Corrado Ocone ci offre un giudizio sintetico, sotto forma di voto, sui protagonisti del 2021, attenendosi nella misura del possibile a un metro strettamente politico. Chi sarà il primo della classe?
Anche quest’anno, un po’ per gioco e un po’ per riandare con la mente a momenti cruciali dell’anno trascorso, provo a dare i voti ai protagonisti di quello che uno di loro chiamò “teatrino della politica”. Il giudizio è strettamente attinente all’ambito politico (strategia e tattica) e non tiene conto, nella misura in cui ciò è possibile, delle idee portate avanti da ognuno di essi. Inutile dire che è strettamente personale e frutto anche in qualche misura delle idiosincrasie di chi scrive
SILVIO BERLUSCONI: 8
Quando tutti lo davano ormai sulla via del tramonto (politico ovviamente), con un colpo d’ala ha riconquistato il centro della scena. Con la sua più o meno avventata candidatura alla presidenza della Repubblica ha di fatto bloccato non solo il centrodestra, come si dice, ma l’intero sistema politico italiano. Con un non improbabile colpo di scena finale che potrebbe portarlo ad intestarsi persino un Capo dello Stato diverso da lui. Più che divisivo, lo specchio del Paese. In un senso o nell’altro. Come sempre.
GIUSEPPE CONTE: 5
Ha perso il governo ostinandosi nella ricerca di improbabili “responsabili” e non rendendosi conto dell’irritazione che certe uscite e “casalinate” provocavano anche in ambito europeo. Del tutto sordo agli appelli del Capo dello Stato sulla necessità di collaborare con l’opposizione, ha peccato di approssimazione sia nella gestione del PNRR sia nei rapporti di sicurezza e internazionali. Preso in mano un Movimento Cinque Stelle allo sfascio, fatica molto a tenerlo unito e ad imporre le sue scelte (e più spesso le sue non scelte) a parlamentari “in libera uscita” o “in cerca d’autore”.
LUIGI DI MAIO: 7
Sarà stato pure il “bibitaro” del San Paolo (lavoro fra l’altro degnissimo), ma il dato politico rilevante è che il teorico dell’ impechment presidenziale (meno di 4 anni fa) e l’autore della “fuga” oltralpe con Alessandro Di Battista alla ricerca di surreali liaison con i gilet gialli (2 anni fa), oggi sia un apprezzato e misurato Ministro degli Esteri, fedele interprete del verbo draghiano. Come dire: da bravo e sveglio (“scetato”) napoletano, Di Maio ha appreso in svelta e oggi, pur restando quasi immobile, è il vero uomo forte di un Movimento ridimensionato ma ancora determinante.
MARIO DRAGHI: NON CLASSIFICATO
Alla testa di un governo anomalo in quanto bicefalo, tecnico e politico insieme, con una maggioranza estesa a tutte le forze politiche o quasi, Draghi in qualche modo si giustifica non solo per quello che è riuscito a fare (tanto) ma anche in sé stesso. Fattori immateriali quali il prestigio, l’autorevolezza, la fiducia, sono attestati non solo dall’Europa, come si dice, ma da investitori, mercati, organismi internazionali. Una fiche che l’Italia non poteva e non potrà continuare a non giocarsi. Non classificato (perché fuori campionato, in ogni senso).
ENRICO LETTA: 6,5
Partito molto male, collezionando gaffe e sconfitte, senza muoversi troppo ha approfittato dell’incredibile defaillance del centrodestra sulle elezioni comunali e ha ridato smalto alla sua immagine e una certa centralità al suo partito. Il tono basso, compreso per l’aspetto riguardante la Presidenza della repubblica, gli serve sia a mantenere coese le varie anime del suo partito sia a campare di rendita sull’immagine di affidabilità che in certi ambienti, anche europeo, godono i democratici.
SERGIO MATTARELLA: NON CLASSIFICATO
Gli è toccata in sorte la legislatura più eccentrica e ingestibile della storia repubblicana, che ha visto tre governi con tre maggioranze diverse. Non sempre le sue scelte erano risultate fino all’anno scorso esenti da dubbi. Poi quest’anno, in una domenica pomeriggio, mentre le forze politiche annaspavano e il Paese era in seria difficoltà, si è inventato non solo la soluzione Draghi ma anche un esecutivo che portasse alla responsabilizzazione di tutte le forze politiche. Missione quasi impossibile, ma a volte anche l’impossibile accade. E gran merito qusta volta è suo. Non classificato (perché un Capo dello stato lo giudica la storia e non chi come cittadino dee riconoscersi comunque in quel che rappresenta)
GIORGIA MELONI: 7
Ha detto no a Mario Draghi ponendo veti prima di conoscere il programma: grande errore politico poi recuperato accreditandosi in pieno come opposizione “responsabile” e collaborativa. Con grande destrezza ha condotto il gioco europeo, vincendo la personale partita con Salvini. Ha rintuzzato le accuse di copertura di “nostalgici” nel suo partito ed è riuscita a farsi omaggiare da tutti ad Atreju. Molto brava nella comunicazione e nel marketing politico, l’impressione è che non abbia molte carte ancora da giocare rimanendo sulla sponda più estrema dello schieramento di centrodestra (ove comunque ha raccolto tutto quello che si poteva raccogliere) Gli errori sulle comunali se li è equamente spartiti con gli altri leader del centrodestra 7
MATTEO RENZI: 7
I francesi parlano di florentinisme per indicare la politica allo stato puro: spregiudicata, inventiva, persino cinica. Intestandosi con il suo gruppo di deputati anche l’operazione Draghi dopo quella Conte 2, Renzi ha dimostrato di essere il vero mago dei giochi parlamentari. L’operazione Italia Viva non gli è però riuscita e gli spazi di azione per inventarsi ora qualcosa di nuovo sono pochi. Il nemico di Renzi? Sé stesso. Anche se i rapporti con i miliardari arabi sono del tutto legittimi, non è detto che siano politicamente opportuni. Strafare è il limite di chi, come lui, non vuole solo vincere ma di più 7
MATTEO SALVINI: 7,5
Sicuramente il vero vincitore politico, insieme a Renzi, della fase che ha portato alla nascita del governo di Mario Draghi. Con il suo sì ad entrare in maggioranza ha infatti spiazzato non poco i democratici e i Cinque Stelle che non hanno potuto fare altro che fare buon viso a cattivo gioco. Meno lineare la partita giocata su vaccini e green pass e in genere nella seconda parte dell’anno, ove ha dato l’impressione di lavorare su due tavoli, il che in politica crea sempre qualche problema. Impossibile dall’esterno giudicare se si sia trattato di un’opera di mediazione interna, oppure una coazione a ripetere politiche antisistema che avevano senso forse in una fase politica precedente ma non oggi.. Da vero leader lo scatto con cui ha “messo all’angolo” in 48 ore Giorgetti dopo l’intervista carpita al Ministro dello sviluppo economico da “La stampa” 7,5