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Se il Fondo di coesione è un allarme rosso per il Pnrr

Di Zeno Zanardi

Del Fondo Sviluppo e Coesione (Fsc) per il periodo 2014-2020 sono stati spesi solo 4,2 miliardi su 47,5 impegnati. L’8,8%. Un segnale davvero preoccupante in vista del Piano nazionale di ripresa e resilienza, tanto che a Palazzo Chigi pensano di usare lo schema del Pnrr anche per il Fcs

A fronte di 47,5 miliardi di euro di risorse programmate, solamente 11 miliardi sono stati impegnati e ammontano solo a 4,2 miliardi gli euro effettivamente pagati. Questi numeri si riferiscono al Fondo Sviluppo e Coesione (Fsc) 2014-2020 e arrivano dal monitoraggio delle politiche di coesione della Ragioneria Generale dello Stato aggiornato al 31 agosto scorso. Brutta notizia.

Pessima anche se la leggiamo attraverso i rapporti percentuali: 23,24% il rapporto tra risorse impegnate e programmate e 8,88% quello tra risorse pagate e programmate. La preoccupazione poi sale se pensiamo che si tratta soprattutto di impegni di spesa degli enti territoriali, ossia quella programmazione economica utile a dare una risposta per il futuro anche alle aeree disagiate del nostro Paese.

E a Palazzo Chigi sono ben consapevoli che l’adagio contadino, “con il tempo e con la paglia maturano le nespole”, se applicato ai fondi europei rischia di far saltare il banco di prova del Pnrr molto prima del tempo. Perché a differenza delle nespole, i fondi non impegnati non maturano ma vanno in perenzione, ossia tornano al mittente.

Con buona pace di tutti coloro che sono impegnati alla ricerca di “patrioti” per il Quirinale (che ci vuoi mandare, una spia!?). Il tema è talmente sensibile che alla Presidenza del Consiglio si pensa di utilizzare lo schema tecnico-amministrativo messo a punto per il Pnrr come modello per spendere anche i fondi del Fsc.

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