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Il ruolo di Huawei nei programmi di sorveglianza cinese. Bomba del WaPo

Il giornale statunitense pubblica oltre 100 presentazioni PowerPoint, molte “confidenziali”, su come le tecnologie dell’azienda possono aiutare il governo a monitorare i dissidenti, gestire la rieducazione ideologica ma anche controllare i dipendenti. La società e Pechino negano tutto. Ma certe divergenze…

Si torna a parlare del ruolo di Huawei nei programmi cinesi per il controllo dei cittadini. Perché il governo di Pechino ha recentemente deciso un blocco sull’utilizzo di tecnologie emergenti come il riconoscimento facciale, ma per i privati, non per sé. Tutto nasce dalle pagine del Washington Post, che ha avuto accesso a oltre 100 presentazioni PowerPoint, molte delle quali contrassegnate come “confidenziali”: quei documenti suggeriscono che l’azienda abbia avuto in quelle politiche “un ruolo più ampio” di quanto “non abbia riconosciuto”. Huawei è stata bandita dagli Stati Uniti sotto l’amministrazione Trump con l’accusa di spionaggio per conto del governo di Pechino e Washington ha avviato da anni una campagna presso gli alleati affinché non si affidino alle tecnologie di questa società.

I DOCUMENTI

Le presentazioni, pubblicate su un sito web di Huawei prima che l’azienda le rimuovesse alla fine dell’anno scorso, spiegano come le tecnologie dell’azienda possono aiutare le autorità governative a, tra le altre cose, identificare gli individui sulla base della voce, monitorare soggetti politici di interesse e gestire la rieducazione ideologica e i programmi di lavoro per i prigionieri.

LE ATTIVITÀ

Le slide di Huawei fanno luce sul ruolo dell’azienda in cinque attività di sorveglianza in Cina: analisi delle registrazioni vocali, monitoraggio dei centri di detenzione, tracciamento di soggetti politici di interesse, sorveglianza della polizia nella regione dello Xinjiang e sorveglianza aziendale. In molte slide si fa riferimento al concetto di “sicurezza nazionale” cinese, ben diverso da quello occidentale, sotto cui Pechino fa rientrare, per esempio, il contrasto ai dissidenti politici e ad alcune comunità religiose ma anche la sua politica dura su Hong Kong e Taiwan.

IL “GENOCIDIO” DEGLI UIGURI

Molti dei programmi menzionati fanno riferimento allo Xinjiang, la regione snodo fondamentale della Via della Seta, in cui il governo cinese attua quello che gli Stati Uniti e altri governi occidentali hanno definito “genocidio” degli uiguri. Si ritiene che centinaia di migliaia di musulmani dello Xinjiang, molti dei quali uiguri, siano stati detenuti e tenuti in campi nella regione. La Cina ha anche sterilizzato forzatamente le donne uigure nel tentativo di abbassare i tassi di natalità, secondo l’Associated Press e uno studio del professor Adrian Zenz.

L’AZIENDA NEGA…

“Huawei non è a conoscenza dei progetti menzionati nell’articolo del Washington Post“, ha detto l’azienda in una dichiarazione. Ma “la divergenza” tra le smentite pubbliche su quanto Huawei sappia di come la sua tecnologia venga utilizzata dai clienti (tra cui il governo cinese) e queste presentazioni, si aggiunge alle datate preoccupazioni sulla mancanza di trasparenza del più grande fornitore di apparecchiature di telecomunicazione del mondo, scrive il giornale statunitense.

“I documenti citati nel rapporto del Washington Post sono stati elaborati e caricati su Huawei Cloud Marketplace da partner che hanno utilizzato template di Huawei”, spiega l’azienda. “Come altri app store tradizionali, Cloud Marketplace funge principalmente da piattaforma di scambio di informazioni per i suoi partner. Huawei carica, esamina e rimuove regolarmente i materiali in base ai feedback che riceviamo. Come tutti gli altri principali fornitori di servizi, Huawei fornisce servizi di piattaforma cloud conformi agli standard comuni del settore. Huawei non sviluppa né vende sistemi destinati a un gruppo specifico di persone e richiediamo ai nostri partner di rispettare tutte le leggi, i regolamenti e l’etica aziendale applicabili. La protezione della privacy è la nostra priorità assoluta e richiediamo che tutte le parti delle nostre attività siano conformi a tutte le leggi e i regolamenti applicabili nei paesi e nelle regioni in cui operiamo”.

… E LO FA ANCHE LA DIPLOMAZIA CINESE

“Huawei ha da tempo espresso pubblicamente la sua disponibilità a firmare un accordo no backdoor e a creare un centro di valutazione della sicurezza informatica in qualsiasi Paese per ricevere un controllo esterno”, ha dichiarato l’ambasciata cinese a Washington ribandendo la sua posizione: accuse infondate. E non è il primo caso in cui la diplomazia cinese prende le parti di Huawei, che si è sempre dichiarata autonoma rispetto al governo di Pechino. È accaduto anche in Italia.



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