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Radiografia della più conclamata crisi della democrazia. Scrive Paganini

Gli applausi a Mattarella non sono autentici, ma sottendono la conferma di Draghi a Palazzo Chigi. I movimenti politici sono incapaci di produrre un’alternativa e presentarsi ai cittadini con idee e proposte per risolvere i problemi della convivenza. Il Summit della Democrazia organizzato dagli Usa andrebbe tenuto in Italia dove la giovane Democrazia Liberale è in profonda crisi

Il Presidente Biden ha invitato capi di Governo e pensatori di ogni dove per discutere dello stato della Democrazia. La Cina non è tra gli invitati. L’Italia sì. Questo non significa che in Italia le cose per la Democrazia vadano benissimo. Basti pensare all’insistenza con cui il Presidente Mattarella riceve richieste di accettare un secondo mandato. Così, si confermerebbe anche il Primo Ministro Draghi. E si eviterebbero possibili – ma non obbligatorie – elezioni.

Pare che la volontà di alcuni ambienti influenti sia quella di spostare il voto il più lontano possibile. Temono infatti, il voto quale espressione della volontà dei cittadini. Oltretutto, nella consapevolezza di non poter presentare ai cittadini progetti politici seri e robusti.

Attualmente i movimenti politici sono incapaci di comprendere e interpretare il cambiamento e presentarsi ai cittadini con proposte per risolverne i problemi e soddisfarne i desideri. Senza idee non si possono affrontare le questioni cruciali della convivenza tra cittadini che riguardano l’allargamento delle Libertà e la crescita della prosperità. Non c’è futuro.

Il nostro Paese, infatti, si autoesclude dai grandi temi che riguardano l’umanità e il suo futuro. Resta concentrato sulla gestione del potere di piccole realtà parrocchiali.

Non abbiamo proposte sulla questione climatica e quindi della promozione della sostenibilità; non abbiamo avanzato idee sul futuro dei liberi rapporti civili nell’epoca dell’intelligenza artificiale, del lavoro e del welfare; fatichiamo a promuovere l’innovazione sociale, istituzionale e industriale; siamo lenti sui problemi dell’inclusione e dell’emancipazione; investiamo poco (intellettualmente, non solo finanziariamente) nella scuola e nel suo sviluppo (motore del senso critico e del metodo scientifico); siamo marginali sul fronte geopolitico. E siamo assenti dal dibattito che riguarda la crisi della Democrazia Liberale.

Grossa responsabilità per quest’apatia culturale va imputata alla così detta élite politica. Essa si limita a governare il potere maturato attraverso privilegi e monopoli. E cerca di colmare il vuoto di idee rincorrendo l’unica figura politica pragmatica di cui dispone. Altrettanta responsabilità va ricercata nel compiacente ambiente dei media e dei così detti intellettuali.

I primi sono interessati a confermare lo status quo, da cui derivano la propria sussistenza, avulsa dal loro scopo professionale senza né raccontare i fatti né stimolare un dibattito. I secondi, rimasti in pochi, si sono incancreniti nell’ideologia del passato facendosi fagocitare dalla voracità della politica priva di idee. Non è un caso, ma una conseguenza, che in Italia abbiamo il triste primato della bassa natalità a cui si accompagna la più alta media anagrafica.

Questa è la più conclamata crisi della Democrazia, che per abitudine viene chiamata Liberale, ma che di fatto oggi non lo è abbastanza e testimonia l’assenza pubblica di un pensiero Liberale. I Liberali non sono una minoranza. Non hanno coscienza politica.

Coloro che si definiscono liberali, in verità non lo sono. Essi hanno preferito aggrapparsi all’eletismo dell’Epistocrazia prima per governare solo in chiave di potere e dopo per annientare populismi, personalismi, anti europeismi, ecc, che quel potere mettevano in discussione.

Nel non saper riconoscere le difficoltà che derivano dal cambiamento connesso alla globalizzazione e alla tecnica (automazione e digitalizzazione), spesso legate ai propri comportamenti, i sedicenti Liberali, si sono scagliati contro chi esprimesse o osasse denunciare il malfunzionamento dei meccanismi della democrazia.

Questo atteggiamento è autenticamente opposto al metodo sperimentale a cui si affida il Liberalismo, e quindi al dubbio e alla critica. I presunti Liberali hanno rinunciato al conflitto critico della Democrazia Liberale per cercare la conferma di essere la soluzione e non il problema. Mentre sono loro il problema.

Le crisi non sono la fine, ma un momento di cambiamento necessario attraverso il quale le istituzioni umane si rinnovano per promuovere maggiore Libertà (al plurale). Nelle crisi non si cercano conferme omologandosi ai gruppi del passato, ma si avanzano proposte nuove, anche  se in apparenza  folli, che attraverso la sperimentazione, ci consentano di andare avanti.

Si applauda Mattarella. Si ringrazi Draghi. Si avanzino idee nuove. Le si presenti ai cittadini. Si discuta.


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