Cresce la tensione nello Spazio. Il Consiglio Nord Atlantico ha oggi condannato formalmente la Russia per il test anti-satellite condotto lunedì. Nei quattro punti del comunicato si svela anche la contraddizione di Mosca, che invita all’uso pacifico delle orbite salvo poi sviluppare armamenti in grado di metterle in pericolo. Intanto, a monitorare la nube dei detriti prodotta c’è anche l’Italia, con il Comando operazioni spaziali della Difesa
“Sconsiderato e irresponsabile”. Così il Consiglio Nord Atlantico ha definito oggi, con formale condanna, il test missilistico anti-satellite condotto lunedì scorso dalla Russia. Il test ha generato un campo di detriti (debris) orbitali, “aumentando in modo significativo il rischio per i beni spaziali e la vita umana”. Le azioni russe, secondo il Consiglio Nato, dimostrano un “comportamento irresponsabile che mette in pericolo la sicurezza, gli interessi economici, scientifici e commerciali” di tutti gli attori del settore spaziale che utilizzano il nuovo dominio per scopi pacifici”. Di più: l’organo della Nato accusa la mancanza di coerenza russa, poiché il comportamento messo in atto contraddice le precedenti dichiarazioni che si opponevano alla “militarizzazione” dello spazio, “minando l’ordine internazionale basato sulle norme”, recita il comunicato.
LA VICENDA
Il 15 novembre la Federazione Russa ha svolto un test con un “missile anti-satellite ad ascesa diretta creando oltre 1.500 pezzi di detriti orbitali tracciabili e centinaia di migliaia di pezzi di detriti orbitali più piccoli che ora minacciano gli interessi di tutte le nazioni”, aveva dichiarato Ned Price, portavoce del dipartimento di Stato statunitense. Nel dettaglio, è stato colpito il satellite Cosmos 1408, non più in uso. Ciò ha provocato, tra l’altro, la procedura di emergenza “safe heaven” a bordo della Stazione spaziale internazionale (Iss), che ha costretto i sette astronauti presenti a spostarsi a bordo della capsule Soyuz e Dragon.
IL CONTRIBUTO ITALIANO
Ad attenzionare la nube di detriti prodotta c’è anche l’Italia. La Difesa ha fatto sapere che il Comando delle operazioni spaziali della Difesa (Cos), costituito a giugno del 2020, sta monitorando l’evoluzione della frammentazione del satellite russo. Il braccio operativo del Cos segue l’evoluzione della nube attraverso il Centro Space situational awareness (C-Ssa). “Le discendenti valutazioni operative sono finalizzate soprattutto ad evitare o mitigare i potenziali effetti della frammentazione sugli assetti spaziali della Difesa”, recita il comunicato. In questo ambito, l’Italia partecipa a diverse iniziative multilaterali con altri Paesi per fronteggiare “la problematica relativa alla proliferazione dei detriti spaziali, in aderenza all’uso consapevole e responsabile dello spazio”.
LO SPAZIO TRA SATELLITI E DETRITI
Lo spazio appare già un ambiente affollato e in cui entrano in campo diversi interessi e questioni da affrontare, compresa la gestione dei detriti e la militarizzazione dello spazio. Da quando, infatti, venne lanciato il primo satellite Sputnik 1 nel 1957, il numero continua a cresce esponenzialmente. Sono circa 4.300 i satelliti operativi intorno alla Terra, secondo i numeri dell’Esa. Mentre, il numero di detriti (debris) che possono misurare da un millimetro fino a oltre dieci centimetri si stima si aggiri intorno ai 130 milioni, a fronte degli 28.600 “debris” che si riescono a tracciare. Questi numeri non accennano a fermarsi, visti i progetti di mega-costellazioni già in piedi, tra cui il programma Starlink di SpaceX di Elon Musk, che ha l’obiettivo di rendere operativi più di 4.400 satelliti. “Le nubi di migliaia detriti potrebbero diventare in teoria nel prossimo futuro delle specie di “fasce di Van Allen”, non elettromagnetiche ma fisiche, dove di fatto non sarà sicuro orbitare e di conseguenza nessuno – in linea teorica – potrebbe stabilmente occupare”, evidenziava l’esperto Marcello Spagnulo in una recente intervista rilasciata a Formiche.net.
LA MILITARIZZAZIONE DELLE ORBITE
A ciò si aggiunge la crescente militarizzazione delle orbite. Fin dalla fine del secolo scorso, si sono iniziati a svolgere i primi studi per sviluppare capacità antisatellite (Asat) cinetiche, cioè che provochino la distruzione fisica dei satelliti. Questa via è “di sicuro la più evidente dal punto di vista dell’intimidazione e la più shoccante per l’opinione pubblica perché inonda l’orbita di migliaia di detriti”, aveva commentato Spagnulo. Al momento “soltanto” Usa, Cina e Russia stanno sviluppando questo tipo di armi spaziali. A loro si è di recente aggiunta l’India, effettuando un test di successo nel 2019, e si prevede che la corsa alle capacità di deterrenza spaziali non si fermerà. Nel prossimo futuro, ha concluso Spagnulo, potrebbe coinvolgere Paesi quali Giappone, Francia e Regno Unito.