Il 2 dicembre, a Roma, presso il Chiostro del Commendatore, è stata lanciata la V edizione del concorso “A fianco del coraggio”, iniziativa promossa dalla fondazione Roche e dedicata alle donne che convivono con una malattia oncologica e onco-ematologica. È stato poi premiato il vincitore della IV edizione
Il 2 dicembre, a Roma, presso il Chiostro del Commendatore, in Borgo S. Spirito, è stata lanciata la V edizione del concorso “A fianco del coraggio”, iniziativa promossa dalla fondazione Roche e dedicata alle donne che convivono con una malattia oncologica e onco-ematologica, è stato pure premiato il vincitore della IV edizione. Si è trattato di un evento che Formiche.net ha avuto l’occasione di seguire, incontrando i protagonisti di questa serata che ha visto la partecipazione di tanti ospiti di rilievo.
Angelo Tanese, direttore generale dell’ASL Roma 1, ha ricordato il ruolo che questo premio riveste in termini di sensibilizzazione e attenzione verso la grande battaglia che tante donne affrontano quotidianamente, con l’aiuto di medici e personale sanitario. Aiuto che però non è sufficiente, se manca quello della famiglia, dei compagni, degli amici.
Gianni Letta, per introdurre la serata, ha ripercorso la storia del luogo, l’ospedale di S. Spirito in Sassia, evidenziando una continuità storica, dall’epoca della sua costruzione ad oggi, che segnala come la sensibilità e la solidarietà siano tratti che caratterizzano il nostro Paese. Dimensioni essenziali di un’identità italiana ed europea che la fondazione Roche, nel premio “A fianco del coraggio”, custodisce e rilancia come missione, in modo assolutamente creativo e paradigmatico. Letta ha ricordato come la Roche abbia dato un contributo importantissimo alla società italiana anche nel periodo del Covid, e ha segnalato come la presenza del ministro Franceschini, che ha promosso il restauro del luogo nel quale si è svolto l’evento, rappresenti il segno concreto di una disposizione alla cura che diventa cultura, arte, cornice abitata e frequentata.
Il messaggio che il premio vuole dare – ha detto Gianni Letta – è che prendersi cura, con coraggio, con attenzione, con solidarietà, è ciò che ci fa raggiungere il traguardo della Speranza. Il primo e il più importante gradino della terapia”.
Le storie presentate al concorso, nella forma di un racconto tradotto poi in cortometraggio, sono state valutate da una giuria molto composita. Medici, esperti di cinema, giornalisti.
La cronista Angela Coarelli; il produttore Marco Berardi; il presidente dell’Aiom Saverio Cinieri; Marco Costa, direttore Mediaset; Sergio Del Prete, direttore dell’Anica Academy; il presidente dell’Anica, Francesco Rutelli; Elisabetta Iannelli, vice presidente dell’Aimac e segretario generale della Favo (federazione associazioni volontariato in oncologia), da poco nominata cavaliere della repubblica dal Presidente Mattarella; Giovanni Parapini, direttore Rai per il sociale; Enrico Vanzina, regista e presenza costante del premio; Emanuela Zoccaro, responsabile comunicazione dell’Ail (associazione italiana leucemie).
Tre le storie finaliste: “Il vero coraggio” di Umberto Truda; “Il cane Yago” di Attilio C. Pozzi; “Il trenino” di Alessio Secci.
Dopo la presentazione dei tre racconti finalisti, selezionati tra 58 partecipanti, a prendere la parola è stato Maurizio De Cicco, amministratore delegato di Roche Italia, che non ha nascosto la commozione suscitata dai tre cortometraggi, e ha ribadito che il tema della presenza, dell’accompagnamento, e della vicinanza è davvero l’origine della Speranza. De Cicco ha rintracciato un legame tra alcuni eventi significativi del passato, e la fondazione di Roche, dalla quale sono ormai trascorsi 125 anni. Un tempo nel quale questa grande famiglia ha perseguito la missione di rendere il mondo un luogo migliore, attraverso i suoi prodotti, le sue persone, le storie che scrive e che aiuta a scrivere (come quelle che hanno concorso al premio), perché la cultura diventi humus fertile per un progresso umano integrale, nel segno della cura e dell’attenzione verso chi si trova ad affrontare un percorso in salita.
Credo che la pandemia – ha detto De Cicco – sia stato un momento nel quale le aziende farmaceutiche come pure il pubblico hanno cambiato il loro modo di ragionare, scoprendo che da soli non si va da nessuna parte, ma è mettendosi a fianco, gli uni degli altri, che si costruisce il futuro e si conserva la speranza. Ci sono tre attori fondamentali per la speranza oggi: la scienza, i nuovi farmaci, e gli operatori sanitari. La missione di Roche e rendere sempre più solide queste tre dimensioni per le quali si può continuare, sempre meglio, a sperare.
Dopo l’intervento di De Cicco, il ministro della Cultura, Dario Franceschini, ha voluto esprimere un accorato e sentito ringraziamento a quanti sono intervenuti a vario titolo nella storia del premio, ricordando che tutti, sempre, abbiamo bisogno di buone storie. Storie che evochino il coraggio, in un’epoca che richiede coraggio di fronte a vecchi e nuove sfide, i cui esiti ci sono ancora in parte imprevedibili.
Il cinema riesce – ha detto Franceschini – a trasformare in emozione messaggi profondi e complessi come quelli del sostegno ai pazienti oncologici, e lo fa in un modo straordinario. Cinema, cura e cultura sono davvero indissolubili.
In qualità di presidente di giuria, Gianni Letta ha poi proceduto a premiare il vincitore (pur volendo premiare tutti e tre i finalisti, a suo dire). Il premio è andato al corto “Il cane Yago” di Attilio C. Pozzi. La storia di una famiglia con il loro animale domestico, che a causa della malattia della mamma si è trovata ad affrontare un’esperienza dolorosa, ma pure una grande occasione di crescita nell’amore e nell’empatia. Il papà (l’autore del racconto), ha immaginato questa storia dalla prospettiva di Yago, un compagno fedele che in una partecipazione assolutamente peculiare alla vicenda dei “suoi umani”, ha sentito con loro, sofferto con loro, e gioito con loro per ogni piccolo passo in avanti.
Dopo la premiazione Beatrice Lorenzin, Francesco Rutelli, Gianpaolo Letta (Amministratore Delegato di Medusa Film) hanno espresso ognuno un pensiero molto significativo.
Lorenzin ha voluto ricordare come sia fondamentale per un decisore conoscere le storie delle persone che stanno dietro ai numeri del cancro, e che eventi come questo sono un’occasione unica in tal senso. Nella cure alle malattie croniche – ha detto Lorenzin- a causa del Covid abbiamo fatto tanti passi indietro, che ci chiamano a ripensare radicalmente i processi di presa in carico e di accompagnamento dei pazienti. Non esiste solo il Covid, ma esiste per noi la responsabilità verso chi sta soffrendo e morendo per patologie che oggi è possibile superare, migliorando il Sistema sanitario.
Gianpaolo Letta ha ricordato le iniziative del suo gruppo per la sensibilizzazione sul tema, e ha affermato con forza che la vera condivisione passa per l’arte della comunicazione. Questa è la ragione che ha portato Medusa a sposare fin da subito l’iniziativa promossa da Roche.
Francesco Rutelli poi, ha sottolineato pure come nella città di Roma si trovino testimonianze di solidarietà e di capacità di cura (per i suoi ospedali storici e le iniziative millenarie che caratterizzano la città) che sono diventate riferimento e modello in tutto il mondo. Iniziando dall’ospedale di san Barts a Londra (che prende il nome proprio da san Bartolomeo all’Isola Tiberina), così chiamato da un pellegrino inglese dell’anno mille, che era stato curato a Roma a seguito di una malattia contratta durante il lungo viaggio verso il cuore della cristianità. Rutelli ha sottolineato come oggi solo un vero e profondo rinnovamento culturale, e la valorizzazione dei giovani creativi che un passaggio come questo non può non comportare, sia in grado di ristabilire un legame che raramente si riscontra: quello tra scienza, razionalità e narrazione. Anica Academy forma giovani talenti che sanno creare storie valide – ha detto Rutelli – parlando ai loro coetanei, per infondere in loro fiducia e speranza.
In ultima battuta è stata lanciata ufficialmente la V edizione del premio, che ha la peculiarità di essere orientata in modo importante ai giovani scrittori (21, per l’esattezza) di Anica, che saranno chiamati a conoscere di persona gli autori delle storie, riscrivendole insieme a loro, e coniugando così sensibilizzazione e formazione. Il premio si carica così di un ulteriore significato e si riafferma come luogo di crescita per tutto il Paese.