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Uiguri, gli imam vogliono boicottare le Olimpiadi di Pechino

L’organizzazione transnazionale di leader di fede musulmana di tutte le confessioni e scuole di pensiero islamiche ha divietato la partecipazione all’evento sportivo perché “serve direttamente gli interessi di un regime tirannico e oppressivo responsabile del genocidio e della pulizia etnica degli uiguri”

Nuove declinazioni ai Giochi Olimpici Invernali di Pechino 2022. Dopo l’annuncio di non inviare rappresentanti del governo di Giappone, Stati Uniti, Nuova Zelanda e Canada, anche il mondo arabo ha voluto dare un segnale forte al governo cinese, a pochi giorni dell’evento sportivo internazionale.

L’organizzazione non governativa Global Imams Council ha annunciato il divieto ai musulmani di partecipare all’appuntamento di febbraio 2020 a Pechino. L’organizzazione ha rilasciato una dichiarazione ufficiale il 30 dicembre, diffusa sul sito web.

“Il Global Imams Council è il primo e più grande organismo non governativo transnazionale di leader di fede musulmana di tutte le confessioni e scuole di pensiero islamiche – si legge nel testo -. Sosteniamo e siamo uniti ai musulmani uiguri oppressi.  Il governo cinese continua a violare i diritti umani e fondamentali dei musulmani cinesi attraverso l’oppressione, la tortura e la dittatura”.

Per questo motivo, il Global Imams Council “stabilisce che la partecipazione alle Olimpiadi di Pechino 2022 è vietata”.

Il sito Liberty Times Net ricorda che il Global Imam Council è un’ong con sedi a Baghdad, fondata nel 2007 in risposta alla minaccia dell’Isis. È impegnata nella promozione degli insegnamenti islamici tradizionali.

In passato, l’organizzazione ha pubblicato diversi comunicati stampa per condannare le violazioni dei diritti umani” nello Xinjiang, nonché dichiarazioni contro l’antisemitismo.

“Questo evento serve direttamente gli interessi di un regime tirannico e oppressivo responsabile del genocidio e della pulizia etnica degli uiguri”, scrive nel comunicato il consiglio con un’accusa pesantissima che Pechino – responsabile di una campagna di rieducazione nello Xinjiang contro i musulmani come gli uiguri e altre minoranze etniche – detesta.

La questione è molto delicata. Il boicottaggio olimpico è già stato usato per innalzare la questione dei diritti umani, aspetto su cui diversi Paesi musulmani (come i grandi regimi, Arabia Saudita, Iran o Egitto per esempio) evitano di affrontare perché condividono con le autorità cinesi debolezze simili. Debolezze su cui detestano che i Paesi occidentali si intromettano.

In questo caso la partita cambia, è il consiglio degli imam a prendere una posizione forte in un momento di tensione, dove le Olimpiadi sono usate dalla Repubblica popolare anche per rilanciarsi nel mondo in una fase in cui la diffusione della variante Omicron torna a dettare le varie incertezze della pandemia e su cui questi colpi di immagine possono pesare agli occhi di una collettività – quella musulmana – che ha un forte valore globale si su ciò che riguarda i consumi (di prodotti cinesi) sia su questioni securitaria come quelle connesse al terrorismo jihadista.

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