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Lo Spazio (stretto) tra Italia e Francia. Spagnulo legge il trattato del Quirinale

Conversazione con Marcello Spagnulo, presidente del Marscenter ed esperto aerospaziale, sullo Spazio nel Trattato del Quirinale. Non sembrano esserci grosse novità, se non un’accresciuta attenzione agli aspetti militari che interessano a Parigi. Sul fronte industriale molto dipenderà da come gli impegni verranno portati avanti in entrambi i Paesi. E se la Francia rilancia la cooperazione spaziale con gli Stati Uniti, per l’Italia si aprono nuove opportunità…

Cosa cambia per lo Spazio italiano dopo la firma del Trattato di cooperazione bilaterale rafforzata tra Italia e Francia? Lo abbiamo chiesto a Marcello Spagnulo, ingegnere aeronautico, presidente del Marscenter srl, esperto aerospaziale e autore del libro “Geopolitica dell’esplorazione spaziale” (edizioni Rubbettino, 2019), che abbiamo raggiunto per commentare l’ampia parte che il Trattato del Quirinale ha dedicato allo Spazio (qui un focus). Anche perché, oltre alla firma tra Emmanuel Macron e Mario Draghi, è arrivato anche un nuovo accordo bilaterale dedicato al segmento dei lanciatori, siglato dopo “tre mesi di intensi negoziati” da Vittorio Colao, che ha la delega del premier per il settore, e Bruno Le Maire, ministro francese dell’Economia. Il tutto mentre lo Spazio si pone al centro di diverse questioni internazionali, compresa la normalizzazione dei rapporti tra Parigi e Washington dopo le turbolenze provocate dall’Aukus.

Partiamo dal Trattato firmato venerdì scorso. Quale è il suo giudizio generale?

In verità, leggendo il documento si dovrebbe parlare di lettera di intenti più che di un trattato. Tuttavia, analizzando l’allegato, cioè il piano di lavoro, si evince come siano stati espressi dei vincoli, per quanto non imperativi, che impegnano i governi e i suoi enti preposti, a consultazioni che possono avere forma anche intensa. E ciò dipenderà dalla pressione che una delle parti eserciterà sull’altra. Ma vorrei sottolineare un aspetto: la stampa d’oltralpe non ha dato al trattato lo stesso risalto che i media italiani hanno invece fatto. Il giorno della firma, il 26 novembre, mi sembra che l’unico quotidiano che riportava la notizia fosse Le Monde che, in un occhiello laterale, rimandava poi un articolo a pagina 14 dal titolo eloquente “Macron et l’Italie, une relation en dents de scie” (Macron e l’Italia, una relazione sulle montagne russe). La cosa non mi stupisce, ma credo che una tale consapevolezza dovrebbe essere un po’ più diffusa nell’opinione pubblica italiana.

Lo Spazio ha un intero articolo dedicato all’interno del Trattato. È sintomo della rilevanza che il settore ha per i due Paesi?

Direi proprio di sì. Le industrie spaziali sono strettamente interconnesse: la Space Alliance esprime due joint-venture italo-francesi e l’industria dei lanciatori dipende dalle commesse di ArianeGroup, senza contare il fatto che il lanciatore Vega è commercializzato da Arianespace. Ovvio che Parigi abbia un forte interesse per istituzionalizzare ad ampio spettro una certa forma di controllo che già esercita sul piano industriale. Ma al di là di questo aspetto, che comunque è a mio avviso primario, c’è un punto su cui vorrei far riflettere.

Prego.

Sia nel corpo del Trattato che nel piano di lavoro ci sono diversi richiami allo sviluppo di collaborazioni, sia bilaterali che in ambito Ue, relativamente alla sicurezza e difesa. Sono esplicitati progetti come lo Space Traffic Management e quelli da sviluppare all’interno della cooperazione strutturata permanente (Pesco) o dell’Agenzia europea della Difesa (Eda), e ciò dà la misura di come lo Spazio stia diventando anche in Europa un settore sempre di più di interesse militare. E su questo credo che l’impulso francese sia quello di far crescere questa consapevolezza insieme a una progressiva integrazione, sotto l’egida di Parigi, delle capacità spaziali europee verso questa dimensione.

Cosa aggiunge il Trattato ai rapporti spaziali già esistenti?

Senza dubbio, aggiunge l’aspetto militare che sottolineavo sopra e che a mio avviso per Parigi è molto importante, ma anche per Roma, tengo a sottolineare. Oltre a ciò, non aggiunge molto di nuovo. Aspetti come consultazioni bilaterali regolari, gruppi di lavoro tematici, impegni a una promozione concordata di collaborazioni in ambito Esa/Ue sono cose che abbiamo sentito e letto già altre volte in vari documenti.

Perché dunque proprio lo Spazio ha trovato un rilievo così esplicito nel Trattato?

A mio avviso perché è parte di una strategia di contenimento. Provo a spiegarmi. Sin dal 2020 il ministro dell’Economia francese Bruno Le Maire aveva definito indispensabile un avvicinamento industriale tra le aziende europee dei lanciatori a fronte della concorrenza internazionale. Ciò era dovuto a dei chiari segnali che venivano da Berlino: nel 2019 per la prima volta nella storia dell’Esa, la Germania è diventata il primo Paese contributore dell’ente spaziale e in seguito esponenti politici e industriali tedeschi hanno lanciato il progetto di uno spazioporto sulla costa settentrionale del paese per avere un accesso indipendente allo spazio finanziando nel contempo lo sviluppo di piccoli veicoli di lancio di nuova concezione. Per Parigi il rischio di frammentazione della politica industriale spaziale europea è un pericolo da scongiurare, e quindi nella sua strategia di contenimento è importante un forte avvicinamento con l’Italia.

A proposito di lanciatori (a cui è dedicato anche il nuovo accordo specifico): l’Europa reggerà la competizione internazionale (di SpaceX soprattutto)?

A mio avviso il discorso è complesso in quanto l’Europa, sui lanciatori, non regge la competizione internazionale già da vent’anni e dopo l’arrivo di SpaceX la situazione è solo peggiorata. Se poi vediamo che lo stesso ministro francese Le Maire dichiari fuori mercato il nuovo lanciatore Ariane 6 prima ancora che quest’ultimo sia decollato per il suo volo inaugurale, allora è chiaro che non stiamo parlando di competitività ma di sovranità tecnologica e di autonomia strategica. Concetti che per Parigi sono esiziali per ciò che concerne i lanciatori e i satelliti. Al punto che l’Ue, su impulso del Commissario francese Thierry Breton, vuole sviluppare una costellazione satellitare di grandi dimensioni anche per sostenere l’industria europea dei satelliti e dei lanciatori indipendentemente da quanta parte di mercato commerciale questa riesca a conquistare nel mondo.

C’è il rischio di appiattire la politica spaziale italiana su quella francese?

In un certo qual modo sì, ma non è una novità. Da quando è stata fondata l’Esa nel 1975 l’Italia ha sempre dovuto confrontarsi con tentativi esogeni di influenza per convergere su programmi eterodiretti, ma questo fa parte del gioco europeo e sarebbe da ipocriti stupirsi di questo. Ma alla fine poi il rischio di appiattimento non è legato tanto alla firma o meno di un Trattato quanto alle persone che mettono in atto le indicazioni in esso contenute. Se le persone si comportano nell’interesse del proprio Paese allora il rischio si riduce, in caso contrario si amplifica.

Tra l’altro, la Francia ha scelto lo Spazio tra i settori con cui ricucire con gli Stati Uniti dopo l’Aukus. L’Italia vanta con Washington un rapporto privilegiato in questo settore. Come leggere dunque le novità in questo triangolo?

Dopo l’incontro dello scorso novembre tra il presidente Macron e la vicepresidente degli Stati Uniti Kamala Harris, entrambe le nazioni hanno deciso di ampliare la cooperazione su questioni spaziali e di sicurezza cibernetica, impegnandosi in un “dialogo globale sullo spazio” – come riportato dal comunicato congiunto della Casa Bianca e dell’Eliseo – “accogliendo con favore l’espressione del presidente Macron dell’intenzione della Francia di aderire agli Artemis Accords”. Aggiungiamo che tutte e due le nazioni hanno costituito da anni delle Forze armate spaziali e nel 2020 la Francia (e la Germania) è diventata membro della CSpO (Combined Space Operations) Initiative, una collaborazione spaziale multilaterale, che supporta direttamente la missione operativa dello US Space Command. Direi che per l’Italia si offre più di un’opportunità in questo triangolo e avendo una rappresentanza permanente a Washington proprio per gli affari spaziali il momento è idoneo per pensare a posizionarsi in progettualità strategiche di interesse americano in grado di sostenere anche in Europa un ruolo di rilievo.



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