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Le aziende cercano nuove competenze. Ma non le trovano

L’83% delle piccole e medie imprese cerca personale con nuove capacità, legate a digitale e industria 4.0. Il report di Banca Ifis racconta un mismatch tra domanda e offerta: il 58% dei datori di lavoro non riesce a coprire le mansioni che servono nel loro settore produttivo

La fase più acuta della crisi pandemica è passata, ma il mercato del lavoro non è tornato come prima: l’83% delle piccole e medie imprese italiane cerca personale con nuove competenze. Un trend manifestatosi lungo tutto il triennio 2019-2021 che, secondo il Market Watch PMI realizzato da Banca Ifis, è confermato anche per i prossimi due anni. Accanto ai profili tecnici, sono ambiti quelli digitali e, in particolare, specializzati in tecnologie 4.0. Ai candidati sono richieste anche soft skill trasversali come: saper lavorare in team, essere flessibili, risolvere problemi. Purtroppo, il divario tra domanda e offerta rimane ampio e per i profili tecnici oltre la metà delle PMI oggi non riesce a trovare personale.

Il dato positivo è che il clima di incertezza pandemico ha scoraggiato nello scouting solo il 10% delle PMI che ammette, tra l’altro, che tra i freni c’è soprattutto la difficoltà di trovare a mercato le skill richieste.

In generale, oggi il 59% delle PMI dichiara di aver bisogno di nuove competenze legate alle tecniche di produzione specifiche per il proprio settore; il 28% di collaboratori in grado di gestire soluzioni digitali; il 26% di profili amministrativi e il 24% di soggetti specializzati nell’industria 4.0. Per l’8%, infine, sono necessarie risorse esperte nell’area Smac (social, mobile, analytics, cloud).

La richiesta di conoscenze specifiche non è destinata a esaurirsi nel breve periodo. Nel prossimo triennio, le figure esperte di tecniche produttive rimarranno le più ricercate (42%), seguite da quelle che possono contare su competenze digitali e 4.0 (entrambe al 39%). Molto ricercate dalle PMI anche le cosiddette soft skills, ovvero quelle capacità relazionali o di comunicazione in grado spesso di fare la differenza all’interno di un gruppo, e che pesano in media per quasi la metà (45%) nel profilo tipo ricercato dalle aziende. Ai primi posti: team working (63%), problem solving (52%), flessibilità (40%) e capacità di comunicazione (38%).

Per tutte le imprese la formazione interna è fondamentale per contrastare la veloce obsolescenza delle competenze dovuta al progresso tecnologico. Le aree considerate prioritarie per l’aggiornamento si confermano le tecniche di produzione (52%), le abilità digitali (51%) e le tecnologie 4.0 (40%).

Banca Ifis da sempre investe nelle competenze e nei giovani talenti, favorendo la formazione continua sia per la crescita del business e sia per coltivare, e trattenere, le proprie professionalità. Il Gruppo, che conta oltre 1.800 persone in tutta Italia, vanta un’età media dei dipendenti di 40 anni e solo il 19% della popolazione aziendale supera i 50 anni d’età. Nel 2020 la Banca ha erogato oltre 37 mila ore di formazione tecnica e soft skill (+16,4% rispetto al 2019) su canali digitali e sulla piattaforma web Ifis Talent che coordina i processi di sviluppo delle persone, grazie anche a logiche di “continuous feedback”, e integra il processo di onboarding per i neoassunti, guidandoli nei primi tre mesi in azienda.

Il report Market Watch PMI di Banca Ifis individua un mismatch tra domanda e offerta di competenze che emerge con forza sul fronte delle conoscenze tecnico-digitali: il 58% delle aziende che reputa necessarie nuove skill in ambito produttivo non trova il personale ricercato, così anche per il 37% delle imprese che considera fondamentale la capacità di gestione delle tecnologie 4.0. Anche le abilità “soft” risultano difficili da incrociare, in particolare la flessibilità (40%), il problem solving e la capacità decisionale (entrambe al 37%), la gestione dello stress (35%).

Quasi la metà delle aziende (48%) si affida al passaparola e alle relazioni territoriali per trovare le persone giuste, il 41% alle società di selezione del personale. Solo il 14% attiva collaborazioni con Università e Istituti Tecnici Superiori e il 6% si rivolge ai centri per l’impiego.


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