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Ucraina, il grande gioco eurasiatico di Putin e Xi

Di Francesco Sisci

Una tradizione millenaria, una diffidenza altrettanto antica. Cina e Russia muovono le loro pedine in Eurasia. Da Taiwan a Kiev, la difficile convergenza contro il comune rivale americano. L’analisi di Francesco Sisci

La continuità geopolitica del continente eurasiatico è millenaria. Risale alla diffusione degli indo-europei in Europa e in Asia meridionale. Dal cuore dell’Eurasia unni, turchi e mongoli hanno vagato attraverso le sconfinate lande perseguendo i loro obiettivi strategici. È stato un percorso costante, fino a quando i sovietici non hanno attizzato il fuoco in Asia – con la Guerra di Corea degli anni ’50 e poco dopo con la guerra in Vietnam, prima contro i francesi poi contro gli americani – per distrarre l’Occidente dal suo principale teatro europeo.

Lo stesso sta accadendo oggi in Ucraina. La Cina si farà trascinare in una guerra ad alta o bassa tensione in Ucraina insieme alla Russia? La Russia sosterrebbe la Cina qualora decidesse di muovere su Taiwan o nel Mar Cinese Meridionale? I due Paesi coordinerebbero i loro attacchi su Taiwan e l’Ucraina per dividere le forze americane?

I rapporti tra Russia e Cina non sono semplici e nemmeno trasparenti. Per secoli la Cina è stata in allerta per le minacce provenienti dal Nord. Le invasioni così come le pressioni dei nomadi nordici e delle popolazioni semi-nomadiche sono state motivo di grande preoccupazione sin dallo stabilimento di società agricole nel bacino del Fiume Giallo.

Da quando nel diciottesimo secolo ha iniziato il suo spostamento verso Occidente la Russia ha cercato di arginare il potere a Pechino. Dopo la caduta dell’Urss ha temuto che una Siberia semi-deserta potesse essere conquistata da Sud da una Cina dinamica e sovrappopolata. I due Paesi hanno combattuto la loro ultima Guerra di confine all’inizio degli anni ’70 e nel 1979, quando la Cina ha attaccato il Vietnam e Mosca ha supportato Hanoi.

Eppure entrambi si conoscono bene, hanno un’antica tradizione di mutua intesa, e nell’ultimo decennio si sono entrambi sentiti soffocati dalle spinte separate provenienti dagli Stati Uniti e dai loro alleati ad Est e Ovest.

Per di più, nonostante le vecchie preoccupazioni sulla Russia, la Cina sta acquistando 400 miliardi di dollari di gas russo trasportato attraverso nuovi gasdotti. Un accordo rimasto congelato per anni a causa di divergenze sui prezzi e che ora è si è trasformato in una mossa strategica.

La Cina ha iniziato a percepire il rischio che la marina americana potesse tagliare le sue rotte marittime, per questo le linee di rifornimento russe hanno assunto una crescente importanza strategica. Questo accordo sul gas, va da sé, è conveniente per entrambi. Anche per la Russia è vitale, soprattutto se il gasdotto diretto in Europa Nord Stream 2 non arriva a piena potenza a causa dell’escalation in corso.

Questo mese la Russia ha “ripreso il controllo” del Kazakistan, che stava man mano migliorando i suoi rapporti con gli Stati Uniti. Così facendo ha risolto un problema a Pechino, preoccupata che il Kazakistan potesse divenire una fonte di destabilizzazione per lo Xinjiang.

D’altra parte, Pechino potrebbe osservare molto da vicino l’evoluzione della situazione in Ucraina. Se gli Stati Uniti si dovessero mostrare deboli, ne dedurrebbe che l’America non è intenzionata a tracciare una linea rossa con la Russia e forse neanche con la Cina. Al tempo stesso, se gli Stati Uniti o l’Occidente si fanno trascinare in un conflitto in Ucraina, Pechino potrebbe considerarla una distrazione dal fronte asiatico.

 

Analisi apparsa in inglese sulla rivista SettimanaNews



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