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Ecco chi e come si occupa dell’Italia nel Partito comunista cinese

Un rapporto Sinopsis/Gcrl Marco Pannella accende un faro sulle agenzie di influenza di Pechino e sulle loro operazioni nella politica parlamentare e locale del nostro Paese. Tutti i dettagli

Anche in Italia il Fronte è Unito. Parliamo delle tattiche di ispirazione leninista, consolidate e istituzionalizzate in Cina sotto Xi Jinping, del Fronte Unito, pensato per cooptare forze esterne al Partito comunista cinese utilizzandole come strumenti per l’acquisizione, il consolidamento e il monopolio permanente del potere. Tattiche che hanno nell’Italia, che nel 2019 firmò il memorandum d’intesa con la Cina sulla Via della Seta, un bersaglio. È quanto emerge con chiarezza dal rapporto “Una preda facile. Le agenzie di influenza del Pcc e le loro operazioni nella politica parlamentare e locale italiana”, firmato da Livia Codarin, Laura Harth e Jichang Lulu per il Comitato globale per lo Stato di diritto “Marco Pannella” e Sinopsis, un progetto dell’Ong ceca AcaMedia e della facoltà di sinologia dell’Università Carolina di Praga.

C’è il Dipartimento per i contatti internazionali (Ild). C’è l’Associazione di amicizia del popolo cinese con l’estero (Cpaffc). C’è Consiglio cinese per la promozione del commercio internazionale (Ccpit). E ci sono anche unità dei sistemi di propaganda e del Fronte unito, così come “organizzazioni di facciata” legate alle agenzie di intelligence del Partito comunista cinese. “Attori chiave negli sforzi del Partito volti a cooptare parlamentari, partiti politici, amministratori locali, e personalità influenti nel settore dei think tank e dei media”. Un esempio? Gli Istituti Confucio, definiti uno degli “avamposti stranieri” della propaganda esterna, “una componente fondamentale del lavoro di propaganda, con agenzie specializzate” come anche “organi di informazione in lingua straniera” ed “enti controllati da agenzie di propaganda – come i ministeri dell’Educazione, della Cultura e del Turismo”.

“Gli organi di affari esteri, propaganda, commercio e fronte unito conducono operazioni di influenza con coperture blande o inesistenti”, si legge nel rapporto. “Gli organi di questi sistemi possono offrire loro stessi una copertura per il lavoro di influenza delle agenzie di intelligence”. E ancora: “Le principali agenzie di intelligence del Pcc mantengono le loro organizzazioni di facciata per le attività di cooptazione”. Tra queste, ci sono organi di sicurezza civile, parti del sistema politico e legale del Pcc e unità dell’Esercito popolare di liberazione.

Per esempio, il ministero della Sicurezza statale, il principale organo di intelligence civile, utilizza unità come il Centro cinese di scambi culturali internazionali (Cicec) e gli Istituti cinesi di relazioni internazionali contemporanee (Cicir) “per interagire con bersagli stranieri, soprattutto con i think tank europei di relazioni internazionali”. Il ministero di Pubblica sicurezza può contare su “organizzazioni di facciata” che si occupano di scambi esterni come l’Associazione cinese di amicizia (Caff), “conosciuta per aver coltivato relazioni con contatti italiani”, spiega il rapporto. Inoltre, tra le agenzie di intelligence militare, l’Ufficio di collegamento del Dipartimento del lavoro politico dell’Esercito popolare di liberazione “ha sviluppato attività di cooptazione di personalità di spicco attraverso l’uso di gruppo di organizzazioni di facciata collegate, con il ramo no-profit dell’impresa energetica Cefc coinvolta con successo nella creazione di legami con amministratori e politici e altre figure pubbliche presso le Nazioni Unite e in diversi Paesi”.

Ci sono, infine, due organizzazioni a carattere culturale “coinvolte in incontri con controparti italiane e che illustrano le connessioni tra l’intelligence e le organizzazioni di facciata attive in un ambito esterno a quello formalmente di loro competenza”, spiega ancora il rapporto. “Infatti, sebbene formalmente affiliate al sistema di propaganda del Pcc, queste organizzazioni mostrano a livello dirigenziale evidenti legami con le agenzie di intelligence civile e militare”. Si tratta di due Gongo, cioè organizzazioni non governative ma sostenute dal governo (Government-organized non-governmental organization).

La prima è la Società di promozione della cultura cinese (Ccps), attualmente controllata dal ministero della Cultura e del Turismo, che in Italia opera attività con l’Istituto per la cultura cinese (ICC), istituito nel 2016 e presentato per la prima volta pubblicamente nel 2017, che gli autori del rapporto definiscono “un progetto di cooptazione e propaganda più ambizioso della precedente Associazione parlamentare”. La seconda è l’Associazione di ricerca della cultura cinese Yan Huang (Ayhcc), anch’essa sotto la guida del ministero della Cultura e del Turismo, e con ha una filiale a Firenze (Associazione di ricerca culturale italo-cinese Yan Huang), descritta dai media cinesi come “la prima associazione di ricerca culturale Yan Huang all’estero” e attiva, durante la crisi Covid-19, partecipò alle donazioni di mascherine dalla Cina all’Italia – attività da più parti lette come tentativo di influenza.

Il documento si conclude con una serie di suggerimenti. Tra questi, l’invito a istituzioni, partiti e figure politiche a “evitare interazioni – come la stipula di accordi e la partecipazione o il sostegno a eventi o iniziative – con agenzie di influenza del Pcc, come quelle presentate in questo rapporto, tra cui si distinguono per le operazioni dirette alla politica italiana l’Ild, la Cpafcc, il Ccpit, gli organi di propaganda e il Fronte Unito”. Le attività di queste agenzie e delle loro “organizzazioni di facciata”, infatti, “eludono i requisiti di trasparenza tipici delle relazioni formali tra stati, nascondendo le attività dello Stato-partito dietro le etichette di incontri personali (“people-to-people”) e “non governativi”, “scambi culturali” o altre descrizioni simili. Gli scambi diplomatici, commerciali, culturali e di altro tipo dovrebbero invece avvenire attraverso i canali appropriati, come accade nei rapporti con altri Paesi stranieri”, conclude il rapporto.



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