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Il grande gioco. Secondo capitolo, Kazakistan. Scrive Vas Shenoy

Di Vas Shenoy

È ormai chiaro che il primo capitolo del grande gioco è stato scritto in Afghanistan, con la caduta di Kabul. Il secondo capitolo invece, si sta scrivendo in Kazakistan e sta ulteriormente diminuendo il ruolo dell’Occidente e degli Stati Uniti nell’Asia centrale, soprattutto nel controllo della produzione dell’uranio. L’analisi di Vas Shenoy, ricercatore sulle relazioni Europa-India

Appena cinque mesi dopo la caduta dell’Afghanistan sotto i talebani, l’Asia centrale è di nuovo al centro del dibattito. Il rapido aumento delle tensioni in Kazakistan, la violenza nelle strade e l’allontanamento da parte dell’attuale Presidente del dittatore kazako di vecchia data e alleato di Putin, Nursultan Nazarbayev, ha lasciato il mondo perplesso. La mancanza di diritti umani in Kazakistan (un Paese che ha conosciuto un unico leader dalla caduta del muro di Berlino) e il dominio di ferro di Nazarbayev, sono stati a lungo ignorati dal mondo intero.

Nonostante l’ispirazione alla base della rivoluzione del Kazakistan sia incerta, ciò che davvero preoccupa i leader e i mercati globali è l’incertezza che si è venuta a creare in Asia centrale. Il Kazakistan è un Paese strategico per i mercati globali, detiene infatti il 12% dei giacimenti di uranio del mondo e ne produce circa il 40% del consumo globale, posizionandosi prima nella classifica. Il paese è inoltre un alleato strategico della Cina, una pedina chiave e membro della Belt and Road Initiative (BRI). China General Nuclear (CGN), una società statale cinese sotto sanzione dagli Usa, è una delle maggiori protagoniste nell’industria mineraria dell’uranio in Kazakistan.

Questione ancora più importante è la sua collocazione, il Kazakistan condivide infatti alcuni confini via terra con Cina e Russia e via mare con l’Iran sul Mar Caspio. Il Paese ha anche una grande voce in capitolo nella stabilità dell’Afghanistan ed è stato un forte alleato indiano per la situazione afghana. Giovani kazaki, musulmani di maggioranza, sono a rischio radicalizzazione, vista la potenziale infiltrazione di gruppi radicali islamici che hanno cercato di creare un punto d’appoggio ai confini con Cina e Russia.

Cina e Russia: mettere in sicurezza l’Asia centrale

La destabilizzazione del Kazakistan è attualmente grondante di intrighi. Alcuni analisti presentano la possibilità che alti ufficiali e politici, parte di un’élite vicina all’ex presidente e leader della nazione “Elbasy”, abbiano organizzato le proteste nel tentativo di rilevare la presidenza dal presidente Tokayev, nominato da Nazarbayev stesso come suo successore. Il licenziamento di Nazarbayev come presidente dell’onnipotente consiglio di sicurezza da parte di Tokayev e il licenziamento e l’arresto di Karim Masimov, un lealista di Nazarbayev, dalla sua posizione di capo del KNB (Comitato di sicurezza nazionale), indicano che Tokayev ha creduto nella narrativa secondo il quale Nazarbayev e i suoi lealisti si nascondessero dietro le proteste.

Alcune fonti accusano Masimov di essere anche associato all’Hizb ut-Tahrir, un’organizzazione globale pan-islamista e fondamentalista il cui obiettivo dichiarato è ristabilire il califfato islamico a livello globale.
Tuttavia, con l’aumento delle tensioni tra la Russia e la Nato sull’Ucraina e l’attrito tra la Bielorussia e l’Ue, (un’estensione delle tensioni russe con gli Stati Uniti), è difficile escludere il coinvolgimento della Russia e della Cina nella destabilizzazione del Kazakistan per aumentare il loro controllo sull’Asia Centrale.
Sia la Russia che la Cina, a causa del loro crescente attrito con gli Stati Uniti, nell’ultimo anno hanno aumentato la loro cooperazione bilaterale. Entrambi i paesi condividono crescenti preoccupazioni per l’aumento della radicalizzazione islamica ai loro confini, anche a seguito della caduta dell’Afghanistan in mano ai talebani. La Cina è preoccupata per la diffusione dell’estremismo islamico nella provincia dello Xinjiang a maggioranza musulmana (dove è accusata di genocidio e rieducazione della popolazione locale turco-musulmana), mentre la Russia è preoccupata per la Cecenia. Nonostante il legame strategico tra la Cina e il Pakistan infatti, il Pakistan resta difficile da gestire e la Cina finora non è stata disposta ad approfittare del controllo del Pakistan sull’Afghanistan tramite i talebani e Haqqani che guidano il nuovo Emirato Islamico.

Nazarbayev è stato un alleato russo e amico di Putin, usarlo per destabilizzare il Kazakistan consente alla Russia di intervenire nella situazione e prendere potere. Il suo ultimo incontro con Putin è stato il 28 dicembre a margine di un vertice economico a San Pietroburgo.

Questo intrigo, inoltre, risponde parzialmente su ciò che potrebbe aver spinto Tokayev a fare appello all’Organizzazione del Trattato di sicurezza collettiva (CSTO) guidata dalla Russia, per fornire assistenza nel porre fine ai disordini in corso. Dal 7 gennaio, migliaia di truppe specializzate dalla Russia, così come un numero minore dall’Armenia, dalla Bielorussia, dal Kirghizistan e dal Tagikistan, si sono riversate in Kazakistan, con il compito di proteggere strutture strategiche importanti, come aeroporti e importanti edifici governativi . Ciò permette alla Russia di detenere un forte e fermo controllo fisico del Kazakistan e delle sue risorse di uranio, petrolio e gas naturale, fondamentali per l’occidente.

Il ruolo della Cina nella questione non è ancora chiaro. Il presidente Xi Jinping ha speso buona parte del 2021 a portare sotto il suo controllo e a dimezzare il potere degli oligarchi cinesi e del sistema finanziario cinese. Nel tentativo di esercitare il controllo statale sull’apparato economico, Xi ha condotto una massiccia repressione contro bitcoin e bitcoin mining, convinto del fatto che fosse che bitcoin e un mezzo utilizzato dagli oligarchi per nascondere le loro ricchezze e finanziare attività contro la sua persona. La Cina, prima della repressione di crypto moneta, era la più grande “miniera” virtuale della moneta crypto.

La maggior parte di queste aziende si erano trasferite in Kazakistan con aziende e individui cinesi che continuavano a controllare le miniere virtuali che avevano bisogno di energia elettrica a basso costo e internet. Ora, grazie alla rivoluzione, il Kazakistan si ritrova senza Internet e, a volte, senza elettricità, causando incertezza per circa il 20% del mining di bitcoin a livello globale e un crollo dei prezzi dei bitcoin con una capitalizzazione di mercato di oltre $ 1 trilione che è evaporata in pochi giorni.

Il grande gioco: Secondo capitolo, Kazakistan

È ormai chiaro che il primo capitolo del grande gioco è stato scritto in Afghanistan, con la caduta di Kabul. Il secondo capitolo invece, si sta scrivendo in Kazakistan e sta ulteriormente diminuendo il ruolo dell’Occidente e degli Stati Uniti nell’Asia centrale, soprattutto nel controllo della produzione dell’uranio.
L’Italia possiede grandi investimenti petrolchimici in Kazakistan e nel 2019 ha importato oltre 7 miliardi di dollari di greggio e minerali dal Paese dell’Asia centrale. Ha cercato di mantenere un forte legame con le repubbliche dell’Asia centrale e con il Pakistan, anche durante la sua presidenza del G20.

L’Italia si trova adesso in una situazione complicata: da un lato infatti fa parte della Nato e dell’ultimatum di Biden a Putin per quanto riguarda l’Ucraina, dall’altro, con il controllo Russo del Kazakhstan, si trova anche ostaggio in una paese che è un fornitore chiave di energia e un alleato strategico in Asia Centrale.

L’Italia stessa entra in un periodo di instabilità politica con le sue elezioni presidenziali che potrebbero far sì che Mario Draghi, primo ministro italiano e salvatore del paese, venga elevato al ruolo presidenziale della repubblica. Draghi, gode di un ampio sostegno politico nel parlamento italiano e i partiti non sono ancora in grado di concordare un candidato di compromesso per sostituirlo nel suo ruolo di Presidente del Consiglio. Ciò significherebbe che le riforme italiane e la sua politica estera entrano di nuovo in un’incertezza politica, in quanto l’Italia ritornerebbe a governi di coalizione di breve durata incapaci di attuare riforme e di avere una politica estera coerente e strategica. Draghi è stato anche in grado di allontanare l’Italia dall’influenza cinese e di riportarla saldamente nell’angolo Usa/Ue/Nato.

Il 2022 inizia mantenendo una grande incertezza in Asia centrale, mentre il grande gioco sta scrivendo il suo secondo capitolo. Il ritiro degli Usa dall’Afghanistan e la caduta di Kabul ai Talebani ora continua con molte incertezze in Kazakhstan. Sembra che l’alleanza Russo-Cinese stia prendendo potere in Asia Centrale mentre Biden cerca delle contromosse. Anche se non è ancora chiaro se l’instabilità in Kazakhstan sia un avvertimento della Russia per l’ultimatum sulla questione Ucraina o un progetto congiunto Russo-Cinese per saldare la loro profondità strategica in Asia Centrale, la risposta dell’occidente sarà decisiva. La vittoria o la sconfitta dell’Occidente nel grande gioco dipenderà dai prossimi passi di Biden.

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