion, la più grande maratona interaziendale mai realizzata nel nostro Paese per valorizzare l’inclusione, promossa da TIM e con il coinvolgimento per la prima volta in Italia di oltre 200 imprese unite per recuperare il ritardo del nostro Paese su digitale, istruzione e lavoro. Tra le paure degli italiani sul digitale, la preoccupazione maggiore è la sicurezza. Addirittura il 39,9% arriva ad ammettere di limitare la navigazione al minimo indispensabile. La domanda di sicurezza si rivolge verso l’esterno: l’81,1% degli utenti vedrebbe favorevolmente una limitazione su siti ritenuti potenzialmente dannosi.

ETÀ E OCCUPAZIONE: I DIVARI DA COLMARE

La differenza di età resta un divario molto evidente per l’utilizzo degli strumenti digitali: fino a 44 anni le competenze digitali medie dei cittadini sono tali da poter fronteggiare qualsiasi esigenza. Tra i 45 e i 65 anni il 17,1% dei cittadini entra in sofferenza (3,1 milioni di persone in età lavorativa).

Oltre i 65 anni il problema si moltiplica e l’area del disagio copre il 61,9% del totale (circa 8,6 milioni di persone).

Dall’analisi emerge anche che le competenze digitali sono fortemente influenzate dal far parte o meno della popolazione attiva. Tra gli occupati la quota di chi è in difficoltà supera di poco il 5%, ma sale all’11,3% tra i disoccupati e arriva fino a quasi la meta’ degli inattivi (44,6%). Il basso tasso di attività delle donne in Italia (55,2% in totale, ma sotto il 40% in alcune regioni del Sud), non favorisce l’inclusione digitale.

Chi non è impegnato in un’attività lavorativa, (che nel 78,7%dei casi implica l’utilizzo di mezzi digitali), ha molte meno occasioni per utilizzare e sviluppare le proprie competenze digitali.

FOCUS SULLE DONNE

Il basso tasso di attività delle donne in Italia (55,2% in totale), ma sotto il 40% in alcune regioni del Sud, non favorisce l’inclusione digitale.

Durante gli anni di pandemia è emerso che per aver accesso ad internet chi non aveva le giuste competenze ha provato ad arrangiarsi per superare il lockdown: le persone con scarse competenze digitali, in particolare gli anziani, si sono appoggiate su familiari e conoscenti. Pochi hanno dovuto rinunciare. In futuro si percepisce una maggiore disponibilità a mettersi sotto sforzo personalmente, in parte anche attraverso momenti di formazione.

GUBITOSI: NESSUNO DEVE RIMANERE ESCLUSO

Nell’era della transizione digitale la battaglia non è più quella contro il digital divide dovuta alla mancanza di infrastrutture, ma contro una più ampia “fragilità digitale”.

Intervenendo a 4 Weeks 4 Inclusion, l’amministratore delegato di Tim Luigi Gubitosi ha spiegato: “La fragilità digitale tende a manifestarsi in vari modi e creare situazioni di disagio: quando l’esclusione deriva da mancanza di connessione o di device si risolve facilmente, è solo una questione di soldi. Ma il tema è evitare divari di competenze, non c’è solo andare in Rete ma sapere interpretarla. Nessuno deve rimanere escluso. Nel 2026 vedo un’Italia in cui dovrebbe essere stata completata la rete, dove continuiamo a fare progressi: siamo passati da un giga a due e mezzo, fino ad arrivare a dieci. Il progresso e’ continuo, e dobbiamo garantire che lo sia anche per le competenze: nel 2026 ci sarà un’Italia che funzionerà meglio, e tante cose che oggi sembrano dei miracoli saranno scontate”.

BIANCHI: SCUOLA CENTRALE PER INCLUSIONE

Il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi ha aggiunto: “Desidero ringraziare Tim per aver organizzato questa importante iniziativa che è la 4Weeks4Inclusion, che non intende lasciare nessuno indietro come ha ricordato la senatrice a vita Liliana Segre. Grazie anche a lei per le parole che ha detto, sentire la sua voce ci riempie il cuore”. “Ce la dobbiamo fare a superare le due pandemie, quella della salute ma anche quella dell’individualismo, che non ha messo al centro della vita collettiva la capacità di includere e costruire la comunità”, ha aggiunto Bianchi. “La scuola non è più il luogo dove accumulare le conoscenze e informazioni, la scuola serve per tenere insieme le persone e costruire comunità sempre più ampie. Il digitale in tutto questo è fondamentale perché consente di uscire dal proprio contesto locale conquistando un orizzonte più ampio. Ma c’è bisogno che tutti siano messi in condizione di farlo e la scuola serve a superare le differenze”, ha concluso il ministro.

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