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Più aperti per essere più segreti. Il “C” Moore racconta i servizi inglesi

Quattro priorità: Cina (con “trappole del debito e dei dati”), Russia, Iran e terrorismo. E l’importanza di humint (human intelligence) e collaborazione tecnologica. Il primo discorso pubblico del capo dell’MI6

A inizio Novecento Sir George Mansfield Smith-Cumming, primo direttore dei servizi segreti britannici per l’estero, era solito firmare i documenti dell’intelligence di Sua Maestà con una “C” verde. Da allora la “C”, che stava per Cumming ma oggi sta per chief, cioè capo, è la firma del direttore di quello che oggi è il Secret Intelligence Service (Sis), anche noto come MI6.

E così Richard Moore, che dall’ottobre dell’anno scorso è il direttore del Sis, ha scelto per le sue prime uscite pubbliche una cravatta verde, il colore che conferma a chiunque lavori per l’intelligence britannica che un testo è stato scritto da lui. “Vale anche per i testi scritti al computer”, ha spiegato. Prima un’intervista al popolare programma Today della BBC Radio 4. Poi il primo discorso pubblico all’International Institute for Strategic Studies, uno dei più importanti think tank al mondo che ha sede a Londra, dal titolo “Human Intelligence in a Digital Age”.

“Abbiamo fatto molta strada, dagli anni Ottanta, quando sono entrato per la prima volta nell’MI6, e l’identità di ‘C’ era ancora un segreto”, ha spiegato al centro studi. “Ma è ancora insolito che il titolare di questo ufficio tenga discorsi pubblici. Questo è qualcosa che voglio cambiare, con giudizio, per due motivi”, ha continuato. Primo: “È una parte importante del modo in cui ci riteniamo responsabili, all’interno di una democrazia, di come manteniamo il sostegno pubblico per quello che facciamo, e – spero – di come ispiriamo le persone a voler venire e unirsi a noi”. Secondo: “La natura mutevole delle minacce che affrontiamo richiede un maggior grado di apertura da parte di una moderna agenzia di intelligence. C’è un paradosso in gioco qui (…): per rimanere segreti, dovremo diventare più aperti”. E forse anche per questo ha scelto di presentarsi al popolare programma radiofonico Today.

LE QUATTRO PRIORITÀ

“Nei miei 34 anni nell’MI6”, ha detto, “c’è stato un cambiamento straordinario del contesto strategico”. “Ci sono elementi di continuità: Russia, Cina e Iran, per esempio, sono stati a lungo tre di quelle che potrei informalmente chiamare le ‘quattro grandi’ priorità all’interno della comunità dell’intelligence. La quarta è la minaccia del terrorismo internazionale”. Che cos’è cambiato? “Affrontiamo sfide transnazionali, dal cambiamento climatico alle pandemie, che creano un livello completamente nuovo di bisogno di cooperazione globale. Dobbiamo cooperare su questi temi anche quando siamo in forte competizione altrove”, ha spiegato Moore.

LA SFIDA CINESE…

“Adattarsi a un mondo influenzato dall’ascesa della Cina è la singola priorità più grande per l’MI6”, ha detto Moore. Per questo, “stiamo approfondendo la nostra comprensione della Cina in tutta la comunità di intelligence del Regno Unito, e ampliando le opzioni disponibili per il governo nella gestione delle sfide sistemiche che essa pone”. Non è un caso che pochi giorni fa il Gchq, il quartier generale della signal intelligence britannica, abbia deciso di reclutare nuovi agenti che conoscano il mandarino ma anche la cultura cinese.

Il commercio, gli investimenti, i legami culturali e le sfide transnazionali del cambiamento climatico e della biodiversità: queste le “molte aree” con cui il Regno Unito “può cooperare” con la Cina. Ma “resta il fatto” che si tratta di “uno Stato autoritario, con valori diversi dai nostri”, ha avvertito sottolineando che “i servizi segreti cinesi sono altamente capaci” e lavorano anche “sulla diaspora cinese”.

Alla BBC, Moore ha messo in guardia dalle “trappole del debito e dei dati” della Cina. Pechino, ha spiegato, sta “cercando di usare l’influenza attraverso le sue politiche economiche per cercare a volte, credo, di mettere le persone in difficoltà”. Che cos’è la “trappola dei dati”? “Se permetti a un altro Paese di ottenere l’accesso a dati veramente critici sulla tua società, nel tempo questo eroderà la tua sovranità, non avrai più il controllo su quei dati”.

… QUELLA RUSSA…

“Mio padre è stato inviato a Mosca negli anni Sessanta e i miei primi ricordi riguardano la Russia”, ha raccontato all’IISS (di minaccia “acuta” da Mosca ha parlato alla BBC). “L’attuale difficile rapporto con la Russia non è quello che il Regno Unito vuole. Ma faremo tutto il necessario per mantenere il nostro Paese al sicuro e per dissuadere e difendere contro l’intero spettro di minacce che Mosca pone”. Come? Con una linea dura che veda anche “alleati e partner” impegnati per “resistere e scoraggiare l’attività russa che contravviene al sistema internazionale basato sulle regole”. Perché “nessun Paese, in Europa o altrove, dovrebbe essere sedotto nel pensare che concessioni sbilanciate alla Russia portino un comportamento migliore”.

… QUELLA IRANIANA…

“Dalla rivoluzione islamica del 1979, la leadership iraniana ha abbracciato una dottrina esplicita di conflitto sia con Israele sia con l’Occidente”, ha spiegato sottolineando le attività in Libano tramite Hezbollah, in Siria, in Yemen e nel Golfo, ma anche le capacità cibernetiche utilizzate “contro i suoi rivali regionali, nonché contro Paesi in Europa e Nord America”. Poi ha aggiunto: “Ci sono molti paralleli con la sfida posta dalla Russia, e non è una coincidenza che i due Paesi abbiano fatto fronte comune in Siria”.

… E QUELLA TERRORISTICA

Quarta e ultima della “grandi quattro” sfide è il terrorismo internazionale. Il contrasto oggi “è più difficile in un mondo più frammentato, con conflitti interni in aumento, alcuni stati che regrediscono nello sviluppo economico a causa del conflitto, e la diffusione di tecnologie che rende più facile per i terroristi nascondere la loro pianificazione”. Grande attenzione su Al Qaeda, Daesh e i loro affiliati, e su regioni come Medio Oriente, Sahel, Africa subsahariana e Corno d’Africa.

NELL’ERA TECNOLOGICA…

“A differenza di Q nei film di [James Bond], non possiamo fare tutto da soli”, ha spiegato Moore riferendosi all’era digitale. Eccolo, il paradosso: “Dobbiamo diventare più aperti, per rimanere segreti”. E così ha sottolineato l’importanza del National Security Strategic Investment Fund, simile allo statunitense In-Q-Tel: “Stiamo aprendo i problemi della nostra missione a coloro che hanno talento in organizzazioni che normalmente non lavorerebbero con la sicurezza nazionale”. Perché “i nostri avversari stanno investendo denaro e ambizione nel padroneggiare l’intelligenza artificiale, il calcolo quantistico e la biologia di sintesi, visto che sanno che padroneggiare queste tecnologie darà loro un vantaggio”.

… MA CON LA HUM-INT SEMPRE AL CENTRO

Al centro della missione di Moore rimangono le relazioni umane, “l’MI6 è l’agenzia britannica di human intelligence all’estero”, ha spiegato. Anche nell’era digitale, dove, come ha raccontato recentemente il Wall Street Journal, le spie devono affrontare nuovi ostacoli digitali che sono cifre della vita moderna: “Telecamere di sorveglianza onnipresenti e controlli biometrici alle frontiere, per non parlare di smartphone, orologi e automobili che costantemente segnalano la loro posizione. Poi c’è la ‘polvere digitale’, la traccia personale che quasi tutti lasciano su internet”.

“Ecco come l’MI6 si sta adattando per rispondere alle sfide e alle opportunità della nostra epoca: espandendo ulteriormente le nostre relazioni e reti umane, investendo nel nostro personale e nelle nostre capacità, e aprendosi a nuove partnership – nell’arena tecnologica e con i governi – per fare causa comune sulle più grandi sfide globali del nostro tempo”. Il Regno Unito, ha continuato fiducioso, è “una nazione creativa e innovativa con un immenso soft power derivato dai nostri valori, dalla nostra storia e dalla nostra cultura”.

In questo senso con il suo primo discorso pubblico, Moore sembra aver raccolto il testimone dal predecessore, Sir Alex Younger, che in un raro discorso del 2018 all’Università di St. Andrews, dove aveva studiato da ragazzo, aveva parlato così della “quarta generazione di spionaggio”: “Anche in un’era di intelligenza artificiale, c’è bisogno dell’intelligenza umana, di fatti diventerà ancora più importante in un mondo più complesso”. La quarta rivoluzione industriale, aveva detto, “richiede una quarta generazione di spionaggio: fondere le nostre tradizionali competenze umane con un’innovazione accelerata, nuove partnership e una mentalità che mobilita la diversità e dà potere ai giovani”.

D’altronde, come ha ricordato Alfredo Mantici, ex capo del dipartimento Analisi strategica del Sisde, oggi presidente di Humint Consulting, ospite della prima puntata di 00Podcast (una produzione Formiche.net in collaborazione con Intesa Sanpaolo), quando viene nominato, il nuovo direttore fa un lungo affiancamento al predecessore. 

(Foto: IISS, Twitter)



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