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La giornata mondiale della lingua araba a Roma

Di Alessio Postiglione

Il gotha della rappresentanza italiana dei Paesi arabi in Italia all’Accademia d’Egitto anche per premiare i medici arabi e il loro contributo alla lotta anti Covid nel nostro Paese

Il gotha della rappresentanza italiana dei Paesi arabi in Italia ha presenziato ieri, all’Accademia d’Egitto di Roma, per celebrare la giornata mondiale della lingua araba e la giornata del migrante arabo. Due importanti occasioni di soft power per affermare la proiezione geopolitica di Paesi chiave del “Mediterraneo allargato”.

Istituzioni che, celebrando i tanti medici arabi che prestano servizio in Italia e il loro contributo alla lotta al Covid, puntano a inquadrare anche una questione sensibile di politica interna italiana ed europea, come le migrazioni, in una ottica di contributo positivo nello scambio di risorse umane fra Paesi, contro una certa declinazione sulla quale soprattutto alcuni partiti europei di destra hanno investito recentemente.

La serata si è aperta con i saluti del neo insediato ambasciatore d’Egitto, Alaa Roushdy, dei colleghi dell’Oman, Ahmed Salim Baomar e della Lega Araba, Enas Sayed Mekkawy.

I relatori hanno ricordato come la lingua araba sia oggi la lingua liturgica di 1,9 miliardi di musulmani e l’arabo standard la quinta lingua più parlata del mondo, raggiungendo il numero di 274 milioni di persone che la utilizzano tutti i giorni. La giornata cade infatti in prossimità del 18 dicembre, allorquando l’Unesco, nel 1973, dichiarò l’arabo una delle sei lingue ufficiali delle Nazioni Unite.

L’arabo, non soltanto è lingua liturgica, ma anche lingua letteraria, dal vasto patrimonio poetico, e lingua della scienza, attraverso la quale l’Europa, fra l’altro, ha avuto modo di costruire la sua identità di erede del mondo classico. Tutta la filosofia greca è nel Medioevo diventata oggetto di studio negli scriptorium europei, infatti, attraverso i testi arabi di Avicenna, Averroè, Ibn Khaldun, Costantino l’Africano e al-Khwarizmi e degli altri grandi filosofi in lingua araba di quel periodo, che si occupavano di neoplatonismo e aristotelismo.

Paradossalmente, mentre con i regni romano barbarici si abbandonava tale tradizione filosofica, come lo studioso Bernard Lewis ha scritto, “i governi islamici ereditarono le conoscenze e le competenze dell’antico Medio Oriente, della Grecia e della Persia, aggiungendovi importanti innovazioni prese dall’esterno, come ad esempio la produzione della carta importata dalla Cina e la numerazione decimale dall’India”. Fondamentale fu la traduzione in latino e giudaico-spagnolo dei testi scientifico-filosofici arabi, operata in Andalusia.

A tutt’oggi, il mondo arabo, parlando una lingua sovranazionale, vanta un’unicità persa dall’Europa, paragonabile a quando, da Roma a Londra, si poteva parlare il latino come lingua franca. In occasione dell’evento, è intervenuta la professoressa della Sapienza Valentina Bella Lanza che ha ricostruito la storia dell’arabistica a Roma, ricordando studiosi come Celestino Schiapparelli, Leone Caetani, Michelangelo Guidi, Carlo Alfonso Nallino, Giorgio Levi Della Vida. Gli ambasciatori presenti – quelli di: Somalia, Abdirahman Sheikh Issa; Tunisia, Moez Eddine Sinaoui; Yemen, Asmahan Al-Toqi; Libano, Mira Daher; Saudi Arabia, Faisal Bin Sattam Bin Abdulaziz; Libia, Omar Ali-Tarhouni; Emirati, Omar Obeid Al-Shamsi; Marocco, Youssef Balla; Kuwait, Azzam Mubarak Al-Sabah; Palestina, Abeer Odeh; Iraq, Safia Taled Al Souhail; Bahrain, Naser M.Y. Al Belooshi; Mauritania, Zeinab Ely Salem; Qatar, Khalid Al-Sada; affiancati dai Chargé d’affaire del Sudan, Mohamed Elmouataz J.E. Osman, e della Giordania, Mohamed Shabbar -, hanno infine premiato quei medici di origine araba, integrati in Italia e forieri di un importante contributo alla lotta al Covid, celebrando la storia della migrazione araba, dai tempi della rotta delle spezie e della via della seta.

Sono stati premiati il marocchino Naim Nasrollah, l’irachena Anwar Baban, il libanese Mohammad Zakaria e la tunisina Somaya Douar.
La serata ha incluso un concerto, per voce femminile, darabouka (tamburo) e oud (liuto) e una cena a base di piatti tradizionali dell’Egitto.

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