La situazione dei costi sul fronte delle materie prime e dell’energia ha appesantito l’industria manifatturiera lungo tutto l’ultimo anno, per una evoluzione dei mercati che è sotto gli occhi di tutti e che dovrebbe essere chiara a tutti. La riflessione di Massimo Medugno, direttore generale di Assocarta
Le evoluzioni degli ultimi giorni del mercato dell’energia impongono decisioni rapide ed efficaci. La situazione dei costi sul fronte delle materie prime e dell’energia ha appesantito l’industria manifatturiera e energivora lungo tutto l’ultimo anno, per una evoluzione dei mercati che è sotto gli occhi di tutti e che dovrebbe essere chiara a tutti.
Le accelerazioni sul fronte del rialzo dei costi energetici delle ultime settimane, e in particolare degli ultimi giorni, pongono l’intero comparto manifatturiero ad alta intensità energetica, nella concreta impossibilità di proseguire con le attività produttive. Gli ordini ci sono, ma in questo momento non riusciamo a trasferire i costi sui clienti.
Peraltro, se dovessimo trasferire gli aumenti totalmente, l’impatto sull’inflazione sarebbe molto significativo, andando ad impattare a cascata su tutto il sistema economico e su tutte le filiere della trasformazione. In una situazione come questa la prospettiva più probabile è che gli impianti, a breve, di fronte al rialzo dei costi energetici, fermino la produzione, non riuscendo più a garantire ai propri clienti semilavorati e prodotti.
Un rischio ulteriore è che rallenti e fermi l’economia circolare: molto dei settori energy intensive sono, infatti, anche riciclatori di rifiuti e di materie prime secondarie. Gli imprenditori delle industrie energivore sono le “radici” di tante catene manifatturiere del Made in Italy. Sono stati anche abituati, ma mai rassegnati, a competere in Europa da un Italia dove il costo energetico è storicamente più alto. Tuttavia, se l’Europa non decide, imbrigliata da questione geopolitiche (soprattutto per il gas), di fronte ad una situazione così grave, devono intervenire gli Stati in maniera straordinaria. Alcuni Stati lo stanno già facendo.
Un’Europa che ha sviluppato ed autorizzato strumenti che altri Stati hanno già applicato ai loro settori manifatturieri e che sono fondamentali per restare aperti e far fronte al caro energia. In un momento così straordinario occorre un intervento adeguato, senza che venga dimenticato di attuare l’ordinario. L’ordinario è quello che incide sul differenziale competitivo tra Italia ed altri Paesi europei, in un mercato energetico che, da sempre, è stato tra i più cari.
Una proposta, sul fronte gas, è quella che sia prevista una misura per diminuire il costo del gas per i consumatori industriali e che, a parità di consumi, vengano riaperti i giacimenti nazionali. Sul fronte dell’energia elettrica dovrebbe essere, poi, rinviato il capacity market, dando una più ampia applicazione possibile all’art. 39 elettrico.
Va ricordato che, dopo un lungo e faticoso iter (iniziato molto prima del rialzo dei costi energetici), ancora deve essere varato il decreto per l’esenzione degli oneri parafiscali ai gasivori. In materia di Ets l’Europa prevede una compensazione dei costi indiretti che in Italia sembra essersi arenata, benché attuata in forma ridotta, su una firma della Corte dei Conti (la scadenza è prossimo 31 dicembre).
Deve essere fermato il rialzo delle quotazioni ETS causato da investitori non industriali, non interessati alla decarbonizzazione, ma molto di più interessati a massimizzare i profitti. Nel frattempo che i costi energetici crescono e impoveriscono le imprese, produttori e grandi venditori di energia, soprattutto di fonti rinnovabili, continuano a fare profitti fantastici. Serve un azione di ribilanciamento. Molte imprese chiuderanno, come tutti gli anni, per Natale. Quest’anno saranno molte di più e per periodi prolungati. Il rischio concreto, in un contesto come quello attuale, è che a gennaio queste imprese non riprendano la produzione.