Si chiama Global gateway la strategia presentata da Bruxelles. La Commissione ammette pubblicamente che è un’alternativa a Pechino. Ma basteranno 300 miliardi pur con il coordinamento con l’amministrazione Biden?
Anche l’Unione europea ora lo dice esplicitamente. La strategia europea Global gateway è, come l’iniziata statunitense Build back better lanciata dal presidente Joe Biden durante il suo viaggio in Europa a giugno, un’alternativa alla Via della Seta cinese. Allo stesso modo le ha definite entrambe un alto funzionario del dipartimento di Stato americano prima dell’incontro tra la vicesegretaria Wendy Sherman e Stefano Sannino, segretario generale del Servizio europeo per l’azione esterna, ossia la macchina diplomatica dell’Unione europea, che rappresenta la seconda occasione di confronto ad alto livello all’interno del Dialogo Stati Uniti-Unione europea sulla Cina rilanciato a marzo dai capi delle diplomazie, Antony Blinken e Josep Borrell.
IL “BUON GOVERNO” EUROPEO
Bruxelles parla di colmare il divario con Pechino nel campo degli investimenti nel mondo. “I Paesi hanno fatto esperienza con gli investimenti cinesi, e hanno bisogno di offerte migliori e diverse”, ha spiegato Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, presentando il Global Gateway. “Sanno che siamo trasparenti, sanno che gli investimenti vanno di pari passo con il buon governo, sanno che non ci sono livelli di debito insostenibili che rimangono e sanno che concepiamo i progetti con i Paesi”, quindi “con le comunità locali”, ha continuato. “E portiamo con noi il settore privato, che in tal modo non esiste in Cina”, ha proseguito la presidente.
UN’ALTERNATIVA ALLA CINA
È una strategia europea per realizzare infrastrutture nel mondo, che “mira a realizzare collegamenti sostenibili e affidabili al servizio delle persone e del pianeta, creando le condizioni per potere affrontare le più pressanti sfide globali, dai cambiamenti climatici alla protezione dell’ambiente, dal miglioramento della sicurezza sanitaria al rafforzamento della competitività e delle catene di approvvigionamento globali”, si legge nei documenti ufficiali.
Ma von der Leyen ha usato in conferenza stampa la parola “alternativa”: Global gateway, ha detto, “quindi è una vera alternativa” e “quello che facciamo adesso permette di investire in maniera massiccia nelle nostre priorità”. Si tratta “un po’ di quello che abbiamo fatto a livello interno”, fornendo degli standard e accompagnando i passi con il Next Generation Eu, ha spiegato. “E ora abbiamo programmi di investimento a livello globale con lo stesso principio: i Paesi definiscono cosa è importante per loro come progetti, ma devono tenere conto anche le nostre priorità”, dalle infrastrutture che tengano in conto le esigenze climatiche fino a “una digitalizzazione centrata sull’essere umano”.
I DETTAGLI
L’iniziativa mobiliterà fino a 300 miliardi di euro di investimenti tra il 2021 e il 2027 a sostegno della ripresa globale, tenendo conto delle esigenze dei partner e degli interessi dell’Unione europea. L’esecutivo europeo ha specificato che, sulla base dell’approccio Team Europa, il Global Gateway riunirà l’Unione europea, gli Stati membri e le loro istituzioni finanziarie e di sviluppo, compresa la Banca europea per gli investimenti e la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, puntando a coinvolgere anche il settore privato al fine di mobilitare investimenti per un impatto di trasformazione. Le delegazioni europee in tutto il mondo, cooperando sul terreno con Team Europa, svolgeranno “un ruolo chiave nell’individuare e coordinare i progetti ‘Global gateway’ nei Paesi partner”, si legge nei documenti della Commissione.
I FONDI
II Fondo europeo per lo sviluppo sostenibile Plus (Efsd+), il braccio finanziario dello Strumento di vicinato, cooperazione allo sviluppo e cooperazione internazionale – Europa globale, metterà a disposizione fino a 135 miliardi di euro per investimenti garantiti destinati a progetti infrastrutturali tra il 2021 e il 2027. Fino a 18 miliardi di euro saranno messi a disposizione in forma di sovvenzioni provenienti dal bilancio dell’Ue, mentre le istituzioni finanziarie europee e le istituzioni europee per il finanziamento dello sviluppo hanno pianificato fino a 145 miliardi di euro in volumi di investimenti.
L’ASSE CON GLI USA
La Commissione ha spiegato che la strategia Global gateway e l’iniziativa statunitense Build back better world si rafforzeranno a vicenda proseguendo un impegno ribadito durate la Cop26 con un impegno comune ad affrontare la crisi climatica attraverso lo sviluppo di infrastrutture pulite, resilienti e coerenti con un futuro a zero emissioni nette. Inoltre, “la strategia ‘Gateway globale’ si basa sui risultati della strategia Ue-Asia in materia di connettività del 2018, sui partenariati per la connettività recentemente conclusi con Giappone e India nonché sui piani economici e di investimento per i Balcani occidentali, il partenariato orientale e il vicinato meridionale. È pienamente in linea con l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e con i suoi obiettivi di sviluppo sostenibile (Oss) nonché con l’accordo di Parigi”, ha concluso la Commissione nei suoi documenti.
BASTERANNO 300 MILIARDI?
“Pechino ha un chiaro vantaggio da first mover”, nota l’Ispi. Che aggiunge: “Consapevole di questo svantaggio, Bruxelles ha fondato i punti di forza della sua strategia sulle debolezze di quella cinese. La Belt and Road viene accusata di finanziare impianti fossili, senza rispettare gli standard internazionali e (soprattutto) mettendo i debitori a rischio di insolvenza”. Ecco perché il Global gateway “pone l’accento sulla sostenibilità ambientale ed economica. Per usare le parole di Ursula von der Leyen, l’obiettivo è creare ‘legami, non dipendenze’”. Il centro studi sottolinea poi che la strategia è “solo l’ultimo tassello di una svolta in corso nella politica estera europea, specie nei confronti della Cina, verso una maggiore assertività. Oggi Bruxelles sembra aver preso atto che il mondo è cambiato, e che lo scenario internazionale obbliga chi vuol essere ‘grande’ a offrire una propria alternativa”. Ne è una dimostrazione l’imminente strumento europeo che renderà più difficile vincere appalti internazionali alle aziende con sede in Paesi che non aprono a loro volta il settore ad aziende europee. “L’unico problema, a questo punto, è capire come fare il passo successivo: quello di presentarsi alla sfida globale con armi che non siano spuntate”, conclude l’Ispi pubblicando poi un grafico che mette a confronto gli investimenti cinesi (circa 500 miliardi già investiti e altri 1.700 previsti) e le “briciole” europee (i 300 miliardi previsti).