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Salviamo il Natale. Non dal Covid, dalla crisi della supply chain

Da Nike a Apple, le aziende mettono le mani avanti sulle disponibilità per gli acquisti natalizi. Gli intoppi nella catena di rifornimento non finiranno nemmeno nel 2022. Focolai di Covid, aumenti di prezzi delle materie prime e mancanza di cartone per gli imballaggi. I consigli degli esperti per non restare a mani vuote

 

La crisi di approvvigionamenti che sta colpendo il mondo non accenna a rallentare e si allarga a più settori. La mancanza di rifornimenti, partita come conseguenza del blocco del Canale di Suez, e peggiorata con la politica “zero Covid” della Cina, potrebbe arrivare a un momento critico a causa di due tradizioni: gli sconti del Black Friday dell’ultimo venerdì di novembre e gli acquisti di Natale.

La crisi è una tempesta perfetta. Tra le cause ci sono le reti di trasporto sovraccaricate, la mancanza di mano d’opera in luoghi-chiave, come i porti cinesi ma anche americani, e una richiesta superiore (post-pandemia) di beni nel mercato statunitense.

Inoltre, la crisi sanitaria è tutt’altro che finita. In Cina, dove le autorità continuano ad applicare la politica “zero Covid”, fabbriche e porti si fermano per decine di giorni anche per un unico caso positivo al virus.

Per Maersk, la compagnia di trasporto più importante al mondo, non si vede la fine della crisi dei container. Sebbene l’impresa abbia registrato il miglior risultato finanziario dal 2014, il momento non è positivo. I prezzi sono alle stelle, anche nelle materie prime, e la paralisi negli approvvigionamenti aumenta sempre più, insieme al desiderio dei venditori di aumentare gli stock.

L’anno scorso, a causa della pandemia, l’economia mondiale si è fermata, e quest’anno cerca di accelerare senza riuscirci. I dirigenti di Maersk spiegano che la circolazione dei container è aumentata del 7%, ma una volta nei porti, la merce è scaricata, e distribuita, con grande ritardo.

L’ultimo report di Bloomberg Economics prevede che la fine della crisi non sarà nel breve periodo “per la incapacità del mondo a trovare una soluzione veloce, e perché in alcuni regioni la crisi del 2021 continua a peggiorare”. Questo fenomeno inevitabilmente si riflette in un aumento dei prezzi.

Shanella Rajanayagam, economista di HSBC, ha spiegato a Bloomberg che la situazione non sarà risolta nel 2022, anche se probabilmente ci sarà un leggero miglioramento a inizio febbraio, con l’Anno Nuovo cinese.

“Perché la catena di approvvigionamento si riprenda, sarà necessaria una dose di fortuna – sostiene Simon Heaney, direttore di ricerca di Drewry -. Non ci dovranno essere catastrofi meteorologiche, nuovi focolai di Covid e saranno necessari più tempo e investimenti nella capacità della logistica”.

Gli esperti della catena di approvvigionamenti invitano i clienti ad anticipare gli acquisti natalizi per essere sicuri di trovare gli articoli. Ma i venditori hanno uno stock così basso in magazzino, che non hanno incentivi per offrire sconti come negli anni precedenti.

Da H&M riconoscono la congiuntura, ma sono ottimisti. Su Smoda si legge parte di un comunicato della compagnia: “Come impresa globale siamo abituati a gestire fattori esteri che possono influire sulla nostra catena di approvvigionamento. Abbiamo preso tutte le misure per riequilibrare l’attuale alterazione, pensando di anticipare la campagna natalizia”.

Aziende come Nike e Adidas hanno ammesso di avere un problema di produzione a causa del Covid, avvertendo che la disponibilità di prodotti sarà ridotta quest’anno (80 milioni di paia di scarpe in meno). Anche di PlayStation 5 e Apple Watch ce ne saranno di meno, per mancanza di microchip e altri componenti. Chi prima compra, meglio alloggia.

E se non sarà il prodotto, rischia di scarseggiare il cartone per avvolgerlo. Secondo Business Insider, dai primi mesi dell’anno è salito il prezzo degli imballaggi, arrivando ai massimi storici. Amazon ha acquistato grandi quantità, lasciando a bocca asciutta i piccoli commercianti.

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