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L’artigianato italiano, una tradizione preziosa. Conversazione con Giulia Tamburini

Giulia Tamburini, artigiana orafa da più di 10 anni, specializzata alla Scuola delle Arti Orafe di Firenze, racconta a Formiche.net una vera sfida, tra passato, eredità e innovazione tecnologica

La natura, in tutte le sue forme, come fonti di ispirazione. Una balena, un rametto di lavanda o di mirto, i

gioielli di Giulia Tamburini sono pezzi che immortalano preziosi ricordi. Come la collezione Flora, ispirata alle Cinque Terre. Calchi in gesso di rametti e foglie raccolti in primavera da portare con sé ovunque, per sempre.

 

E poi ci sono i gioielli storici, come l’anello “Giuditta”, che trae ispirazione da un dipinto del 1400 in cui è ritratto Hymeneo, divinità del matrimonio, che protegge l’anello nuziale con due fiaccole simboleggianti la passione tra i due sposi. E l’anello “Ettore”, che ritrae un serpente, simbolo dall’antichità della creatività e rinascita.

Nata nel 1984, Tamburini è artigiana orafa da più di 10 anni, specializzata alla Scuola delle Arti Orafe di Firenze. Da poco ha aperto un laboratorio a Milano e dal 2020 gestisce l’attività insieme al fratello Francesco. Sul sito e-commerce ci sono circa 220 gioielli personalizzabili, con materiali come il bronzo, l’oro, l’argento, pietre e diamanti. Una vera sfida, tra passato, eredità e innovazione tecnologica, che Tamburini racconta in conversazione con Formiche.net.

Donna e artigianato. Una sfida nel nostro Paese. Ce la vuole raccontare?

L’Italia è la culla dell’artigianato orafo. L’arte dei maestri orafi fiorentini – un mestiere storicamente maschile, ma sempre più praticato anche da donne – si è sempre distinta in tutto il mondo per la precisione tecnica e l’abilità nell’utilizzare gli strumenti del mestiere. Una grande risorsa per il nostro Paese, che purtroppo rischia di andare persa. Si tratta di un mestiere che si è sempre tramandato in bottega, di padre in figlio. Oggi di botteghe ce ne sono sempre meno, anche se esistono alcune scuole di specializzazione. Io ho frequentato la Scuola di Arti Orafe di Firenze, dopo la laurea in Lettere, quando ho deciso di trasformare la mia passione in lavoro. A differenza di altre scuole che si trovano per esempio a Milano, qui non insegnano solo il design del gioiello, ma principalmente le tecniche di realizzazione, saldatura e incisione.

Quanti vogliono ancora apprendere questo mestiere?

Queste scuole sono in realtà poco frequentate da italiani, forse perché nel nostro Paese i mestieri manuali sono spesso considerati meno “nobili” rispetto ad altri lavori d’ufficio? Il mio corso, per esempio, era principalmente frequentato da asiatici. L’importante, a mio avviso, è che comunque ci sia qualcuno interessato a seguire questo percorso, per evitare che una tradizione di così gran valore vada persa.

L’arte orafa può essere uno sbocco per i giovani oggi? Come?

Assolutamente sì. Le strade sono principalmente due. Lavorare come operaio specializzato alla catena di produzione in un laboratorio di una grande azienda del settore, con la possibilità di essere formati direttamente in azienda, molte imprese del settore stanno infatti avviando corsi di formazione al loro interno perché faticano a trovare orafi già formati. L’alternativa è investire maggiormente sulla formazione, tramite una scuola o in bottega se si ha l’occasione. In questo modo si può puntare a ricoprire ruoli più specializzati in un grande laboratorio, per esempio come prototipista, oppure avviare una propria attività come ho fatto io.

Cosa c’è nella forza creativa della manualità che un gioiello industriale non potrà mai raggiungere?

Disegni in Cad e stampanti 3D permettono di tagliare tempi e costi al punto da non richiedere il lavoro di un orafo, ma c’è differenza tra un gioiello progettato a computer e realizzato da una macchina e uno disegnato e creato a mano: il primo non ha un’impronta manuale, è più preciso, ma più asettico e industriale. Un gioiello artigianale è unico, ha una sua storia, è un oggetto vivo che crea un rapporto personale con chi lo indossa. L’artigianato permette inoltre quella personalizzazione molto richiesta oggi, che è difficile offrire per chi produce industrialmente.

Molte aziende hanno intrapreso percorsi di innovazione sui processi e sui processi. Cosa ne pensa? Come possono convivere bottega, atelier e e-commerce?

Stampa 3D e disegni in Cad possono però essere utilizzati anche in modo limitato e intelligente per “potenziare” il lavoro dell’orafo. In alcuni casi può servire a essere più precisi o ridurre i tempi di prototipazione, senza influire negativamente sul risultato finale. Per questo motivo innovazione e artigianato non devono essere visti come in concorrenza tra loro.
Inoltre l’innovazione e il digitale possono aiutare le piccole realtà di artigianato a creare nuovi canali di comunicazione e di vendita. Per esempio nel nostro caso, dopo dieci anni di vendita di persona e promozione sul passa parola, abbiamo deciso così di lanciare un e-commerce e strutturare una presenza digitale. Un’attività che assolutamente non sostituisce la vendita di persona nel laboratorio atelier dove ci siamo appena trasferiti, in viale Piave 5 a Milano dove riceviamo i clienti su appuntamento. Qui i clienti possono vedere e toccare con mano i gioielli, ma anche sbirciare nella parte di laboratorio e vedere come prendono forma collane, anelli e bracciali.

Nell’anno della pandemia, l’e-commerce si è rivelato uno strumento chiave per la ripresa. È successo anche per voi?

La situazione di emergenza sanitaria e le conseguenti restrizioni ci hanno portato ad accelerare il lancio del nostro e-commerce, a cui stavamo lavorando da tempo. È stato fondamentale per continuare a vendere durante questi mesi difficili, ma anche per creare una vetrina virtuale per i clienti che poi preferiscono comunque venire di persona a scegliere i gioielli.

 

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