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La legge di Bilancio preoccupa i partner internazionali. Il paper degli economisti

Il Policy Brief firmato da Bastasin, Bini Smaghi, Meliciani, Messori, Micossi, Padoan e Toniolo lancia l’allarme su conti pubblici, inflazione e riforme strutturali: “I partner europei e gli investitori internazionali, presso i quali l’attuale presidente del consiglio gode di grande credibilità, sono preoccupati dell’evoluzione del quadro politico”

La legge di bilancio non è ancora alla firma del Presidente della Repubblica ed un gruppo di economisti (che non posso essere accusati di avere pregiudiziali personali o professionali nei confronti del Governo guidato dal loro collega Prof. Mario Draghi) prendono carta e penna e pubblicano, in italiano ed in inglese, un documento molto severo sulla normativa appena approvata.

Si tratta del Policy Brief 19/2021 della School of European Political Economy della Università Luiss datato 29 dicembre 2021 e firmato da Carlo Bastasin, Lorenzo Bini Smaghi, Valentina Meliciani, Marcello Messori, Stefano Micossi, Pier Carlo Padoan, Gianni Toniolo. Appartengono tutti alla vasta ortodossia neo-classica di cui si è nutrito Mario Draghi, anche se, per ragioni anche anagrafiche, molti di loro non sono stati, al pari del Presidente del Consiglio, allievi di Federico Caffè.

Anzi, se il documento venisse da quello che fu il Dipartimento di Politica Economica dell’Università La Sapienza di Roma (quello creato da Federico Caffè e successivamente animato da Nicola Acocella), sarebbe meno credibile perché – come è noto negli ambienti accademici romani – ci sono stati anni di screzi tra Draghi ed i suoi ex-colleghi della più antica Università della capitale.

Il documento esprime preoccupazioni nei confronti di una politica di bilancio che non sembra tenere adeguato conto di una possibile ripresa dell’inflazione che renderebbe molto difficile la gestione dell’elevato debito della pubblica amministrazione (giornalisticamente chiamato “debito pubblico”) rispetto al prodotto interno lordo.

Soffermiamoci sulle conclusioni. In esse si sottolinea che “l’Italia dovrà convivere nei prossimi mesi con la combinazione tra una politica di bilancio nazionale che prevede un aggiustamento molto graduale del saldo primario, in larga parte a causa del trascinamento di una spesa corrente sostenuta, e una politica monetaria che gradualmente si adegua al ritorno dell’inflazione su livelli più in linea con l’obiettivo di medio periodo”.

Si avverte che “i trade-off possono peggiorare per la persistente difficoltà nell’incrementare gli investimenti pubblici e nel mettere in atto le riforme strutturali necessarie per aumentare il tasso di crescita tendenziale dell’economia. Il pericolo è che si ripeta una situazione nella quale il tasso di crescita tendenziale dell’economia non sia sufficientemente robusto, rispetto agli interessi da pagare sul debito, per poter generare una riduzione endogena del debito, rendendo a quel punto necessario un più marcato aggiustamento della finanza pubblica. Pericolo che aumenterebbe se, come in passato, tale aggiustamento venisse effettuato non sulla spesa corrente, ma piuttosto dal lato della spesa in conto capitale, politicamente meno penalizzante”

Non manca un riferimento al quadro politico: “il contesto politico, con una maggioranza parlamentare molto eterogenea, che chiede risorse da distribuire ai suoi elettori e soprattutto con l’approssimarsi delle elezioni politiche, non appare incoraggiante”. Quindi, la critica centrale: “è comprensibile che i partner europei e gli investitori internazionali, presso i quali l’attuale presidente del consiglio gode di grande credibilità, siano preoccupati dell’evoluzione del quadro politico”.

E un suggerimento non richiesto: “sarebbe dunque molto utile se, nell’attuazione della legge di bilancio corrente e nella prospettiva di quella per il prossimo anno, venissero rafforzati i presidi di contenimento delle spese correnti, se possibile attraverso l’adozione fin dai prossimi mesi di un piano pluriennale di riduzione del debito pubblico, coerente con il mantenimento di un buon tasso di crescita, ma anche credibile negli impegni finanziari”. Si potrà farlo – pare essere la domanda implicita- con una guida del Governo differente da quella attuale?

“Il policy-mix conveniente per l’Italia prevede una disciplina di bilancio moderata, sostegno fiscale a livello centrale, e accomodamento monetario – un insieme di politiche che rischia di modificarsi in direzione a noi avversa con lo scadere della sospensione del Patto di Stabilità, la temporaneità di Nextgeneration-EU e la riduzione dell’accomodamento monetario da parte della Bce. Nel complesso, si può prevedere che, rispetto alle condizioni attuali, il differenziale tra il tasso di crescita e il costo d’interesse del debito pubblico tenderà a peggiorare nel tempo, rendendo più fragile la sostenibilità del debito italiano.

Il peggioramento nel coefficiente dinamico che mette in relazione tassi di crescita e tassi d’interesse riguarda gran parte delle economie avanzate, ma ha uno speciale effetto sull’Italia non solo per l’alto livello del suo debito pubblico, ma perché i titoli italiani vengono automaticamente interessati dal riaggiustamento dei portafogli degli investitori internazionali ogni volta che si modifica il rapporto tra crescita e livello dei tassi d’interesse. In considerazione della speciale fragilità italiana, l’impostazione di politica economica seguita dal Governo, finora poco concentrata sulla riduzione del debito pubblico, potrebbe diventare sempre più esposta ad eventuali tensioni che emergessero sui mercati finanziari per effetto dell’innalzamento del livello dei tassi d’interesse, già cominciato in alcune economie avanzate e destinato a manifestarsi nei prossimi mesi anche negli Stati Uniti”.

Infine, una proposta: “In vista di questo rischio, il Governo italiano dovrebbe impegnarsi ad agevolare la formazione a livello dell’euro area di un policy-mix appropriato della politica economica, cioè di un’opportuna combinazione di politiche di bilancio nazionali e della politica monetaria comune. A questo fine, sarebbe appropriato che l’esercizio di verifica dello stato di avanzamento delle riforme e degli investimenti del Pnrr venisse incorporato nel semestre europeo e reso permanente”.

Tutte proposte sensate, anzi ineccepibili. Tanto più che in questi ultimi giorni, lo spread tra i titoli di Stato italiani e quelli di riferimento (quelli del Governo federale tedesco) è aumentato e sembra voler crescere ancora.

Proprio oggi, il “morning brief” che The Economist serve agli abbonati quando prendono il caffè ha una pagina dedicata alla forte crescita dei prezzi dei generi alimentari, che non sono inclusi nelle statistiche della “core inflation” (inflazione di base), ma che pesano – eccome! – sulle aspettative. Draghi è andato in cattedra per un lavoro sulle aspettative razionali (tema che ha successivamente affrontato per anni in saggi con il compianto Rudi Dombush). Ha, quindi, tutti gli elementi per mettere in atto i presidi di cui si tratta nel Policy Brief della Luiss.

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