Mattarella viene rieletto per gli stessi motivi per cui si procedette alla rielezione di Napolitano in una successione che dichiara una cosa molto imbarazzante: la politica ha dichiarato forfait. Non solo dobbiamo prenderne atto, ma bisogna che si corra ai ripari
Quattordici elezioni presideniali e dodici persone. Gli ultimi due Presidenti della storia della Repubblica, Napolitano e Mattarella, pregati mani giunte dalla politica in fila indiana e volti contriti di accettare per carità di Patria la rielezione. Finisce bene uno psicodramma nazionale, forse troppo mediatizzato, che ha avuto la capacità in soli sei giorni di affondare una dozzina di onorate carriere.
Particolarmente attivo sul fronte delle demolizioni è apparso il centrodestra, una specie di brutta copia di Tafazzi, capace di distruggere la reputazione istituzionale della seconda carica dello Stato solo per digrignare i denti, di assassinare nella culla la speranza del suo fondatore Berlusconi e di altri quasi coetanei come Pera e Cassese (non di area ma proposto da Salvini), e poi Frattini, Letizia Moratti, Carlo Nordio e, da ultima la donna al vertice dei servizi segreti, la signora Belloni (ma in questo caso in condominio con Conte), senza contare l’evergreen Casini (comunque condiviso col centro).
Ma non è stata da meno l’area “progressista”, che ha evocato Riccardi per un giorno, ha lasciato intravedere solo la sagoma da dottor sottile di Amato che, comunque, nel frattempo – buon per lui- si è insediato alla presidenza della Consulta, e poi Maddalena eccetera. Insomma: una specie di sagra paesana con tirassegno nel baraccone centrale. Con queste premesse, dunque, l’esito della rielezione di un uomo di Stato che ama e sa incarnare lo spirito della Costituzione, la cui lealtà è riconosciuta da tutti e che conferisce attraverso la sua persona reputazione alle istituzioni che incarna, sembra opera dello Spirito Santo, impegnato più del solito ad accendere lampadine in qualche testa poco illuminata.
Diciamolo con la necessaria franchezza: l’elezione di Mattarella non rappresenta il déjà-vu provocato da grandi elettori pigri e paurosi, ma l’estrema risorsa – come l’accetta sotto la campana da prelevare rompendo il vetro in caso d’incendio – prima del cortocircuito finale della politica. Tanto per essere chiari dobbiamo domandarci: avrebbe potuto mai Draghi, la cui disponibilità a incarnare il ruolo quirinalizio era stata chiaramente espressa, accettare di completare la legislatura da capo del governo se all’alto colle fosse andata persona diversa dal Capo dello Stato in carica? Io credo proprio di no e mi prendo la responsabilità di affermarlo, sapendo però che questo è il convincimento più accreditato perché logico. E cosa sarebbe successo con i mercati, con lo spread, con la reputazione internazionale che Draghi è riuscito a guadagnare in favore dell’Italia? Non mi pare effetti benefici.
La corsa, l’abbiamo ribadito più volte da queste colonne, aveva solo due cavalli di razza ai nastri di partenza: Mattarella e Draghi. Altre candidature in grado di imporsi francamente non se ne vedevano in un Parlamento diviso in due emisferi minoritari (ed anche in conflittualità interna). Draghi ha subito due handicap: il primo l’estraneità al mondo della politica e, in particolare, al rapporto con i suoi grandi elettori, circostanza che l’ha fatto percepire lontano, forse addirittura algido.
Il secondo, in qualche modo legato al primo, il diffondersi nell’acquario parlamentare dei rumors, fatti circolare con studiato appello alla paura, secondo cui, andato via dal governo Draghi sarebbe caduta la legislatura. Gli elettori hanno dato il loro verdetto con massicci segnali di gradimento a Mattarella, certamente in chiave di stima-largamente condivisa dal popolo italiano- nei suoi confronti, ma anche per rassicurare se stessi con un quieta non movere della carica di governo.
Partecipiamo, dunque, e con sincera adesione, al sospiro di sollievo che tutti gli italiani stanno levando con la rielezione di un galantuomo al Quirinale, con un paio di notazioni conclusive: 1) che nessuno si permetta di tornare sulla storiella urticante, oltre che costituzionalmente ingiuriosa, dell’elezione a tempo. Il Presidente della Repubblica viene eletto per sette anni, punto e basta; 2) Mattarella viene rieletto per gli stessi motivi per cui si procedette alla rielezione di Napolitano in una successione che dichiara una cosa molto imbarazzante: la politica ha dichiarato forfait. Non solo dobbiamo prenderne atto, ma bisogna che si corra ai ripari. La stessa compulsione dei goffi gesti dei player di questa partita, che sembrava ispirata da un iperattivismo da socialmedia, era la prosecuzione della politica del twitter negli affari di Stato.
Per favore, mentre battiamo le mani a Mattarella cerchiamo di imparare da lui qualcosa prima di riprendere il vizio dell’occupazione dello spazio mediatico con le solite vuote parole da bar sport. Grazie.