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Perché studiare l’intelligence in Italia. Scrive Caligiuri

L’intelligence è fondamentale per comprendere i fenomeni sociali perché aiuta a ricomporre la realtà attraverso un uso sapiente delle informazioni rilevanti. La riflessione di Mario Caligiuri, direttore del Master in Intelligence dell’Università della Calabria

La decima edizione del Master in Intelligence dell’Università della Calabria, svolta nell’anno accademico 2020-2021, è stata quella finora meglio riuscita, sia per la qualità della impostazione che per numero di iscritti. Abbiamo inaugurato le lezioni con il convegno “Studiare l’intelligence in Italia: esperienze a confronto”, in cui sono state esposte per la prima volta alcune delle esperienze più significative maturate durante gli ultimi anni negli atenei italiani. L’introduzione ai lavori è stata svolta da vertici dell’intelligence nazionale dell’epoca: Gennaro Vecchione, direttore del DIS, e Raffaele Volpi, Presidente del Copasir. Gli atti, opportunamente rivisti, sono confluiti in un volume che è in corso di pubblicazione presso la casa editrice da Rubbettino.

Esito della giornata inaugurale è consistito nel proporre il XXI secolo come quello dell’intelligence, nel senso che sarà sempre più necessario organizzare la conoscenza per assumere decisioni consapevoli nell’interesse individuale e generale, garantendo il diritto prioritario della sicurezza, premessa del godimento di tutti gli altri. Abbiamo ribadito che l’intelligence sia “il tempo del futuro”, in un contesto in cui si sta profilando uno scontro tra intelligenze, quasi una guerra dei mondi e un conflitto di civiltà. L’intelligence è una necessità che risale alla notte dei tempi, perché sapere raccogliere, gestire e utilizzare le informazioni faceva, fa e farà la differenza tra la vita e la morte, come sapevano bene i nostri antenati che per 650 generazioni su 800 sono vissuti nelle caverne.

Nel corso della storia, anche del nostro Paese l’intelligence ha avuto la funzione di difesa, quindi militare, che si è andata sempre di più allargando nel tempo e nello spazio. Tanto che oggi si parla di intelligence nell’ordinamento internazionale11, come il caso Biot ha messo in evidenza chiaramente. Ma i temi di interesse si allargano sempre di più e vanno a coinvolgere settori come lo spazio satellitare e l’ambiente, incrociati come le tecnologie quantistiche, destinate, se manterranno le promesse, a rappresentare un elemento di cambiamento straordinario. I livelli istituzionali e di governo sono sempre più determinanti, per cui non può non porsi la necessità di contemperare gli interessi nazionali con quelli europei. Così come vanno considerati gli interessi dei nostri principali alleati dal secondo dopoguerra in poi, su tutti gli Stati Uniti, la cui intelligence, che è tra le più robuste del mondo, occorre conoscere nelle sue evoluzioni e prospettive.

Ma per confrontarci con gli altri, occorre avere contezza della propria identità e della propria storia, a cominciare da quella dell’intelligence, fondamentale per tutelare l’interesse nazionale da parte di élite pubbliche responsabili, che costruiscono il bene comune. Appunto per questo i Servizi devono essere uno strumento della democrazia, che vanno conosciuti e studiati scientificamente per comprenderne la vitale funzione all’interno di un sistema democratico, che deve considerare la sicurezza come un diritto di libertà. In tale quadro, l’intelligence costituisce un banco di prova fondamentale per poter affrontare il contesto internazionale attraverso la comprensione del mondo digitale all’interno del quale si stanno sviluppando tutte le dinamiche sociali: uno scenario inedito che va compreso, studiato e padroneggiato attraverso adeguate e tempestive strategie educative.

I tempi che abbiamo difronte pongono sfide complesse all’intelligence, a cominciare dal disagio sociale, che è una minaccia per le democrazie, e dal fondamentalismo islamico, che va compreso dal punto di vista culturale e legale, esaminandolo nelle sue radicalizzazioni e nelle dimensioni reali che colpiscono principalmente i paesi islamici. La pandemia pone inedite sfide all’intelligence, come l’azione delle mafie con il conseguente rischio di una ulteriore destabilizzazione dei fragili equilibri mondiali, e in tale quadro diventano decisive norme specifiche come quelle sull’antiriciclaggio, consapevolezze politiche, quali il contrasto alla mafia come priorità europea32. Servono perciò strumenti specifici come trascrizioni scientifiche più precise nei processi giudiziari33e visioni che tutelino l’interesse nazionale anche attraverso la tutela del patrimonio culturale, che deve vedere coinvolti tutti i cittadini.

Dobbiamo allora fronteggiare grandi sfide nelle realtà urbane, dove lo Stato deve mantenere la sua supremazia informativa. Nel frattempo, l’infosfera è la dimensione sociale sempre più pervasiva che va conosciuta nei suoi rischi e nelle sue opportunità, richiedendo in ogni caso un approccio scientifico e critico, che tenga conto di una prossima human virtual intelligence. Si aprono dunque scenari inquietanti e ignoti con il confronto tra intelligenza umana intelligenza artificiale, con le tecnologie che sembra stiano condizionando il mondo attraverso gli algoritmi che producono un modo diverso di pensare.L’intelligence, pertanto, deve investigare in modo sempre più approfondito i cambiamenti in atto, considerando come terreni di sfide il cervello umano, sterminato campo di battaglia per guerre psicologiche, cognitive e soprattutto economiche.

Si richiede quindi uno sforzo di comprensione del mondo contemporaneo sia utilizzando gli strumenti tradizionali della diplomazia e sia quelli scientifici della complessità. Infatti, siamo difronte a una nuova guerra fredda, con la Cina che recita un ruolo sempre più decisivo, che va conosciuto e investigato al di là dei luoghi comuni e delle appartenenze ideologiche, in cui il ruolo dell’Europa e degli Usa deve essere ridefinito.Per quanto riguarda il nostro Paese, grande attenzione va riservata allo spionaggio economico, ponendo mano a una possibile riforma dell’intelligence per favorire il perseguimento degli interessi nazionali, coinvolgendo a pieno titolo le aziende private.

In definitiva, l’intelligence è fondamentale per comprendere i fenomeni sociali perché aiuta a ricomporre la realtà attraverso un uso sapiente delle informazioni rilevanti.

Il percorso formativo che propone l’Università della Calabria si traduce in un lavoro costante, che investiga il tema dell’intelligence da molteplici punti di vista e che, attraverso la pubblicazione di questi comunicati stampa, intende dare conto dello sviluppo dell’intelligence come disciplina scientifica, coinvolgendo personalità istituzionali, esperti e studiosi non solo del nostro Paese. Concludo, ribadendo qual è il nostro dichiarato obiettivo: fare diventare l’intelligence materia di studio nelle università del nostro Paese.

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