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E se Forza Italia puntasse su Casellati per il Colle?

Il centrodestra non dovrebbe sprecare una occasione storica favorevole, con una sinistra divisa dalle polemiche e che per ora non sembra in grado di coagularsi su un suo unico candidato di bandiera

Tra meno di un mese saremo in piena bagarre per l’elezione del Presidente della Repubblica e Silvio Berlusconi scalpita sperando nella possibilità di una sua elezione.

In teoria – soprattutto perché oltre il 10% dei grandi elettori ha cambiato partito, confluendo in un eterogeneo “gruppo misto” dove c’è politicamente di tutto e il suo esatto contrario – questa volta il centrodestra avrebbe una maggioranza relativa nel votare un proprio candidato, ma non sufficiente a garantirne l’elezione, anche se qualcuno ipotizza che – complice il voto segreto e con possibili acquisti non disinteressati – dal quarto scrutinio l’ex Cavaliere potrebbe anche farcela.

Personalmente ritengo che non ce la farà mai, e mi chiedo se – dietro alle scontate parole di compattezza ed unità – il centrodestra non debba invece già considerare anche un “piano B” da mettere sul tavolo al momento in cui Berlusconi fosse comunque appiedato dal voto dell’aula.

Questo anche perché – a parte l’età e la salute – ritengo che Silvio Berlusconi non sia credibile come Capo dello Stato e scatenerebbe, se eletto, il ritorno ad una polemica quotidiana di cui l’Italia non ha assolutamente bisogno. E’ bastata l’ipotesi di una sua candidatura per far salire i toni e scatenare i suoi avversari che già reclamano l’avvio di una “guerra santa” contro il per loro nefasto Cavaliere Nero.

Eppure il centrodestra non dovrebbe sprecare una occasione storica favorevole, con una sinistra divisa dalle polemiche e che per ora non sembra in grado di coagularsi su un suo unico candidato di bandiera.

Credo che – ad oggi –  il candidato più logico che potrebbe raccogliere teorici consensi da tutti sarebbe Mario Draghi, anche perché – ma questo lo si può dire solo sottovoce – il premier ha tutto l’interesse a concludere ora e subito la sua esperienza di governo prima che vengano al pettine dei nodi che il suo carisma ha sopito e nascosto, ma non ha certo risolto.

Il Pnrr, per esempio, è stato solo impostato ma praticamente nessuno ne conosce il concreto stato di avanzamento e presto l’Europa potrebbe cominciare a storcere il naso, così come non credo che il rimbalzo economico post-pandemia diventerà robusto se il paese sarà ancora appiedato dal Covid.

Inoltre, alla lunga, la sua maggioranza eterogenea avrà sempre più bisogno di smarcarsi in vista delle elezioni che comunque sono previste a primavera 2023. Credo che Draghi consideri bene tutto ciò e quindi gradirebbe un passaggio al Colle spinto anche dall’indice di gradimento generale che pur sta scendendo – ma relativamente poco – rispetto ai trionfali picchi di consenso iniziali.

Draghi al Quirinale vorrebbe dire probabili elezioni anticipate quest’anno e – se questo è lo scopo del centro-destra – allora la prima scelta post-Berlusconi potrebbe essere proprio il diretto coinvolgimento di Draghi per la presidenza. Se, invece, il centro-destra fosse più lungimirante, la scelta di un candidato di generale garanzia ma decisamente ancorato al proprio schieramento politico sarebbe la scelta più meditata e coerente, mantenendo un Draghi comunque non ostile a Palazzo Chigi.

Per esempio una candidatura dell’attuale presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati avrebbe una serie di vantaggi da non sottovalutare. Innanzitutto non guasterebbe l’essere la prima donna al Quirinale, in un momento in cui l’immagine ha una sua importanza, poi permetterebbe a Draghi di completare la propria opera (sempre ammesso che la cosa interessi effettivamente al titolare di palazzo Chigi) e infine il personaggio si è dimostrato di taglio moderato e di confermata linearità istituzionale, com’è il ruolo ritagliato dalla Costituzione per un Presidente della Repubblica più rappresentativo che politicamente premier decisivo.

Non dimentichiamo poi che Casellati è sempre stata di Forza Italia e quindi vicina a Berlusconi che potrebbe sempre “benedirla” con il proprio viatico dopo un sofferto e doloroso (ma doveroso) “passo indietro” che però gli eviterebbe potenziali figuracce.

Il problema è che all’interno dello stesso centrodestra convivono maggioranza e opposizione, fautori di elezioni anticipate (la Meloni e Fratelli d’Italia) ed altri – come Forza Italia – che temono un forte ridimensionamento dal voto e con la Lega che in argomento è tentennante e necessariamente cerchiobottista.

Ci sarà quindi prima di tutto chiarezza all’interno della coalizione? Qui sta il punto (e il limite) di uno schieramento senza più un leader dichiarato e soprattutto senza una seria politica comune su molti (troppi) degli argomenti sul tappeto.

I giorni corrono, vedremo se i reiterati vertici serviranno a qualcosa e se l’eventuale bocciatura di Berlusconi non comprometterà un equilibrio sempre più delicato anche all’interno della sua stessa coalizione.


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