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La vera scommessa dell’Italia è il Pnrr. Scrive Pennisi

Un’attuazione esemplare del Pnrr è la condizione essenziale perché l’Italia possa avere peso nel consesso europeo e, secondo alcuni, restarci e non essere presa a pedate per non avere realizzato le riforme. Il commento di Giuseppe Pennisi

Alla vigilia delle elezioni presidenziali italiane, un editoriale, a firma di Guillaume de Calignon, sul quotidiano economico e finanziario francese Les Echos, voce dell’industria e della finanza transalpina, afferma senza mezzi termini che “persona molto vicina al presidente Macron” sottolinea che i fondi della facility del Next Generation Eu sono “una scommessa sull’Italia”. Roma dovrebbe ricevere circa 200 miliardi (ossia quasi l’11% del suo Pil) spalmati su circa cinque anni.

Les Echos aggiunge, sempre facendo riferimento alla “persona molto vicina al presidente Macron” che al momento, il presidente del Consiglio italiano, è Mario Draghi, “predecessore di Christine Lagarde alla guida della Banca centrale europea e soprattutto persona che gode di tutta la fiducia dei dirigenti europei è candidato alla presidenza della Repubblica e, quindi, c’è una forte incertezza poiché nessuno ha idea di chi sarà il suo successore” a Palazzo Chigi.

“Gli europei – precisa – hanno messo a disposizione dell’Italia tali somme per consentire a Draghi di fare le riforme” necessarie a fare ripartire l’Italia, dopo un ventennio di stagnazione. Vedremo i risultati tra cinque anni. Se da ora ad allora, la crescita potenziale dell’Italia non si sarà manifestata concretamente, gli europei del Nord non saranno disposti a mettere alcun debito in comune”. D’altronde, “lo ha detto più volte la stessa Lagarde”.

L’articolo è eloquente. Ne ho riportato un ampio stralcio perché:

a) contraddice “la narrativa” corrente secondo cui in tutta Europa si tiferebbe perché Draghi diventi presidente della Repubblica;

b) esprime con chiarezza quanto scritto più volte su questa testata secondo cui l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) è, innanzitutto, un banco di prova e sino a quando non li si è superato è futile delineare programmi europei per sterilizzare parte del debito, “parcheggiandolo” qua o là.

Soprattutto, un’attuazione esemplare del Pnrr è la condizione essenziale perché l’Italia possa avere peso nel consesso europeo e, secondo alcuni, restarci e non essere presa a pedate per non avere realizzato le riforme (e gli investimenti) essenziali a fare esprimere una crescita che, nell’arco di una decina d’anni, riporti il Pil pro-capite almeno al livello della media dell’eurozona: prima del “ventennio perduto” – ricordiamolo – l’indicatore superava tale media.

Ciò deve indurre ad una riflessione. In primo luogo, ad un anno circa dall’inizio della sua attuazione, se ne sa realmente poco. Dalla lettura della Gazzetta Ufficiale, si ha un’idea buona delle riforme in materia di pubblica amministrazione e giustizia (che possono piacere o non piacere) e si capisce che in materia di concorrenza si è ceduto a lobby grandi e piccole e si è fatto quasi nulla.

Il portale ad hoc allestito dalla presidenza del Consiglio (Italia Domani) è bello da vedere ma piuttosto avaro sui contenuti delle riforme in cantiere e sul loro stato di avanzamento. Mancano anche le specifiche sui progetti d’investimento: quali sono? Chi è responsabile della loro attuazioni? Quanti sono stati appaltati e quanti sono ancora ad uno stadio di preparazione? Quali analisi economica è stata fatta (e da chi?) per stimare la loro redditività ed i loro effetti di trazione sul resto dell’economia?

Sarebbe auspicabile un portale meno elegante ma più informativo ed in cui venissero pubblicati anche i rapporti semestrali che l’Italia deve presentare alla Commissione europea. Si sa che uno è stato consegnato il 27 dicembre 2021 e non si comprende perché non è stato reso fruibile a tutti coloro che sono interessati alla “scommessa” fatta dall’Europa sull’Italia.

Sono interrogativi non solo di un anziano economista che ha passato gran parte della sua vita professionale a fare ricerche su, e a scrivere, di valutazione della spesa pubblica ma che si pongono tutti coloro che hanno a cuore il buon esito del Pnrr ed il buon standing dell’Italia in Europa.


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