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Putin alle porte e Biden alla finestra. Test ucraino per il governo Scholz

Baerbock a colloquio con Blinken. La “Zdf” si chiede: chi è lo chef e chi il cameriere della politica estera tedesca tra la ministra e il cancelliere? A Washington cresce l’ottimismo quando si parla di Mosca, non se si tratta di Pechino. Tanto che dalla Casa Bianca arriva un avvertimento: alleati su Pechino o torniamo al multilateralismo

Quello odierno è il loro secondo incontro, dopo un faccia a faccia a inizio dicembre a margine del G7 dei ministri degli Esteri di Liverpool, nel Regno Unito. A fare gli onori di casa è Antony Blinken, segretario di Stato americano, aprendo ad Annalena Baerbock, ministra degli Esteri del nuovo governo tedesco guidato da Olaf Scholz, le porte del palazzo intitolato all’ex presidente statunitense Harry Truman a Washington dove ha sede la diplomazia americana.

Prima di partire per gli Stati Uniti per una visita di 26 ore (la variante Omicron ha ridotto l’agenda precedentemente concordata), la ministra ha dichiarato che “più i tempi sono difficili, più sono importanti i partenariati forti – e come europei non abbiamo un partner più forte degli Stati Uniti”. In cima all’agenda dei lavori, le tensioni tra Ucraina e Russia, a pochi giorni dai dialoghi che, su vari tavoli, vedranno coinvolti anche gli Stati Uniti, la Nato e l’Osce. La ministra ha spiegato che, quando si parla di Russia, il messaggio europeo e statunitense è “comune” e “chiaro”: “le azioni russe hanno un prezzo chiaro e l’unica via d’uscita dalla crisi è il dialogo. Lo abbiamo chiarito con forza al governo russo più e più volte negli ultimi giorni e settimane”, ha dichiarato. “Ora stiamo entrando in una fase decisiva in cui sono imminenti importanti colloqui a diversi livelli. E anche se i formati dei colloqui variano, i nostri messaggi come partner transatlantici al governo di Mosca sono sempre gli stessi!”.

Washington, che molto aveva puntato sulla leader dei Verdi, ora ha un interrogativo a cui rispondere: chi fa la politica estera della Germania dopo l’uscita di scena, dopo 16 anni, di Angela Merkel? O, per dirla con l’emittente tedesca Zdf, chi è “il cuoco” e chi “il cameriere” tra Baerbock e Scholz? Lo stesso interrogativo che ci si poneva a cavallo tra gli anni Novanta e i Duemila, con Gerhard Schröder e Joschka Fischer. Anche in quel caso il cancelliere era socialdemocratico e agli Esteri c’era un verde. Per la televisione tedesca, la risposta potrebbe essere “una sorta di diplomazia pendolare” tra i due, entrambi residenti a Potsdam.

Sul Nord Stream 2, il gasdotto che collega Russia e Germania attraverso il Mar Baltico, i due sono distanti. Lui favorevole e merkelianamente convinto che l’infrastruttura abbia un carattere puramente economico, lei assolutamente contraria e anche per questo apprezzata dagli Stati Uniti. Ora, però, sembra che cancelleria e diplomazia tedesche stiano lavorando assieme sul dossier Russia, scrive il quotidiano Süddeutsche Zeitung. Il giornale parla di stretto coordinamento tra Jens Plötner, consigliere diplomatico di Scholz, e il team del ministero degli Esteri guidato da Andreas Michaelis, nuovo segretario di Stato, Matthias Lüttenberg, direttore per l’Europa centrale, il Caucaso e l’Asia centrale, e Tjorven Bellmann, direttore generale per gli Affari politici (questi ultimi due sono marito e moglie).

“La mia sensazione è che la Germania si stia svegliando”, ha detto Seth Moulton, un deputato democratico che di recente è stato in viaggio in Ucraina, citato dall’Associated Press. “Stanno iniziando a capire quanto sia seria questa minaccia” del Nord Stream 2 e “l’influenza che [il presidente russo Vladimir] Putin può avere su di loro e su altri Paesi dell’Europa occidentale”, come l’Ucraina ma non soltanto. E, come ricorda l’agenzia di stampa, i legami commerciali della Germania con la Russia potrebbero sia “rivelarsi un ostacolo per forgiare un fronte unito verso Mosca” sia “fornire una leva”. In questa fase, a Washington sembra prevalere l’ottimismo.

Diverso sembra il discorso che riguarda la Cina. Noah Barkin, ricercatore del German Marshall Fund e membro del Rhodium Group, ha raccontato che il dualismo tra cancelliere e ministro è osservato “nervosamente” dagli Stati Uniti. Dal Consiglio di sicurezza nazionale degli Stati Uniti è stato trasmesso ai funzionari tedeschi un messaggio un po’ trumpiano, rivela l’esperto: “un ritorno dell’unilateralismo statunitense a mani nude se” Berlino non manderà “chiari segnali sulla disponibilità a lavorare con Washington sulla Cina entro le elezioni di metà mandato di novembre”. Scholz, evidenzia Barkin, ha usato parole molto apprezzate sulle relazioni transatlantiche da quando è diventato cancelliere, sottolineando l’importanza dei legami tra Germania e Stati Uniti nel suo primo discorso al Bundestag e nel suo discorso di Capodanno. Tuttavia, nella sua prima telefonata con il presidente cinese Xi Jinping ha espresso il suo desiderio di approfondire la “partnership bilaterale” e le relazioni economiche con la Cina: “ha inviato un messaggio diverso”, scrive l’analista. Anche questo c’è nell’agenda di Blinken e Baerbock.


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