Chi sa indicare nella Roma della politica, i palazzi dei partiti di oggi? Da Botteghe Oscure 4 a piazza del Gesù 46, percorso nei saloni della Prima Repubblica dove si faceva Politica. E un curioso esperimento sul M5S… La rubrica di Pino Pisicchio
Anche la politica, in quanto attività umana, ha la sua estetica, i suoi luoghi romantici, persino una sua architettura. E se la sua narrazione in chiave toponomastica non suggestiona più, vuol dire che si sta perdendo qualcosa di importante nel patrimonio condiviso degli elettori e quella grande forbice che divarica popolo da eletti si apre sempre di più.
Una domanda a bruciapelo: chi sa indicare nella Roma della politica, i palazzi dei partiti di oggi, a parte quello noto del Pd al Nazareno e quello storico di Berlusconi in via del Plebiscito? Francamente non credo tanti. Forse qualche cittadino provvisto d’indole curiosa al limite della maniacalità o qualche giovane reporter di agenzia, costretto a fare la posta a personaggi politici colà molto casualmente capitati.
Invece, tutt’altra storia quella dei Palazzi della Prima Repubblica! Il mitico Cenci Bolognetti, a piazza del Gesù 46, palazzo storico risalente al 1536, sede della Dc dal 1947 al 1994, aveva di fronte la chiesa dei gesuiti e qualche metro più in là la loggia massonica più importante, come a chiudere un cerchio ideale del potere declinato in tutte la gamma possibile. Palazzo voluto dalla famiglia Petroni, originaria di Civita Castellana, e ampliato per volontà del Conte Alessandro verso la fine del ‘700 con l’intervento dell’architetto Ferdinando Fuga – mica uno qualsiasi: era quello del palazzo della Consulta e di Santa Maria Maggiore! – gronda di suggestioni barocche anche per il restauro di fine ottocento.
In quelle magnifiche stanze, affrescate moltissime, decorate tutte, che nascondevano dietro i trompe l’oleil cunicoli, sgabuzzini segreti e vie di fuga (non si sa verso dove), si faceva la Politica: nel salone delle feste circondato da specchi d’epoca con cornici dorate, si teneva il sinedrio, la direzione nazionale. Il segretario del partito aveva una stanza che strizzava l’occhio alla monarchia piuttosto che alla Repubblica, tanto era munificente e istoriata. Ma anche il più piccolo passacarte trovava il “suo che” in quelle stanze meravigliose.
A centoquaranta metri da piazza del Gesù 46, due minuti a piedi secondo Google map, c’è in via delle Botteghe Oscure 4 la sede storica del Pci. Architettonicamente tutt’altra cosa dai fasti manieristi di palazzo Cenci-Bolognetti, la sede del più grande partito comunista del mondo occidentale trovava alloggio dal 1946 in un parallelepipedo grigio-rossiccio, decisamente meno lontano dallo stile sovietico di quanto non poteva essere il barocco dei democristiani.
Austero, quasi burocratico, salvo che per l’atrio di Giò Pomodoro, l’edificio risale agli anni ‘40 e fu comprato al prezzo di 30 milioni di lire messe a disposizione dalla famiglia Marchini, noti imprenditori della capitale. Se qualcuno dovesse credere che la toponomastica può rappresentare una chiave d’interpretazione, Botteghe Oscure dichiarerebbe un destino di scambi (in questo caso politici) in un contesto poco illuminato, il che alimenterebbe un immaginario da guerra fredda: bianco e nero, spy story e accenti slavi nei conciliaboli tra mandarini in doppiopetto di grisaglia. Mentre piazza del Gesù per la Dc lascia poco spazio all’immaginazione. Solo un amen di chiusura, semmai. Comunque oggi in quella via che deve il suo nome alle attività commerciali che si svolgevano al piano terra senza finestre (Ad Apothecas Obscuras), trova ospitalità la sede centrale del Bancomat, dopo essere stato spazio adibito a Supermercato. Nel palazzo democristiano è rimasta una sconosciuta formazione politica denominata DC per attribuzione giudiziaria, che condivide tanta storia con studi professionali ed altra quotidianità.
Il terzo doveroso palazzo dell’antico potere partitocratico, si trova in via del Corso 476, ed era la sede del Psi di Craxi. Si tratta di un altro santuario del potere dallo stile austero-razionalista, che punta dritto all’essenziale e lo concede nei toni grigi, lontano dagli arzigogoli dei barocchetti romani e vicino alle linee di Gropius e Piacentini. Non era, però, acquisito al patrimonio del Psi: era di proprietà dell’Inps, che sfrattò senza pietà i socialisti risucchiati nel tragico vortice di tangentopoli. Il Psi lo abitò facendone la sede della Direzione Nazionale, celebrando prima l’era nenniana, romantica e frontista e poi l’irresistibile epopea craxiana, segretario dal 1976 al 1993, diciotto anni in cui furono inventati il leaderismo, la comunicazione politica e s’intravide l’epifania del berlusconismo dei decenni a venire.Innovazioni che avrebbero caratterizzato la politica della seconda repubblica. Oggi il blasonato palazzo ospita l’Aran, l’Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni, gli uffici italiani di H&M e d’appresso un negozio di scarpe sportive.
Il tour dei Palazzi romani potrebbe continuare: ad un passo dal Psi c’era, in via Frattina 89, la sede dei liberali, oggi Consolato della Repubblica di Singapore; in Via della Scrofa 39 era, invece, la sede storica prima dell’Msi e poi di Alleanza Nazionale, in un bel palazzo dove ha abitato anche Antonio Maccanico. Oggi ospita la sede di Fratelli d’Italia. In piena linea di continuità; in via di Torre Argentina 76 trovava casa il Partito Radicale di Marco Pannella, con le sue gloriose battaglie, l’invenzione dei referendum come arma di lotta politica e della disobbedienza civile come strumento di comunicazione. Ci fermiamo, invitando chi vuole a fare un’esperimento: digitate su google “sede nazionale del Movimento Cinque Stelle”. Scoprirete, meraviglia delle meraviglie, che esiste.