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A Kabul c’è la Zaslon, la super unità d’intelligence che Mosca impiega per la sicurezza

Di Gabriele Carrer e Emanuele Rossi

Putin invia l’unità più forte dei servizi segreti russi per difendere i diplomatici e i russi in Afghanistan, evitare imbarazzi e crearsi spazi con i Talebani

Si chiama “Zaslon”, è un’unità super speciale del servizio segreto estero della Russia (Svr) che opera in condizioni di assoluta segretezza, è impiegata in contesti molto particolari e in questo momento potrebbe essere a Kabul. Il condizionale è d’obbligo perché della Zaslon – che in russo significa “schermo” – non si conoscono i dispiegamenti e più che informazioni si hanno deduzioni; d’altronde lo stesso vale per le unità speciali di altre intelligence, come la Global Response Staff della Cia e l’E-Squadron dell’Mi6.

In questi giorni in diversi osservatori affidabili ne hanno ipotizzato la presenza in Afghanistan, e addirittura ne sarebbero uscite foto sui social network.

Mark Galeotti, direttore di Mayak Intelligence e senior associate fellow del Royal United Services Institute, è uno dei massimi esperti del mondo dei servizi segreti russi e in passato ha analizzato il dispiegamento della Zaslon in Siria come supporto al dispiegamento militare russo a sostegno del regime: crede che sia normale che questa unità del Cremlino sia in Afghanistan.

“Una delle missioni principali della Zaslon è la sicurezza dei diplomatici e delle ambasciate in ambienti ad alto rischio, quindi sarei stato sorpreso se non fosse stata a Kabul. Non ci leggerei necessariamente qualcosa di più”, spiega Galeotti a Formiche.net.

Il ruolo di sicurezza attorno nella capitale afghana è necessario perché quella attualmente è la più pericolosa delle ambasciate russe nel mondo. Però Mosca vuole tenerla aperta per dimostrare di poter agire diplomaticamente e politicamente all’interno di contesti da cui l’Occidente si tiene alla larga (lo stesso fa la Cina, ed è parte di quello scontro tra modelli che caratterizza la totalità delle tematiche relative agli affari internazionali). Tre settimane fa, cinque operativi dell’Iskp (la filiale baghdadista attiva in Afghanistan) sono stati arrestati nei pressi dell’edificio russo: organizzavano un attentato.

Inoltre gli agenti speciali della Zaslon potrebbero essere in Afghanistan per promuovere un dialogo con i Talebani volto al massimo scambio di informazioni: la Russia ne ha necessità, per tenere sempre costantemente e minuziosamente monitorato un Paese da cui si muovono dinamiche – anche terroristiche – all’interno della propria sfera di influenze centro-asiatica.

Attività assolutamente plausibili (molto probabili), ma ipotetiche, perché la  Zaslon è raramente menzionata dal Cremlino, dal mondo accademico o dai media di Mosca. Nella maggior parte dei casi, è attivamente negata dalla leadership. Nel 2002, durante un’intervista, l’allora capo dell’Svr ha dichiarato che “il servizio segreto estero russo non è impostato oggi con compiti che richiederebbero le forze speciali menzionate. Ecco perché non le abbiamo”. Dissimulazione.

Nel 2014, il vice primo ministro russo Dmitry Rogozin pubblicò su Twitter una foto circondato da uomini il cui volto era stato oscurato: “Grazie agli ufficiali dell’unità Zaslon per aver garantito la sicurezza nel territorio del Libano e della Siria”. Il post è stato quasi immediatamente cancellato, ma non prima che alcuni acuti osservatori delle opensource lo avevano già salvato negli screenshot. In Siria il ruolo della Zaslon è stato evidente – se ne parlava già sei anni fa.

L’obiettivo per cui esiste è in parte evitare vicende come quella dell’ambasciatore Andrei Karlov, le immagini del cui assassinio in Turchia (opera di un turco che protestava per la presenza russa nel conflitto siriano) hanno fatto il giro del mondo, perché immortalate dal fotografo Burhan Ozbilici, che poi vinse il World Press Photo of the Year. “Lo avremmo protetto” disse quello che è stato identificato come un operatore della Zaslon alla Rosbalt, mandando un messaggio acido ad Ankara, accusata di non aver fatto abbastanza per difendere la feluca e di non aver permesso agli operatori russi di girare armati al suo seguito. Un caso Karlov in Afghanistan in questo momento sarebbe devastante.

Probabilmente parte del Settimo Dipartimento del Centro di Self Security dell’Svr, composta da non più di 300 uomini, attiva dal 1998, la Zaslon ha tante volte fornito sicurezza alle figure di alto livello del governo russo quando si muovono all’estero. Per farlo è evidente che gli operatori devono avere alte capacità sviluppate in complessi training, ma anche abilità nel costruire relazioni per evitare incidenti. Gli impieghi praticamente certi sono in Iraq nel 2003, poi in Siria – dove gestirono anche la sicurezza della famiglia Assad nei giorni in cui il rais rischiava di finire senza testa – e adesso è il turno dell’Afghanistan, dove Mosca è seriamente preoccupata della tenuta dei Talebani, perché intravede la possibilità che si crei uno scenario simile a quello che ha reso il conflitto siriano un terremoto che ha tettonizzato tante altre faglie.

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