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Lega, vista Washington. Tra Russia e Cina, i paletti di Zanni

Di Marco Zanni

Dalla minaccia militare cinese nel Pacifico alla polveriera con la Russia a Est fino alle ambizioni (non) europee della Turchia. Marco Zanni, presidente di Identità e Democrazia ed europarlamentare leghista, svela l’agenda di Esteri della Lega. E sugli Usa…

Il dialogo con gli Stati Uniti, nel quadro dell’alleanza atlantica, non rappresenta un unicum, ma è parte integrante di un proficuo scambio di esperienze, punti di vista, know-how e progetti che da qualche anno è strutturale per Lega e gruppo Id e che non conosce interruzioni, a prescindere da chiunque sia al governo a Roma, Bruxelles e Washington.

Con gli Usa condividiamo molti punti della visione geopolitico-economica globale, per questo motivo un confronto serrato e regolare nel tempo è fondamentale per entrambe le sponde dell’Atlantico, a maggior ragione guardando quello che accade al confine polacco, ucraino e nella regione indo-pacifica, dove la minaccia cinese ha raggiunto un livello d’allarme preoccupante.

Proprio in queste settimane, dove il fronte occidentale della Nato è argomento di conversazione politica e analisi quotidiane, ho avuto l’opportunità di approfondire il tema della cooperazione atlantica e le sfide presenti e future che attendono Stati Uniti, Europa e Italia con una visita a Washington Dc, in occasione del  Parliamentary Intelligence-Security Forum, interessante iniziativa di cooperazione che coinvolge esperti e parlamentari da tutto il mondo su temi di sicurezza e difesa, alla quale prendo parte da due anni grazie all’amicizia con il suo fondatore, il congressman Robert Pittenger.

Durante i miei colloqui al Congresso, al Dipartimento di Stato e con importanti think thank d’oltreoceano, ho ribadito che l’Alleanza Atlantica, per la Lega, è sempre stato uno strumento indispensabile e imprescindibile, frutto di una cooperazione di successo che diventa oggi ancora più decisiva, nelle sue potenziali evoluzioni e nella sua integrazione con aumentati sforzi a livello europeo in campo di difesa e sicurezza, che da tempo qualsiasi amministrazione americana chiede con forza.

La crisi odierna al confine orientale della Nato, con le minacce russe a Polonia e Ucraina, è stato l’argomento su cui si sono focalizzati gli incontri con i colleghi d’oltreoceano. E’ evidente a tutti che la crisi in Polonia non è solo l’ennesimo capitolo delle frizioni tra Varsavia e Mosca, ma una crisi sul limes orientale della Nato del tutto paragonabile a quella che coinvolge il Mediterraneo; spesso i confini Nato coincidono con i confini Ue e la guerra ibrida scatenata dal regime bielorusso con l’utilizzo degli immigrati non è che la fotocopia di azioni simili ripetutamente ordite dalle varie milizie libiche e dal regime di Erdogan.

Ho trovato una forte convergenza di intenzioni sulla necessità che, di fronte a queste minacce, oltre a un deciso chiarimento col partner turco, la Nato dovrebbe aumentare la sua assertività e la sua capacità di intervento stabilizzatore non solo sul confine orientale, ma in tutte le zone limitrofe dove l’attivismo di regimi non democratici minaccia la stabilità dei Paesi dell’Alleanza, come Mediterraneo, Nord Africa e Sahel.

Ho sottolineato che qualsiasi progetto di difesa europea non può essere alternativo e concorrente all’Alleanza, ma anzi dovrebbe essere uno strumento complementare che dota i Paesi europei di maggiori risorse per contribuire a questi nuovi obiettivi e a una migliore efficacia degli interventi Nato. Sul fronte Mediterraneo, di rilevanza non secondaria è la conferma che anche negli Stati Uniti ci sia la convinzione che sia necessario coinvolgere sempre più partner nordafricani come il Marocco nelle azioni di stabilizzazione Nato.

Durante gli incontri ho condiviso pienamente l’allarme Usa per le iniziative di espansionismo militare/paramilitare della Cina in Asia Centrale, minacciando Paesi liberi come Taiwan, India e in generale tutta l’area indo-pacifica. È bene ricordare che senza il pressing e il lavoro della Lega al governo, sarebbe passata sotto silenzio l’acquisizione da parte cinese di vitali asset italiani, che invece sono stati preservati.

Da qui i discorsi si sono focalizzati sull’area indo-pacifica, sulla quale gli Stati Uniti stanno progressivamente spostando la loro attenzione. Analizzando le incomprensioni suscitate dall’affaire-Aukus, con l’irritazione di Parigi, e da una fallimentare coordinazione sull’uscita dall’Afghanistan, ho condiviso pienamente l’angoscia dei paesi Asean e dell’Australia, che subiscono pressioni e ricatti di ogni genere da parte di Pechino.

Per questo ho sottolineato la necessità per l’Europa di appoggiare convintamente iniziative come Quad e Aukus, ribadendo tuttavia che crediamo che l’apporto più utile da parte nostra possa dispiegarsi più nel Mediterraneo che nell’Oceano Indiano. Dobbiamo ambire a un ruolo leader nel Mediterraneo per stabilizzare il Nord Africa, pacificare il Sahel, fermare le ondate di migrazione scatenate da jihaidisti e trafficanti di uomini e, appunto, frenare la colonizzazione cinese dell’Africa tramite la trappola del debito ed evitare che i porti del Mare Nostrum finiscano per diventare parte della famigerata “collana di perle” del regime comunista.

Tra i temi delicati relativi allo scacchiere geopolitico del Mediterraneo, uno snodo di interessanti discussioni è stata la Turchia. Argomento delicato, dato che il Paese formalmente appartiene alla Nato, ma che sotto l’egida di Erdogan ha sfidato e provocato più volte Paesi dell’Alleanza, Italia inclusa, spesso andando a braccetto con i russi. Non abbiamo pregiudizi, ma è evidente che le azioni di Ankara siano inaccettabili sotto ogni punto di vista e dobbiamo purtroppo affermare che a, causa delle posizioni assunte da Erdogan negli ultimi anni, la Turchia non può essere considerata un partner Nato, ed è ovviamente un candidato inammissibile per la Ue, oggi più che mai.

La Lega lo dice a gran voce da tempo, lo ribadisce oggi più che mai: la Turchia non è e non sarà mai Europa. E le continue provocazioni a Grecia, Italia e Israele, l’ambigua condotta in Libia, Siria e Azerbaigian, l’uso strumentale degli immigrati per ricattare la Ue non fanno che rafforzare l’incompatibilità tanto con l’Unione Europea quanto con l’Alleanza Atlantica. L’esclusione di Ankara dal forum delle democrazie convocata da Biden conferma la totale comunanza di vedute tra gli Stati Uniti e l’Italia su questo tema, che ho riscontrato pienamente anche al Congresso.

Il bilancio di questa quattro giorni a Washington Dc è stato positivo, non solo perché mi ha permesso di dare ulteriormente risalto al forte e inscindibile collocamento atlantico della Lega, ma anche perché mi ha permesso di osservare da vicino non solo le dinamiche statunitensi, il modo di pensare e di agire della scena politica d’oltreoceano, tanto diversa dal nostro e pertanto troppo spesso non compresa, soprattutto a livello di istituzioni europee.

Oggi, di fronte al moltiplicarsi delle minacce esterne e all’evoluzione degli strumenti utilizzati dai regimi per minare le basi della democrazia occidentale, diventa fondamentale, per tutte le forze politiche e per tutti i Paesi europei, comprendere che la stabilità dei nostri confini, la nostra sicurezza e la nostra prosperità possono essere garantite solamente attraverso un rafforzamento del legame atlantico e un impegno e una credibilità maggiore su questo fronte da parte dei partner europei, sia in termini di investimenti sia in termini di condivisione degli obiettivi geopolitici.

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