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Motori tedeschi su navi da guerra cinesi. Lo scoop che imbarazza l’Europa

La zona grigia “dual-use” continua a fare la fortuna di Pechino. La stampa tedesca rivela le forniture di MTU e MAN (gruppo Volkswagen) alla Marina cinese che, avvertono gli Usa, è diventata la prima al mondo per dimensioni

Poche settimane fa, come riportato dal quotidiano giapponese Nikkei, il ministero della Difesa di Tokyo aveva comunicato che dieci navi militari dalla Cina e dalla Russia hanno attraversato lo stretto di Tsugaro, che separa le isole giapponesi di Honshu e di Hokkaido. 

È la prima volta che il Giappone conferma simili manovre nell’area, destinate ad alimentare le tensioni legate alle contese territoriali con Cina e Russia, sottolinea Nova. Pechino, infatti, rivendica la sovranità delle isole Senkaku nel Mar Cinese Orientale, mentre Tokyo contende a Mosca il controllo delle isole Curili. Nonostante il passaggio delle navi non abbia violato le acque territoriali del Giappone, il ministero della Difesa di Tokyo ha annunciato “continui sforzi” nella sorveglianza dello spazio aereo e marittimo intorno al Paese.

L’esercitazione militare congiunta ha visto coinvolte cinque navi da parte russa e altrettante da parte cinese. Mosca ha schierato due cacciatorpedinieri classe Udaloy, due fregate classe Steregushchiy e una nave di supporto classe Marshal Nedelin. Pechino, invece, un cacciatorpediniere classe Renhai, un cacciatorpediniere classe Luyang-III, due fregate classe Jiangkai e una nave ausiliaria classe Fuchi.

Il quotidiano tedesco Welt e l’emittente pubblica Ard hanno rivelato che i motori del cacciatorpediniere classe Luyang-III, dotato di missili terra-aria e missili da crociera, sono “made in Germany”. Precisamente quelli prodotti da MTU, colosso tedesco della multinazionale britannica Rolls-Royce i cui motori sono presenti anche sulla nave scuola italiana Amerigo Vespucci. Secondo i dati raccolti dal think tank Sipri, MTU era un fornitore regolare di motori per i cacciatorpediniere missilistici della classe Luyang-III attraverso un impianto di produzione autorizzato in Cina almeno fino al 2020. Inoltre, avrebbe fornito anche i motori utilizzati nei sottomarini, sempre cinesi, di classe Song. Il quartier generale dell’azienda ha detto alle due testate tedesche di aver “definitivamente smesso” di fornire motori per i sottomarini. L’azienda sostiene di non aver “stipulato alcun contratto con il ministero della Difesa cinese o con le forze armate”. Tuttavia, osservano le testate tedesche, con la creazione di una joint venture in Cina nel 2010, il capo della società allora nota come Tognum aveva parlato di consegne di “motori per la Marina e la Guardia costiera cinese”.

C’è anche una seconda azienda toccata dall’inchiesta tedesca. Si tratta della ex SEMT Pielstick, industria tedesca del gruppo MAN, che a sua volta fa parte della multinazionale Volkswagen. È del 2002 la notizia, pubblicato sul sito della stessa società, della consegna di motori PA6 prodotti per una nuova generazione di fregate in Cina.

Siemon Wezeman, ricercatore del Sipri, ha parlato di “zona grigia”. Infatti, spiega la stampa tedesca, il motore MTU sulle navi da guerra cinesi è una cosiddetta tecnologia dual-use che non richiede licenze per l’esportazione.

Il problema sta nelle mosse – poche – europee. Basti pensare che le sanzioni imposte a marzo dall’Unione europea contro alcuni funzionari cinesi per violazioni dei diritti umani sono le prime contro Pechino dall’embargo sulle armi del 1989 a seguito della repressione di piazza Tiananmen. Sebastian Rossner, avvocato di Colonia ed esperto di esportazioni, ha detto all’Ard: “L’embargo sulle armi dell’Unione europea nei confronti della Cina non è stato deciso formalmente secondo i trattati europei, dunque alcune esportazioni di motori navali possono essere permesse anche per la Marina cinese”. Che cosa fare se si vuole una svolta? “L’Unione europea deve modificare il regolamento sul dual-use o imporre formalmente un embargo sulle armi”, ha risposto.

La rivelazione della stampa tedesca arriva pochi giorni dopo la pubblicazione di un documento della Difesa degli Stati Uniti (qui l’analisi su Formiche.net) che racconta come l’industria cinese abbia conquistato il primato mondiale come produttore di navi per tonnellaggio, incrementando le proprie abilità per tutte le classi navali, dalle navi da guerra ai sottomarini, grazie anche a un processo di fusione militare-civile.

Questo tempismo non può che rappresentare un ulteriore motivo di imbarazzo per la Germania e l’Unione europea, chiamate dagli Stati Uniti a superare l’era di Angela Merkel segnata da una politica estera giudicata eccessivamente mercantilistica.

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