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Omicron buca Sinovac. Commercio globale e strategia cinese a rischio

Gli studi dell’Università di Hong Kong che smentiscono l’azienda produttrice. Gli avvertimenti dell’economista Blanchard. Le implicazioni per il mondo e per il piano “zero Covid” di Pechino

“Se viene confermato che anche 3 dosi di Sinovac sono inefficaci contro Omicron, la Cina ha ora 1,4 miliardi di cittadini non immunizzati”. E “ciò ha importanti ripercussioni economiche per la Cina e per il mondo”. Parole di Olivier Blanchard, economista francese, professore emerito al

Massachusetts Institute of Technology di Boston, senior fellow al Peterson Institute for International Economics e già capo economista del Fondo monetario internazionale dal 2008 al 2015.

Tutto nasce, come rivelato da Bloomberg, da uno studio dell’Università di Hong Kong che indica che tre dosi del vaccino sviluppato dalla casa farmaceutica cinese Sinovac, uno dei più usati al mondo, non producono sufficienti livelli di anticorpi per neutralizzare la variante Omicron, scoperta il mese scorso in Sudafrica. Stando ai risultati, la situazione migliora in maniera significativa se la terza dose somministrata è quella del vaccino Comirnaty sviluppato dalla casa farmaceutica tedesca BioNTech, che comunque in due dosi è insufficiente a garantire adeguati livelli di protezione contro la variante.

Pochi giorni prima, Sinovac aveva pubblicato un suo studio di laboratorio – smentito, dunque, dall’Università di Hong Kong – nel quale affermava che il 94 per cento delle persone che ricevono tre dosi del suo vaccino Coronavac generano anticorpi, senza tuttavia precisare a quale livello. I ricercatori di Hong Kong, basandosi su precedenti studi apparsi sulla rivista scientifica Nature Medicine, hanno fissato una soglia minima relativa al livello di anticorpi sufficienti a proteggere da Omicron. Finora la Cina ha prodotto e distribuito oltre 2,3 miliardi di dosi del vaccino sviluppato da Sinovac, in particolare all’interno del Paese e in Stati come Algeria, Egitto, Emirati Arabi Uniti e Turchia come operazioni da “diplomazia vaccinale”.

“Considerata la politica cinese ‘zero Covid’”, ha aggiunto Blanchard, questa situazione si traduce in “frequenti e importanti blocchi, con un grande effetto sull’attività in Cina. Implica anche grandi effetti sul commercio. Forti limitazioni ai viaggi, in entrata e in uscita, renderanno difficile mantenere o espandere le catene di approvvigionamento che passano attraverso la Cina”.

Come ha spiegato a Bloomberg il professor Benjamin Cowling dell’Università di Hong Kong in Paesi come il Brasile o l’Indonesia, che usano Sinovac, le precedenti ondate sembrano aver conferito alla popolazione una certa immunità naturale in grado di depotenziare l’impatto della variante Omicron. Un discorso che non vale per la Cina, invece, anche per le misure restrittive messe in campo. Le varianti hanno ridotto “significativamente” gli sforzi delle autorità cinese per raggiungere un alto tasso di vaccinazioni, ha dichiarato Nicholas Thomas, professore associato alla City University di Hong Kong. “La duplice sfida che la Cina si trova ora ad affrontare è come garantire che la sua popolazione sia nuovamente protetta da Omicron e da qualsiasi mutazione futura, oltre a gestire i flussi di merci e persone attraverso i loro confini quando il resto del mondo si muove per convivere con il virus”, ha aggiunto.

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