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Burkina Faso nel caos. Un altro golpe in Africa

Di Gabriele Carrer e Emanuele Rossi

Arrestato il presidente: blitz dei militari a Ouagadougou per riportare la sicurezza, accontentando le richieste della popolazione che critica il governo di non riuscire a controllare i gruppi armati che infestano il Paese. Da qui nasce la rabbia cavalcata dai golpisti, speiga Lebovich (Ecfr)

L’arresto del presidente burkinabé, Roch Marc Kaboré, era stato inizialmente negato, ma poi le autorità militari hanno confermato di averlo preso in custodia, annunciando di aver sospeso la costituzione, ma che tutto era sotto controllo (anche se i soldati combattevano per il controllo di diverse caserme). Dopo il 2021 annus horrobilis dei colpi di Stato, anche quest’anno sembra partito male, con il Burkina Faso che scivola nel golpe e diversi contesti che presentano scenari preoccupanti — per esempio, oggi 24 gennaio la Libia salta per la seconda volta in due mesi le elezioni presidenziali e parlamentari, il parlamento si riunisce per sfiduciare il governo ad interim e cercare soluzioni per un nuovo esecutivo.

Domenica notte, il palazzo presidenziale di Ouagadougou è stato raggiunto dai “mutineers” (definizione del Washington Post) guidati dal colonne Paul-Henri Damiba, e Kaboré è stato fisicamente rimosso dalla carica meno di 24 ore dopo l’inizio della rivolta. “Vi esprimo l’orgoglio di tutta la nazione”, aveva scritto poche ore prima il presidente su Twitter rivolgendosi alla squadra del Burkina Faso, che ha battuto il Gabon domenica in Coppa d’Africa, avanzando ai quarti di finale nel più grande torneo di calcio del continente. “Siamo tutti con voi”. La situazione è di fatto in evoluzione e molto sensibile. Da tempo si parla del rischio che il Burkina Faso scivoli in certe situazioni: una dozzina di giorni fa si era sospettato di un tentativo di golpe analizzando i dati del traffico internet, interrotto per diverse ore.

Un ufficiale dell’antiterrorismo burkinabé ha detto ai media internazionali che il presidente “è in buone mani”. Parlando in anonimato perché non autorizzato a esporsi ufficialmente con i media, ha detto anche che i soldati erano stufi di ciò che vedevano come una mancanza di sostegno dall’alto: “Abbiamo bisogno di un uomo forte con idee chiare”. Le autorità hanno implementato un coprifuoco e ordinato la chiusura delle scuole. Le linee telefoniche e l’accesso a Internet hanno smesso di funzionare, lasciando milioni di persone in un blackout delle comunicazioni.

L’arresto è arrivato dopo che centinaia di manifestanti hanno marciato per le strade della capitale chiedendo le dimissioni di Kaboré, che è entrato in carica nel 2015. La violenza è costantemente peggiorata da quando è al potere. Durante il suo mandato, i militanti legati allo Stato Islamico e ad al-Qaeda hanno sconvolto la vita nella nazione di 21 milioni di persone, rendendo gran parte delle aree non urbane ingovernabile e spingendo almeno 1,4 milioni di persone dalle loro case. Più di 2mila burkinabé sono morti in attacchi terroristici ed episodi violenti.

Mettere in sicurezza l’intero Paese e permettere il ritorno nelle loro case agli sfollati è l’obiettivo che i ribelli dichiarano. La giunta, che si fa chiamare Mouvement patriotique pour la sauvegarde et la restauration, vuole traghettare il paese a nuove elezioni. Le insurrezioni che hanno messo radici nella regione un decennio fa hanno scatenato l’insicurezza del Burkina Faso. Questa condizione profonda genera sofferenza nella popolazione, e l’intento dei golpisti è difendere la propria azione giocando sul populismo e raccogliendo consensi sul tema sicurezza — uno schema non certo nuovo.

D’altronde, dopo che il crollo del regime libico nel 2011 ha rimandato i mercenari che lavoravano per Moammar Gheddafi nel loro nativo Mali, alcuni di quei combattenti di etnia Tuareg hanno forgiato una traballante alleanza con i militanti islamici che cercavano un punto d’appoggio nel nord maliano. Dopo che le forze francesi e regionali inizialmente li hanno respinti, i militanti si sono sparpagliati e hanno penetrato il Burkina Faso scatenando un conflitto che ha trasformato gran parte della nazione in un campo di battaglia.

Si tratta del terzo colpo di stato nel Sahel e in Africa occidentale in meno di due anni, tutti e tre condotti da unità d’élite, fa notare Andrew Lebovich, senior policy fellow dell’Africa Programme all’Ecfr: una situazione che mostra la portata della frustrazione nella regione per il peggioramento della situazione della sicurezza, e il fallimento dei governi regionali nel rispondere di conseguenza.

“Quanto accaduto – aggiunge l’analista – dimostra anche come i militari regionali siano in grado di catturare il sentimento popolare e rivoltarlo contro i governi civili, un segnale di avvertimento per altri paesi della regione che affrontano situazioni di sicurezza simili e tensioni civili-militari”.

La Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale a 15 nazioni, un blocco regionale noto come Ecowas, ha invitato i soldati di Ouagadougou a mantenere la pace e ha detto in una dichiarazione che i leader dell’Africa occidentale stanno con Kaboré. Ci saranno sanzioni come avvenuto in Mali? “Anche – spiega Lebovich – se gli organismi regionali o internazionali come l’Ecowas possono essere tentati di colpire i leader del colpo di stato con sanzioni, la Comunità internazionale dovrebbe agire deliberatamente piuttosto che avventatamente in Burkina Faso”.

Per l’esperto del think tank paneuropeo, è importante non incoraggiare ulteriori rovesciamenti di governi civili nella regione, “è altrettanto importante capire perché questi colpi di stato si stanno verificando più frequentemente, e il grado di frustrazione con i governi civili tra le popolazioni regionali”. Per questo, spiega, “una corsa alle sanzioni può contribuire a solidificare il sostegno ai leader dei golpisti e radicarli ulteriormente al potere”.

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