Per tre anni dopo la cessazione dell’incarico i vertici degli organismi informativi non possono lavorare per “soggetti esteri”. Palazzo Chigi può porre il veto anche su incarichi in società soggette al Golden power e in mani straniere. Tutti i dettagli
D’ora in avanti, i vertici dell’intelligence italiana – cioè del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, dell’Agenzia informazioni e sicurezza esterna e dell’Agenzia informazioni e sicurezza interna – non potranno, “nei tre anni successivi alla cessazione dall’incarico, svolgere attività lavorativa, professionale o consulenziale, ovvero ricoprire cariche presso i soggetti esteri, pubblici o privati”. È quanto si legge nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 21 gennaio scorso.
L’obiettivo della norma è reso chiaro dallo stesso decreto: “limitare il rischio di un possibile pregiudizio alla tutela del patrimonio informativo acquisito durante l’espletamento dell’incarico, ovvero alla sicurezza nazionale, che possa derivare dall’instaurazione di rapporti lavorativi, professionali o di consulenza, nonché dall’assunzione di cariche, presso soggetti esteri o a questi riconducibili”.
A ispirare la disposizione dei tre anni di raffreddamento è il fatto che “l’informazione è una delle merci più rapidamente deperibili e che, oggi, nessun segreto dura troppo a lungo, neanche quelli in mano all’intelligence”, per utilizzare le parole scritte dal prefetto Adriano Soi qualche giorno fa su Formiche.net con riferimento all’eleggibilità dei vertici del comparto.
Il regolamento modifica il decreto del presidente del Consiglio dei ministri 23 marzo 2011, numero 1, aggiungendo un nuovo articolo, il 46-bis.
Il primo comma prevede le sopracitate “incompatibilità successive al rapporto di impiego presso gli Organismi”. I soggetti interessati sono direttore generale e vice direttore generale del Dis, direttore e vice direttore di Aise e Aisi, ma anche coloro che svolgono incarichi dirigenziali di prima fascia e siano preposti a strutture organizzative di livello dirigenziale generale presso il Dis o le agenzie. E come spiega l’articolo 2 (“Disposizioni transitorie”), il regolamento si applica “anche a coloro che, alla data di entrata in vigore del presente regolamento” – cioè il quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale –, ricoprono questi incarichi.
Ma torniamo al primo articolo. Il secondo comma spiega cosa si intende per “soggetti esteri, pubblici o privati”. Tre i casi: “a) qualsiasi persona fisica o persona giuridica che non abbia la residenza, la dimora abituale, la sede legale o dell’amministrazione, ovvero il centro di attività principale nello Stato italiano, o che non sia comunque ivi stabilita; b) qualsiasi persona giuridica che abbia stabilito la sede legale o dell’amministrazione o il centro di attività principale nello Stato italiano o che sia comunque ivi stabilita, e che risulti controllata, direttamente o indirettamente, dai soggetti di cui alle lettere a) e c); c) un’amministrazione pubblica, compresi organismi statali o Forze armate, di uno Stato diverso da quello italiano”.
Inoltre, il presidente del Consiglio o l’Autorità delegata, ove istituita, possono anche porre il veto “all’assunzione di incarichi o cariche presso soggetti privati italiani cui si applica il decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21”, cioè la normativa cosiddetta Golden power, “qualora l’influenza da parte dei soggetti esteri di cui al comma sia tale da poter porre un pregiudizio alla tutela del patrimonio informativo acquisito durante l’espletamento del mandato, ovvero possa costituire altrimenti un rischio per la sicurezza nazionale”. È quanto viene previsto dal terzo comma. Il presidente del Consiglio o l’Autorità delegata possono esercitare il potere di veto entro 45 giorni “dal ricevimento dell’informativa” oppure, “in assenza della predetta comunicazione, d’ufficio”. È previsto, inoltre che nel caso di istruttoria “di particolare complessità”, il termine di 45 giorni possa “essere sospeso, per una sola volta, per un massimo di venti giorni”. Il decreto con cui è esercitato il potere di veto è trasmesso al Copasir.
Il quarto comma prevede l’impegno “all’atto dell’assunzione dell’incarico” presso gli organismi (cioè l’intelligence) a non assumere incarichi come previsto dalla legge. Un impegno a cui si somma quello a quello fondamentale del comparto, cioè alla riservatezza.
I contratti e gli incarichi che violino le disposizioni “sono nulli, con obbligo di restituzione dei compensi eventualmente percepiti e accertati”, recita il quinto comma.
La vigilanza e l’applicazione delle disposizione sono compito del Dis, spiega il sesto.
L’iter del Dpcm è iniziato alcune settimane fa e si è concluso, dopo i passaggi al Copasir (da cui è partita l’iniziativa e che il regolamento ha “esaminato ed approvato alla unanimità” come ha spiegato su Twitter il presidente Adolfo Urso) e al Cisr, con la firma del decreto da parte presidente del Consiglio Mario Draghi il 21 gennaio scorso. Cioè, pochi giorni prima che le Camere si riunissero per (ri)eleggere il presidente della Repubblica e prima che l’intelligence finisse in mezzo alla partita quirinalizia con Elisabetta Belloni, direttore generale del Dis, coinvolta dalle forze politiche nelle polemiche.