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Sovranisti al bivio, tra sicurezza e libertà. L’analisi di Ceri

Di Paolo Ceri

Prima del Covid-19 a fondamento ideologico-strategico delle forze sovraniste, al governo e non, era posto il primato della sicurezza; con la diffusione del coronavirus essa è stata sostituita con il primato della libertà. Il cambiamento, per certi versi un capovolgimento, si spiega con il diverso peso e significato assunto dal sentimento della paura. L’analisi di Paolo Ceri, ordinario di Sociologia all’Università di Firenze

Apostrofati sulla frattura in corso ai vertici del partito, politici, amministratori e opinionisti della Lega comprensibilmente negano o minimizzano. Tensioni e divisioni sono però tanto evidenti da essere ampiamente scandagliate e discusse riguardo agli sviluppi terminali della legislatura, in particolare per la tenuta del governo in carica, per l’elezione del Presidente della Repubblica, per la legge elettorale e relative elezioni politiche. Nondimeno, per capire natura e portata della frattura non basta guardare in avanti, osservando le dinamiche interne al partito e al sistema politico, così da prevederne e valutarne gli esiti alternativi; occorre anche volgere lo sguardo retrospettivamente con un’ottica meno evenemenziale. A essere in questione, infatti, non è soltanto una vicenda politica-elettorale, ma anche il futuro della politica sovranista, in Italia e in Europa. Sotto questo profilo è importante cogliere (qui in estrema sintesi) significato e implicazioni, politiche e culturali ancor prima che elettorali, di un cambiamento cruciale: il seguente.

Prima del Covid-19 a fondamento ideologico-strategico delle forze sovraniste, al governo e non, era posto il primato della sicurezza; con la diffusione del coronavirus essa è stata sostituita con il primato della libertà. Il cambiamento, per certi versi un capovolgimento, si spiega con il diverso peso e significato assunto dal sentimento della paura. Se prima la paura – verso gli immigrati, gli islamici, i diversi in genere – era in gran parte politicamente costruita, ora si tratta di una paura – quella d’essere contagiati da un virus potenzialmente mortale – che è espressione di un grave pericolo in atto, locale e globale. Accade così che ora la sicurezza, in primis la sicurezza sanitaria, si imponga a fondamento di qualsiasi strategia politica che voglia essere responsabile ed efficace, efficace perché responsabile. Per esserlo concretamente, questa deve basarsi sulla conoscenza scientifica e sulla cooperazione internazionale. Non potendo accettare queste condizioni – la prima perché impedisce la manipolazione, la seconda perché sconfessa alla radice il sovranismo – alle forze nazionaliste viene a mancare la “naturale” leva strategica. L’arma ideologica della sicurezza si rivela spuntata, essendo ora declinata in più forme – da quella anti-immigrazione, diventata secondaria, a quella sanitaria, divenuta primaria – e avendone perciò persa la presunta esclusività. Ne segue per i sovranisti la necessità, per un verso, di negare o almeno minimizzare la portata del pericolo sanitario e, per l’altro verso, di compensare o sostituire la sicurezza con una diversa, per essi inusitata, leva strategica: la libertà. A compensarla si adopreranno più di tutti i sovranisti al governo, come in Polonia e Ungheria, mentre tenderanno a sostituirla quanti si trovano all’opposizione, come il Rassemblement National in Francia, Vox in Spagna, Afd in Germania, Fratelli d’Italia e in parte la Lega nel nostro Paese.

Una volta scelta la leva libertaria, una volta impugnata impudentemente l’arma della libertà, i sovranisti sapranno come far proprie e politicizzare istanze, messaggi e simboli dei no vax, anche infiltrandone e strumentalizzandone siti e proteste di piazza. Infatti, niente è più facile per essi del rilanciare il tema della paura, facendo del “vaccino pericoloso”, non del virus, il motivo di una paura sostitutiva. Niente di più facile del denunciare le ordinanze sulle mascherine, sul distanziamento, sul lockdown, sul certificato sanitario, quali dispositivi dittatoriali intesi a restringere le libertà e reprimere il dissenso, così da fare delle autorità di governo e sanitarie un nemico sostitutivo. Niente di più facile, infine, che accusare lobbies e additare complotti per supplire all’inconsistenza di argomenti e prove addotte per negare il pericolo pandemico e rifiutare vaccino e misure sanitarie. Sono tutte operazioni che i sovranisti sanno adottare senza pari.

Giungere in piena situazione pandemica a opporre politicamente la “libertà” alla sicurezza sanitaria implica la disponibilità a pregiudicare la sicurezza, con l’inevitabile conseguenza di rendere evidente anche il carattere irresponsabile e illusorio di siffatta libertà. È un prezzo che soltanto governi autoritari possono assumere. Diversamente va per forze che non sono convintamente e compattamente sovraniste, ché si espongono a contraddizioni e tensioni assai critiche, in primis riguardo a due questioni collegate: il rapporto con le istituzioni europee e il rapporto col mondo delle imprese. Sono critiche soprattutto se allo sviluppo delle prime si dichiara di voler cooperare e se gli interessi del secondo si punta a rappresentare. Il caso della Lega è esemplare, in più acuito dal far parte della maggioranza che sostiene un governo di emergenza economico-sanitaria, com’è quello di Draghi. Accade così che le contraddizioni si annodino nel dilemma tra due alternative. L’una, sostenuta da Giancarlo Giorgetti, vice-segretario e ministro per lo sviluppo economico, orientata a far confluire i parlamentari europei nel Ppe, l’altra, promossa dal segretario Matteo Salvini, volta a costruire assieme ai partiti sovranisti Visegrad e assimilati “un grande gruppo, identitario, conservatore e di centrodestra”. Quale delle due alternative prevarrà, quale linea strategica scaturirà dall’assemblea programmatica in programma l’11 e 12 dicembre, molto dipenderà da come nel partito si continuerà a porre e affrontare, nella perdurante situazione pandemica, il rapporto tra sicurezza e “libertà”. La questione è di grande momento, in ragione delle prevedibili conseguenze delle due alternative: contribuire a consolidare il fronte europeista, la prima, di destabilizzare l’Europa, la seconda.

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