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La Polonia nel G20, in Europa, e con l’Italia. La strategia di Pagano (FI)

La crisi migratoria con la Bielorussia, la battaglia sullo stato di diritto con l’Unione europea, i rapporti commerciali e diplomatici tra Roma e Varsavia. La Polonia è un Paese troppo importante per lasciare che le tensioni odierne condizionino il suo futuro in Europa. Conversazione con il senatore Nazario Pagano (Forza Italia)

Il 9 settembre Nazario Pagano, parlamentare di Forza Italia e Vice Presidente della Commissione Affari Costituzionali del Senato, durante un intervento al panel di discussione “Le priorità del B20 nell’ambito del commercio e investimenti internazionali”, organizzato al 30° Forum Economico a Karpacz, ha proposto l’ingresso della Polonia nel G20, in qualità di paese attraversato da un’esponenziale crescita economica.

In questo dialogo emergono elementi chiarificatori riguardo la crisi migratoria scoppiata al confine tra la Polonia e la Bielorussia. Vladimir Putin condanna la controffensiva polacca ai danni dei profughi, l’impiego di gas lacrimogeni e cannoni d’acqua per impedire ai rifugiati di oltrepassare la frontiera, sostenendo così il regime di Minsk e ostentando un’inedita attenzione verso la tutela dei diritti umani. E mentre Josep Borrell definisce una correlazione tra il catalizzatore bielorusso e l’aumento delle truppe russe sul confine ucraino, puntando l’indice contro Mosca, Lukashenko promette una risposta immediata e senza sconti alle sanzioni Ue.

E ancora, il collasso dello stato di diritto come vulnus, radice del conflitto tra Varsavia e Bruxelles, la cronologia degli eventi che non aiuta il governo Moraweicki: la mancata abolizione della Camera Disciplinare, il caso TVN, le restrizioni in materia di aborto e l’inarrestabile fenomeno dello Strajk Kobiet (sciopero delle donne) che rivendica libertà e facoltà di autodeterminazione; il divieto per i media polacchi di entrare nella zona di confine con la Bielorussia, giustificato dal premier, durante i lavori del Sejm, citando l’esperienza americana del 1975. Infatti, secondo Morawiecki gli americani hanno perso la guerra del Vietnam a causa dei media che hanno seguito lo scontro, rifiutandosi di conformarsi al “messaggio giusto”. La Polonia è un “processo storico in atto”, e come tale dev’essere affrontato.

Senatore Pagano, l’Italia è il secondo partner commerciale della Polonia in Ue. Parliamo di un interscambio equivalente a 24 miliardi. E le aziende italiane impiegano oltre 100 mila persone nel Paese. Come, secondo lei, è possibile potenziare la cooperazione italo-polacca e perché è così importante?

I dati che lei ha citato mostrano chiaramente che non soltanto le grandi aziende, ma le PMI italiane guardano da almeno un paio di decenni al mercato polacco con grande interesse per una manodopera sufficientemente qualificata, un sistema fiscale favorevole e un clima imprenditoriale che favorisce gli investimenti esteri. Tenga conto che in Polonia lavorano oggi quasi 400mila addetto nel settore finanziario, le maggiori multinazionali sono presenti in maniera massiccia, attirano anche moltissimi giovani italiani che si distribuiscono anche in società di consulenza internazionali facendosi le ossa e arricchendo il proprio Cv professionale.

Non le nascondo che oggi ci sono alcune difficoltà in più che si sostanziano in problemi nel reperire la manodopera, un’inflazione che tocca oltre il 7% e alcuni provvedimenti legislativi recenti che penalizzeranno la classe media. Comunque la Polonia ha i fondamentali economici in ordine, crescerà intorno al 3.5 % quest’anno e esiste una nuova generazione di piccoli e medi imprenditori che autorizzano a ottimismo anche nel medio periodo.

L’UE tenta di contenere la crisi migratoria evitando sanzioni contro Varsavia e finanziandola con 100 milioni di euro per la protezione delle sue frontiere. Ma nelle settimane precedenti, Ylva Johansson, la commissaria Ue agli Affari interni, ha dichiarato che la Polonia dovrebbe consentire a Frontex (l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera) di proteggere le frontiere esterne, prendendo esempio dalla Lituania che ha accolto il sostegno delle agenzie Ue, Europol ed Easo. Perché Varsavia rifiuta?

Il governo polacco ritiene di poter gestire da solo la crisi migratoria, ha adottato lo Stato di Emergenza che scade tra pochi giorni e in qualche modo vuole mantenersi le mani libere in una situazione senza precedenti. Ci sono, è vero, interessi politici in gioco , ma è anche vero che si vuole evitare il “pull factor” che si creerebbe qualora si decidesse di aprire le frontiere indiscriminatamente sotto la pressione dell’opinione pubblica internazionale e di Frontex che come noto ha un ruolo importante nella crisi migratoria nel Mediteranno centrale. In ogni caso ritengo che una situazione come quella attuale difficilmente potrà essere gestita a lungo e l’esecutivo polacco potrebbe essere indotto a rivedere certe posizioni qualora la situazione si facesse insostenibile in termini di inermi vittime civili.

Putin condanna la controffensiva polacca ai danni dei migranti, sostenendo così il regime di Minsk e ostentando un’inedita attenzione verso la tutela dei diritti umani. E mentre Josep Borrell definisce una correlazione tra la crisi migratoria bielorussa e l’aumento delle truppe russe sul confine ucraino, Lukashenko promette una risposta immediata e senza sconti alle sanzioni Ue. Dietro la crisi vi è realmente una regia del Cremlino per destabilizzare gli equilibri dell’asse euro-atlantico? La Polonia è vittima o artefice?

Negare un legame diretto tra Lukashenko e Putin sarebbe come negare l’evidenza. Non vi è dubbio che la Polonia è vittima di un attacco premeditato e molto pericoloso anche per la tenuta delle proprie frontiere che sono, tra l’altro, le frontiere europee. Non casualmente l’Ue ha espresso la piena solidarietà a Varsavia con aiuti finanziari concreti e sanzionando ulteriormente il regime bielorusso.

L’opinione pubblica polacca è veramente molto attenta a quanto succede alla frontiere orientali e si è creato un sentimento collettivo di rifiuto di quanto qui è definito come un “attacco ibrido” che va respinto costi quel che costi. Lukashenko non deve preoccuparsi della propria opinione pubblica, in Polonia non è così. Non dimentichiamo, è ancora ben vivo il ricordo dei “tradimenti” storici e il concetto di sovranità è declinato senza troppi compromessi. Quanto a Putin, non è la prima volta che cerca di destabilizzare l’Ue e lo fa su tutti i fronti possibili con attacchi cibernetici, sconfinamenti aerei, provocazioni verbali etc etc.

Quale formula compromissoria stempererebbe l’astio tra Varsavia e le istituzioni Ue? Come può la Polonia custodire e adempiere al concetto di sovranità nazionale e al contempo partecipare al processo di integrazione nel tessuto democratico e liberale dell’Unione?

Non vi è dubbio che in questi ultimi mesi il governo polacco non ha mostrato grande volontà di compromesso, ma ricordiamo che la Cancelliera Merkel, il Presidente francese Macron e illustri esponenti dell’intellighenzia francese hanno espresso perplessità sul mantenere un atteggiamento troppo rigido nei confronti di un Paese assolutamente cruciale per il futuro dell’Europa.

Ci sono già state in passato “contestazioni” tedesche e francesi rispetto a certe valutazioni della Corte Europea di Giustizia e forse anche i toni a Bruxelles andrebbero un po’ smussati nei confronti di Varsavia. Detto questo lo Stato di Diritto e la separazione dei poteri rimangono valori fondanti dell’Ue sui quali non si può trattare troppo. Occorre che il governo polacco mandi un messaggio conciliante dopo la recente sentenza molto controversa della Corte Costituzionale, altrimenti vedo difficile un dialogo fattivo.

Morawiecki si trova in una posizione scomoda. Il guardasigilli Ziobro deve dar conto alle pulsioni utraconservatrici del proprio elettorato, Kaczyński non può consentirsi di perdere un alleato strategico, soprattutto in vista delle elezioni. Lo Strajk Kobiet è una storia tutt’altro che archiviata. Izabela Sajnor, 30 anni, è morta in un ospedale della città di Pszczyna. Era alla 22^ settimana di gravidanza quando viene ricoverata per la perdita del liquido amniotico. Ma i medici, invece di effettuare un’interruzione terapeutica della gravidanza per evitare il pericolo di infezione, decidono di aspettare che il feto (malformato) muoia da solo, provocando anche il decesso della madre. È giusto far morire una donna per rispettare l’estremismo anti-abortista? Non collide con l’immagine di una Polonia moderna (dal punto di vista economico e infrastrutturale), a suo agio nel modello occidentale?

Vede, la morte di Isabela è un capitolo molto doloroso di un percorso verso la restrizione progressiva delle fattispecie che autorizzano la procedura dell’aborto. Questo ha fatto in modo che i medici abbiano paura di intervenire per paura di procedimenti giudiziari contro di loro. L’equilibrio legislativo che esisteva dal 1993 è stato spezzato dalla sentenza del Tribunale Costituzionale che ha creato grande sconcerto nella popolazione polacca causando dimostrazioni oceaniche. Occorrerebbe ripristinare ciò che è stato a lungo un compromesso accettabile. La modernità, come la chiama lei, non è soltanto patrimonio esclusivo dell’Occidente e comunque si declina in molti modi e si raggiunge in tempi diversi a seconda delle situazioni locali. Diamo tempo alla Polonia dove esiste una società vibrante e progressista accanto a un mondo più tradizionale e questi convivono non senza tensioni.

L’Italia e la Polonia sono legate da trame storico-culturali remote. Sembra che il continuo ritrovarsi, nei vari cicli temporali, non sia solo dettato dal caso. Concretamente, cosa proporrebbe per rendere tale rapporto organico e funzionale alla crescita di entrambi? Non solo in termini economici.

Dal mio punto di vista l’Italia deve guardare alla Polonia come un alleato fondamentale per gli interessi economici in gioco e perché geopoliticamente due Paesi di dimensioni medio-grandi possono insieme esercitare un ruolo rilevante e imprescindibile negli equilibri dell’UE nei prossimi decenni. Il dialogo è nell’interesse di entrambi, non bisogna guardare soltanto alle situazioni contingenti, ma proiettare lo sguardo nel medio periodo.

Concretamente occorrerebbe rimettere in piedi i summit intergovernativi per passare in rassegna sistematicamente gli interessi esistenti e, semmai, anche discutere serenamente sui punti di disaccordo. Ciò avviene tra Varsavia e Berlino, Varsavia e Parigi e tra i polacchi e altri Paesi dell’Europa centro-orientale. Occorre lasciare da parte pregiudizi dannosi, mantenendo il punto su valori essenziali come lo stato di diritto, ma continuando a dialogare, difendendo e rafforzando le proprie rilevanti posizioni guadagnate con decenni di sforzi .



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