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I ministri della Sanità europei si riuniscono, ma sul Covid vanno in ordine sparso

I ministri europei della Sanità hanno adottato una raccomandazione su un approccio coordinato per agevolare la libera circolazione in sicurezza durante la pandemia. Ma per combattere il Covid in questa fase le strategie interne sono divergenti. Il commento di Giuseppe Pennisi

Ieri 25 gennaio, si è riunito il Consiglio europeo dei ministri della Sanità ma, nonostante la pandemia imperversi, pare che in Italia nessuno se ne sia accorto, anche in quanto l’attenzione è giustamente rivolta all’elezione del Presidente della Repubblica e ai pressanti temi economici (inflazione, rallentamento della crescita, aumento delle diseguaglianze) e ai preoccupanti dati su decessi (che hanno raggiunto i livelli dell’aprile scorso).

I ministri hanno adottato una raccomandazione su un approccio coordinato per agevolare la libera circolazione in sicurezza durante la pandemia di Covid. La raccomandazione risponde al notevole aumento della copertura vaccinale e alla rapida introduzione del certificato Covid digitale dell’Unione europea (Ue) e sostituisce la raccomandazione precedentemente. Entrerà in vigore il 1º febbraio 2022, lo stesso giorno di un atto delegato che modifica il regolamento sul certificato Covid digitale dell’Ue e prevede un periodo di accettazione di 270 giorni dei certificati di vaccinazione.

Ai sensi della nuova raccomandazione, le misure contro il Covid dovrebbero essere applicate tenendo conto dello stato della persona piuttosto che della situazione a livello regionale, ad eccezione delle zone in cui la circolazione del virus è molto elevata. Ciò significa che il fattore determinante dovrebbe essere la vaccinazione, il test o la guarigione di un viaggiatore in relazione al Covid, attestati da un certificato Covid digitale dell’Ue valido. Un approccio basato sulla persona semplificherà considerevolmente le norme applicabili e fornirà ai viaggiatori ulteriore chiarezza e prevedibilità.

Un certificato Covid digitale dell’Ue valido comprende:
• un certificato di vaccinazione per un vaccino approvato a livello europeo, se sono trascorsi almeno 14 giorni e non più di 270 dall’ultima dose del ciclo di vaccinazione primario o se la persona ha ricevuto una dose di richiamo; gli Stati membri potrebbero inoltre accettare certificati di vaccinazione per vaccini approvati dalle autorità nazionali o dall’Oms;
• un risultato negativo del test ottenuto non più di 72 ore prima del viaggio o un test antigenico rapido negativo ottenuto non più di 24 ore prima;
• un certificato di guarigione in cui si attesta che non sono trascorsi più di 180 giorni dalla data del primo risultato positivo del test.

Il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) dovrebbe continuare a pubblicare una mappa delle regioni degli Stati membri che indichi il rischio potenziale di infezione secondo un sistema a semaforo (verde, arancione, rosso, rosso scuro). La mappa dovrebbe basarsi sul tasso dei casi registrati negli ultimi 14 giorni, sulla copertura vaccinale e sul tasso di test effettuati.

In funzione di questa mappa, gli Stati membri dovrebbero applicare misure riguardanti i viaggi verso le zone rosso scuro e in provenienza dalle stesse, in cui la circolazione del virus è molto elevata. In particolare, dovrebbero scoraggiare tutti i viaggi non essenziali e imporre alle persone provenienti da tali zone che non siano in possesso di un certificato di vaccinazione o di guarigione di sottoporsi a un test prima della partenza e a quarantena dopo l’arrivo.

Alcune eccezioni a queste misure dovrebbero applicarsi ai viaggiatori aventi una funzione o una necessità essenziale, ai lavoratori transfrontalieri e ai minori di età inferiore ai 12 anni.

Ai sensi della nuova raccomandazione, è stato rafforzato il freno di emergenza per rispondere alla comparsa di nuove varianti che destano preoccupazione o interesse. Quando uno Stato membro impone restrizioni in risposta all’emergere di una nuova variante, il Consiglio dovrebbe riesaminare la situazione in stretta cooperazione con la Commissione e con il sostegno dell’Ecdc. La Commissione, sulla base della valutazione periodica delle nuove evidenze sulle varianti, può inoltre suggerire una discussione in sede di Consiglio.

“La raccomandazione del Consiglio – precisa il comunicato – non è uno strumento giuridicamente vincolante. Le autorità degli Stati membri rimangono responsabili dell’attuazione del contenuto della raccomandazione”

Bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno? Su questa testata non ci si è mai aspettati che la sanità diventasse una nuova “politica europea”. Si è deciso di centralizzare alcune misure (come l’acquisto dei vaccini) per ragioni di efficienza, ma la salute rientra tra quei comparti in cui è essenziale applicare il “principio di sussidiarietà” ed essere i più prossimi possibili ai cittadini.

Ciò non vuole dire, però, andare in ordine sparso. Come sta avvenendo adesso. Ad esempio, la Spagna è rimasta la Mecca del turismo, anzi lo è diventata ancora di più perché mentre altri Paesi hanno messo restrizioni agli arrivi, richiedono certificati, fanno tamponi in aeroporto ed impongono quarantene, in turisti (molti provenienti dal Nord Europa dove in questa stagione è freddo e buio pesto alle 3 del pomeriggio) si possono godere il bel sole delle Canarie e della Costa Brava senza troppe scartoffie.

I principali Stati Ue, inoltre, hanno in questa fase strategie divergenti. Ad esempio, in Francia, il vento elettorale soffia sul collo del governo: il 25 gennaio, mentre si contavano circa 500.000 nuovi contagi e 400 decessi, venivano ridotte le restrizioni (mascherine e simili) ed il governo rispondeva negativa alle richieste delle associazioni dei medici ti introdurre obblighi vaccinali. Anche in Germania pare si vada verso un “liberi tutti” nella aspettativa che si è quasi ad un virus endemico, nonostante i nuovi contagi giornalieri viaggino sui 140.000 e i decessi sui 170.

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