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Sturzo, a 150 anni mai così attuale. La riflessione di Chiapello

Di Giancarlo Chiapello

Sturzo è ancora attuale per la politica? Sì indubbiamente, ma solo a patto di non lasciarlo confinato nella duplice dimensione delle commemorazioni e dell’accademia. La riflessione di Giancarlo Chiapello, politico e saggista, tra i fondatori nel 2004 e segretario organizzativo nazionale del movimento laico di ispirazione cristiana Italia Popolare

Un anniversario importante per la cultura e la politica italiana, il 26 novembre 1871 nasceva a Caltagirone don Luigi Sturzo, colui che avrebbe fondato, attraverso l’Appello ai Liberi e Forti del 1919, il primo Partito Popolare Italiano. Un uomo di fede, uno studioso di enorme spessore, uno statista, questo tanto altro è stato Sturzo come i tanti studi e convegni che si sono succeduti negli anni hanno evidenziato.

Senza entrare, dunque nello studio storico, filologico, scientifico, fatto egregiamente, penso, però, serva porsi una domanda: Sturzo è ancora attuale per la politica? Sì indubbiamente, ma solo a patto di non lasciarlo confinato nella duplice dimensione delle commemorazioni e dell’accademia che, collegata alle prime si fa accademismo ad uso e consumo di politici ondivaghi che cercano, attraverso il richiamo a lui, perduti quarti di nobiltà.

Nella crisi che il sistema politico italiano attuale sta vivendo il pensiero e l’azione sturziana, fonte della tradizione popolare e democratico cristiana, rappresenta un ancoraggio importante per una ricostruzione che permetta di superare lo sconquasso che ha permesso a sovranismi e radical-progressismi di ammorbare tutto con la cifra, per entrambi, in un gioco da curve ultras, del populismo.

Questo è possibile ripartendo dal senso della storia che gli apparteneva profondamente, conscio che nulla nella società nasce da zero e, quando, invece, si tenta questa operazione di ingegneria dell’azzeramento, si possono fare solo pasticci: su questa base è necessario tornare all’idea, al pensiero, alla tradizione politica, perché essa possa farsi fatto occupandosi di nuovo della complessità sociale: qui sta anche il rapporto fede/politica con la prima non privatizzata e dunque nascosta ma radice evidente dell’impegno diretto, autenticamente laico.

Sturzo è attuale se lo si rimette dunque anche nell’agone politico, nella realtà, figura eminente di una identità, non “santino” da disumanizzare e rendere sempre più angelico: facendo ciò ci si ritrova, allora, dentro un filone di pensiero preciso che non può essere usato “a maglia bernarda, che più la tiri più s’allarga”. Attraverso la sua figura e la sua elaborazione politica diventa chiaro che il popolarismo, la migliore tradizione politica del cattolicesimo italiano, trova un senso anche per contrapposizione, cioè, un popolare non può essere di destra o di sinistra e sa che il suo centrismo non è equidistanza ma, nella sua integralità ideale, autonomia, aconfessionalità, è costitutivo del proprio stare nel campo della politica, non certo acquattato, secondo una recente e anti-popolare definizione, “sotto la politica”, organizzando le energie della società, che si ritrovano nei suoi gangli vivi da mettere in rete.

Il pensiero sturziano ha garantito la liberazione dello stesso clero da una sottomissione a partiti, notabili e camarille lontane dalla visione sociale cristiana ed ha determinato la stessa caratteristica della successiva Democrazia Cristiana, in continuità con esso nei tempi dati, che non fu solo quella di necessario argine anti-comunista ma di frangiflutti delle divisioni politiche che, impattando contro esso, così non entravano a dividere le comunità ecclesiali. Oggi, con la divisione velenosissima tra cattolici della morale e cattolici del sociale, assai poco evangelici, questa caratteristica non sarebbe assai necessaria se si ritrovasse coraggio di lottare piuttosto che limitarsi a trattare sempre e solo la limitazione dei danni entrando nello schema evidentemente fallito dei fronti contrapposti che si alimentano di odio e della reciproca esistenza in una spirale perversa in cui l’unico ruolo, alla fine, rimane quello da catto-consulenti dal tratto assai clericale?

Dunque Luigi Sturzo ha bisogno di essere riportato alla politica come risorsa preziosa e ai giovani per non rimanere impantanati nella mera nostalgia o nel tatticismo degli ex perché rappresenta una grande novità che permette di ritrovare battaglie fuori da impostazioni ideologiche mettendo al centro la libertà: penso, ad esempio, alla lotta contro la mafia che ho avuto modo di trattare nel mio ultimo libro, “Riarmo morale. Il popolarismo contro la cultura mafiosa”, che rappresenta una priorità dell’Italia e dell’Europa in fase di ripresa con l’arrivo di molti fondi sui territori in un tempo in cui la classe dirigente è assai poco formata, anche e forse, soprattutto, al nord dove l’infiltrazione delle organizzazioni mafiose è pesante e opprimente.

Ed è una delle tante priorità concrete, senza tacere quella fondamentale per ritornare a riconoscere il ruolo dei corpi intermedi, quello bistrattato delle autonomie locali, l’urgente necessità di ricostruire, in un tempo di astensionismo prevalente, rappresentanza attraverso una legge elettorale proporzionale e ad esse occorre riferirsi per abbandonare il mero politicismo, che poi è un astratto filosofare, che serve solo a mettere in mostra l’esercizio del metodo che punta all’inconsistenza di formule come moderatismo e riformismo. Sturzo è il primo padre nobile dei popolari che devono riorganizzarsi, riportandolo anche nel Partito Popolare Europeo, secondo un’amicizia cristiana che è tanto di più dal mettersi sul mercato politico disconoscendo pericolosamente gli stessi limiti della politica, ricordando con le sue parole che “I cattolici, come nucleo di uomini di un ideale e di una vitalità specifica, debbono proporsi il problema nazionale, che fra gli altri problemi involve in sintesi anche il religioso, ma non come una congregazione religiosa (…), né come partito clericale che difende i diritti storici della Chiesa, ma come una ragione di vita civile ispirata ai principi cristiani della morale pubblica, nella ragione sociologica, nello sviluppo del pensiero fecondatore, nel concreto della vita politica”.

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