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Centrodestra, non ci allarghiamo. O sì? La bussola di Ocone

Oggi Matteo Renzi agisce sul terreno del centrodestra perché quello di sinistra gli è precluso. E su questo terreno agirà probabilmente, secondo molti, anche quando, fra un mese o poco più, si comincerà a votare il nuovo Presidente della Repubblica. Quindi il cosiddetto “centrodestra allargato” è nelle cose stesse. La rubrica di Corrado Ocone

Ormai è una abitudine vedere Italia Viva che vota con il centrodestra in aula o in commissione. Oppure vedere il centrodestra che fa addirittura da spalla al partito di Matteo Renzi, come è avvenuto ieri quando nella giunta per le immunità del Senato è passata una mozione di Forza Italia che chiede di presentare un ricorso alla Corte costituzionale conto i pm di Firenze che indagano sull’ex presidente del Consiglio. Mozione che ha messo nell’angolo Cinque Stelle e democratici, costretti a rifugiarsi in una astensione tecnica.

Ora, in politica certi comportamenti, indipendentemente da ogni (pur importante) questione di merito, hanno un significato simbolico, e non solo, molto forte. Le domande da porsi sono se, da parte di Renzi, sia tattica o strategia, se il fine che si vuol raggiungere sia contingente (e cioè legato all’elezione del Capo dello Stato) o strutturale. Il dato da cui partire per cercare di approssimarci ad una risposta è il sostanziale fallimento del progetto di Italia Viva. Il partito non è mai decollato in consensi come attestato da tutti i sondaggi e prima o poi, quando si voterà, questo si rifletterà in seggi parlamentari e in forza contrattuale.

Che alternativa ha Renzi in questa situazione? Cosa può inventarsi per ritrovare quel ruolo da protagonista nella politica italiana a cui per ambizione aspira? Quella di ritornare alla casa madre, cioè nel suo vecchio partito, è strada che gli è preclusa: sia perché l’uomo non è persona da harakiri, sia perché non ritornerebbe mai come seconda fila e da “perdente”, sia perché il Partito democratico è in questo momento in buona forma e la leadership di Enrico Letta si è coi mesi fortemente rinsaldata (anche grazie all’ottimo risultato ottenuto alle comunali per la sostanziale insipienza degli avversari nella scelta dei candidati e dei temi della campagna elettorale).

Ora, con Letta, che di Renzi è il più acerrimo (e direi “metafisico”) nemico, ogni intesa è impossibile. Tutta la partita del senatore toscano non può perciò non giocarsi al centro, o meglio in un’area che è proprio quella che alla destra italiana, oggi molto sbilanciata sull’asse radical-conservatore, serve per essere più simmetrica nella composizione interna delle forze e avere i numeri per governare. Certo, l’area di destra più “centrale” e moderata è sempre presidiata da Forza Italia, ma l’impressione è che, una volta uscito di scena (per elezione presidenziale o semplicemente per stanchezza fisica e morale) il Cavaliere, la pattuglia oggi ai suoi ordini imploderà. Con qualcuno pronto a trasmigrare nel Pd e altri a destra.

D’altronde, che con Forza Italia ci si trovi di fronte all’idealtipo del partito personale, è cosa risaputa e lo sappiamo un po’ tutti da tempo. Ovviamente, sarebbe più logico che fosse la Lega l’erede del partito di Berlusconi, e perciò l’idea di una federazione fra i due partiti aveva ed ha ancora un senso. Tuttavia, la logica della politica non è sempre quella comune o del buon senso e il progetto, anche tutto può accadere in futuro, per ora è fermo e arenato.

Comunque sia, oggi Renzi agisce in questo terreno proprio perché quello di sinistra gli è precluso. E su questo terreno agirà probabilmente, secondo molti, anche quando, fra un mese o poco più, si comincerà a votare il nuovo Presidente della Repubblica. Quindi il cosiddetto “centrodestra allargato” è nelle cose stesse. Anche perché di abbandonare il sistema maggioritario, come Giuseppe Conte e Nicola Zingaretti a suo tempo avevano ipotizzato, oggi non sembra proprio più aria.

Dicevamo del Presidente della Repubblica. È chiaro a tutti che le convergenze più o meno parallele di Renzi con la destra allarmino la sinistra in palese difficoltà perché senza numeri adeguati per imporre (come è quasi sempre accaduto in passato) un suo uomo. Che poi esse si concretizzano nella scelta di un fronte comune al momento del voto, è probabile, come dicevamo, ma, ad avviso di chi scrive, niente affatto sicuro. Di Renzi, come suol dirsi, non ci si può fidare (non lo diciamo ovviamente in senso morale), e quella odierna entente cordiale con la destra potrebbe essere anche semplicemente una tattica per alzare il prezzo a sinistra e per farla convergere su un nome che alla fine divida la destra e solo a lui, Renzi, convenga. Staremo a vedere.

Intanto un piccolo successo in vista di una possibile leadership del centro, il leader di Italia Viva lo ha forse già ottenuto: la pattuglia di Coraggio Italia si sta dividendo. In effetti, mentre Giovanni Toti ha accettato la proposta di Renzi di creare un gruppo unico al Senato fra le due forze politiche, l’altro leader dei “coraggiosi”, il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro, si è reso indisponibile. Come suol dirsi: chi ha più filo, tesserà.

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