Il governo Draghi ha spinto sull’utilizzo dei poteri speciali per mettere al sicuro le aziende strategiche (soprattutto da acquisizioni cinesi). Ma la minaccia dei ricorsi incombe e l’esecutivo pensa di offrire risarcimenti. Ecco i casi al centro dell’attenzione
Il governo Draghi sta pensando di offrire risarcimenti alle aziende colpite dall’esercizio dei poteri speciali. Lo rivela l’agenzia Reuters, che cita due fonti dell’esecutivo italiano. Obiettivo: ridurre il rischio di contenziosi legali. La proposta, che deve ancora essere ultimata, è stata presentata dal ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti.
Dal 2012, da quando cioè la legge italiana prevede la possibilità per il governo di utilizzare i poteri speciali per bloccare o delimitare la cessione di un’azienda ritenuta strategica per il Paese in settori come per esempio le telecomunicazioni o l’energia, è stato posto il veto in cinque casi. Quattro di questi riguardavano offerte cinesi.
Il governo più attivo da questo punto di vista è senza dubbio quello guidato da Mario Draghi, in carica da soli dieci mesi, con tre stop all’attivo, tutti riguardanti operazioni “cinesi”: il primo, ad aprile, con il veto sull’acquisizione del 70% di un’azienda italiana specializzata nella produzione di chip, la Lpe di Baranzate, da parte della cinese Shenzen Invenland Holdings; il secondo, a ottobre, contro la vendita di Verisem, azienda romagnola di sementi per ortaggi, a Syngenta, primo gruppo agrochimico mondiale di proprietà dei cinesi di Sinochem; il terzo, a novembre, sulla joint-venture tra la cinese Zhejiang Jingsheng Mechanical, azienda produttrice di componenti di microchip, e il ramo di Hong Kong di Applied Materials, società americana leader nella produzione di software per i semiconduttori, finalizzata ad acquistare il ramo italiano della stessa Applied Materials.
“L’idea di offrire un risarcimento finanziario punta a limitare il ricorso ai tribunali e ad aiutare il governo a difendersi dalle accuse di privare gli azionisti dei loro diritti”, scrive Reuters citando le due fonti anonime.
Basti pensare che dopo l’altolà del governo, i vertici della Lpe avevano scritto all’esecutivo: “Ci permettiamo di portare alla vostra attenzione i sentimenti di profonda amarezza che il provvedimento ha provocato in noi sotto diversi profili”. Nella lettera si ricorda, scriveva il Corriere della Sera, “che l’azienda produce soltanto il reattore epitassiale, uno dei tanti impianti utilizzati nel ciclo di fabbricazione dei semiconduttori. Nulla di strategico né di legato alla difesa”. L’azienda aveva criticato il governo anche per via della sua forte dipendenza dal mercato cinese, la cui quota si attesa al 60% (quello italiano vale il 4%).
Lpe ha fatto ricorso al Tar, e la prima udienza è prevista per il luglio prossimo, ha detto una fonte, aggiungendo che Shenzhen Invenland Holdings si unirà al procedimento come parte cointeressata. E anche il caso Applied Materials potrebbe essere impugnato, ha aggiunto una terza fonte.
Sullo sfondo c’è la vicenda di Alpi Aviation. Sull’azienda friulana produttrice di droni e con rapporti con il ministro della Difesa il governo Draghi ha puntato i fari del Dipartimento per il coordinamento amministrativo, che è l’ufficio responsabile delle attività relative all’esercizio dei poteri speciali. Il tutto dopo dopo che l’azienda tre anni fa è passata, attraverso una società offshore, nelle mani di due società statuali cinesi con “modalità opache” secondo la Guardia di finanza.
Questo caso rappresenta una prima volta per l’Italia. Come già illustrato su Formiche.net, qualora constata la violazione dell’obbligo di notifica della cessione, si potrebbe immaginare l’avvio di un procedimento sanzionatorio che arriva fino alla nullità degli atti. Compresa la vendita che risale a oltre tre anni fa, quando Alpi Aviation fu valutata con un valore delle quote notevolmente rivalutato rispetto a quello nominale (90 volte superiore: 3.995.000 euro contro 45.000 euro).