I no vax sono una manifestazione del disagio sociale e la principale manipolazione dell’informazione è la propaganda di Stato. Se il disagio sociale diventasse fuori controllo porrebbe un fondamentale problema di sicurezza nazionale, con gravi ripercussioni sulla credibilità delle istituzioni. Molto dipenderà dal reale impatto delle misure del Pnrr. Il commento di Mario Caligiuri, presidente della Società Italiana di Intelligence e direttore del Master in Intelligence dell’Università della Calabria
Compito dell’intelligence è prevedere quanto può accadere. Pertanto il tema del disagio sociale, più volte affrontato su Formiche.net, potrebbe essere prioritario nelle attività dei Servizi. Questo fenomeno è presente da tempo e in maniera diffusa nella società ed è fortemente collegato non solo con la sicurezza nazionale ma anche con lo scenario digitale, in quanto viviamo contemporaneamente in tre dimensioni: fisica, virtuale e aumentata, questa ultima intesa come integrazione tra uomo e macchina che estende le possibilità dell’umano.
Il recente rapporto dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale “Il mondo che verrà 2022”, evidenzia come il tema della disuguaglianza stia progressivamente crescendo con la globalizzazione e in Italia più che altrove, tanto che il divario di reddito tra il 10% più ricco e il 10% più povero ha raggiunto il rapporto di 11 a 1, superiore alla media internazionale.
Nel documento dell’Ispi è contenuto il saggio di Yves Mény “La nuova e vecchia rabbia”, in cui si ricorda che nella storia vi sia un costante avvicendamento di periodi di pace e di scontri sanguinosi, in quanto la violenza è insita nello sviluppo umano. I miglioramenti sociali sono stati il risultato, secondo Mény, di violenze e disordini oppure sono stati la conseguenza di eventi traumatici, come i diritti sociali ottenuti dopo le due guerre mondiali.
Sono innumerevoli le cause che contribuiscono alla formazione del disagio sociale. Tra queste, vi sono l’inarrestabile immigrazione collegata con il declino demografico, la perdita di potere di acquisto dei cittadini occidentali, la trasformazione del lavoro con la prevalenza di quello precario, l’impatto sconvolgente dell’intelligenza artificiale e la società della disinformazione, della quale le fake news rappresentano l’esempio meno pericoloso, poiché, secondo me, la vera disinformazione proviene da sempre dalla propaganda di Stato e dalla comunicazione istituzionale.
Infatti, la società della disinformazione si caratterizza per la dismisura delle informazioni da un lato e per il basso livello di istruzione sostanziale dall’altro, determinando un corto circuito cognitivo che allontana le persone dalla comprensione della realtà. E la pandemia rappresenta la materializzazione della società della disinformazione, con l’evidenza dei “no vax” che, senza entrare nel merito, sono in ogni caso la manifestazione evidente del crescente disagio sociale.
In questo scenario, l’intelligenza artificiale è destinata a sostituire molte professioni, sia ripetitive che intellettuali, tanto che uno studio del Dipartimento del Lavoro statunitense prevede che chi inizia adesso il percorso scolastico, una volta terminati gli studi, svolgerà al 64% una professione che ancora non è stata inventata. Ad oggi, in effetti, non abbiamo sviluppato a riguardo una “coscienza”, in quanto non abbiamo maturato una consapevolezza sulle conseguenze dell’intelligenza artificiale che è prevalentemente in mano ai privati.
L’attuale disagio esistenziale proviene da lontano, come dimostra la dilatazione del disagio nella società, con l’aumento esponenziale dei disturbi psicologici e psichiatrici.
Il disagio sociale si manifesta e si espande a livello digitale ed ha marcati risvolti politici. Gli esempi sono numerosi come evidenziano gli esiti delle controverse primavere arabe, i tentativi di condizionamento elettorale in numerose nazioni, le rivelazioni di Wikileaks che dimostrano lo scarto tra dichiarazioni ufficiali dei governi e comportamenti reali, il terrorismo che viene amplificato dalla Rete come conferma il caso dell’Isis, il protagonismo della criminalità nel web con i crescenti crimini informatici.
Occorre, pertanto, un sistema che tuteli il diritto dei cittadini alla sicurezza, concetto ampio che comprende non solo la sicurezza fisica intesa come controllo dei confini, ma anche quella ambientale, sociale, alimentare e sanitaria. In tale scenario l’attività di intelligence orientata alla sicurezza diventa ancora più rilevante.
Esaminando il contesto italiano, va ricordato che un giovane su quattro tra i 15 e i 29 anni non studia e non lavora, comportando un costo annuo per la collettività nazionale di circa 36 miliardi di euro.
Inoltre, prima della pandemia più di un quinto dei nostri connazionali aveva difficoltà a pagare le spese mediche e più di cinque milioni e mezzo, negli ultimi tre anni, si sono indebitati per pagare le spese sanitarie. Tali indicatori evidenziano un malessere economico profondo. A questo si deve aggiungere la disoccupazione giovanile, molto elevata nelle regioni meridionali, che alimenta le mafie.
La prevalente dimensione digitale comporta, quindi, la necessità di una cyber education che deve essere intesa come un insieme di saperi da insegnare obbligatoriamente nelle scuole, poiché, come ricordava Robert David Steele, “la forza maggiore di una nazione è rappresentata da una cittadinanza istruita”.
In un certo senso, il disagio sociale si potrebbe considerare il paradigma interpretativo della realtà contemporanea, in quanto costituisce la manifestazione più evidente della crescente disuguaglianza globale. Pertanto, se il disagio sociale diventasse fuori controllo diventerebbe un problema fondamentale di sicurezza nazionale, in quanto determinerebbe gravi ripercussioni sulla credibilità e sulla stabilità delle istituzioni. E tutto questo richiede la necessaria attività preventiva dell’intelligence.
Molto dipenderà dal reale impatto delle misure del Pnrr, augurando che non si risolva in propaganda e distrazione di massa, perché invece rappresenta l’occasione per realizzare interventi concreti e strutturali, soprattutto nelle regioni meridionali.